La presidenta argentina Cristina Fernandez de Kirchner annuncia, senza esitazioni, che il procuratore Alberto Nisman, trovato morto due giorni fa nel bagno di casa sua, a Puerto Madero, quartiere chic di Buenos Aires, si è tolto la vita. Suicidio, quindi. Poche ore dopo il procuratore che sta seguendo il caso, Viviana Fein, dichiara che «le analisi rivelano che non vi è traccia di polvere da sparo nelle sue mani». E quindi il grilletto dalla pistola calibro 22 rinvenuta a fianco del corpo di Nisman è stato premuto da qualcun altro.
Il giallo non ha soluzione, per ora. L'unica certezza è che proprio ieri, lunedì 19 gennaio, Nisman avrebbe dovuto tenere un'audizione in Parlamento, esplicitando le accuse alla Kirchner per aver ostacolato la ricerca dei colpevoli della strage avvenuta a Buenos Aires nel 1994, dove morirono 94 persone all'Amia, il Centro ebraico della città.
La pista di Nisman conduce all'Iran che, tramite Hezbollah, avrebbe “pensato” e poi attuato la strage. Le convinzioni di Nisman erano queste: la presidenta avrebbe firmato un Memorandum con l'Iran che le consentiva di importare greggio a prezzi agevolati in cambio dell'insabbiamento della vicenda Amia.
Uno scambio inaccettabile che secondo Nisman motiverebbe gli ostacoli politici interposti alla conclusione dell'indagine e alla condanna dei colpevoli. Sarebbero stati coinvolti persino due ministri iraniani.
La vicenda assume a tutti gli effetti i contorni di una spy story; i media argentini ricordano che poche settimane fa la Kirchner ha rimosso il vertice dei Servizi di intelligence del Paese. E questa, secondo alcuni osservatori, potrebbe proprio essere una vendetta.
La Kirchner ha dato disposizione di decrittare e rendere pubblici i 300 cd di registrazioni in possesso di Nisman.
Intanto a Buenos Aires si sono svolte imponenti manifestazioni: cacerolazos (concerti di pentole e coperchi) e migliaia di persone con cartelli «Yo soy Nisman», rievocando Je suis Charlie.
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