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Il massacro a «Charlie Hebdo», condanna e stupore sui media arabi

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l’attentato a parigi

Il massacro a «Charlie Hebdo», condanna e stupore sui media arabi

(Epa)
(Epa)

«Qualsiasi parola per giustificare ciò che è accaduto a Parigi, equivale allo stesso crimine. È ciò che tutti dovremmo avere a mente. Il terrorismo è uno solo. Che si manifesti ad Arar o a Parigi». Sono le dure parole di Fares Bin Hizam (esperto di movimenti islamici) su al Arabiya, che punta il dito e condanna qualsiasi giustificazione a questo nuovo attentato. Parla poi di tre menti, l'istigatore l'assassino e il giustificatore, perché per fermare lo stato islamico del Daesh non basta individuare solo gli assassini. C'è anche un a mentalità su cui lavorare.

E così, la stampa araba, dalla tv al web fino a quella cartacea, è tutta sull'attentato di Parigi. Per un giorno, nella home page dei maggiori siti di informazione, da Aljazeera , Asharq al Awsat, Al Arabiya e via discorrendo, è Parigi a diventare il teatro di guerra, prendendo il posto dell'Iraq, la Siria o la Libia, che ormai occupano totalmente l'informazione araba.
Cronaca minuto per minuto delle indagini sui terroristi ma anche un evidente shock, stupore e condanna per l'accaduto. Basta scorrere i commenti dei lettori del sito marocchino di informazione Hespress per percepire la confusione e la paura di diventare bersagli facili.

La preoccupazione che la minaccia del Daesh (lo Stato islamico) di arrivare oltre i confini arabi, e dunque nel cuore dell'Europa, si stia realizzando, fa paura. Perché un conto è conquistare territori lasciati allo sbaraglio e nel pieno caos, come la Libia, l'Iraq e la Siria, un altro è riuscire a colpire una società, come quella europea, ben organizzata a livello di sicurezza e intelligence. Molto spazio anche ai due musulmani francesi di origine maghrebina, il poliziotto Ahmed freddato con un colpo alla testa da uno dei terroristi e l'altro nome del collaboratore di Charlie Hebdo, Moustafa.

Come dire, che questo terrorismo non guarda in faccia a nessuno e che i musulmani, ovunque siano, se non si rifanno allo Stato islamico, sono tutti sotto attacco. Oltre alla cronaca della tragedia, non si fanno attendere le riflessioni e i commenti delle voci intellettuali arabe. Condannano l'attentato ma mettono anche in guardia dalla possibilità di giustificare l'accaduto. Evidente il riferimento alla sacralità del Profeta, e quindi a chi possa magari dire che “se la siano cercata”. Sul quotidiano arabo Asharq Al Awsat, Abdurrahman al Rashed, scrive: «Non c'è differenza tra chi ha ucciso i giovani siriani della tribù di Ashaitat , coloro che schiavizzano donne irachene yazidi, chi ha ucciso le guardie al confine alcuni giorni fa e quelli che hanno ucciso i giornalisti di Charlie Hebdo a Parigi. Gli autori sono gli stessi, sono quelli dell'estremismo e sono fra noi, fra i musulmani. La fonte del delitto è la stesso su tutta la linea, anche se le scene del crimine sono diverse». Tradotto, lo Stato islamico è un pericolo per tutto il mondo.

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