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Le carceri francesi, nuovi centri di reclutamento della Jihad

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Analisi

Le carceri francesi, nuovi centri di reclutamento della Jihad

Un momento dell’operazione anti-jihadista nella cittadina di Lunel (Afp)
Un momento dell’operazione anti-jihadista nella cittadina di Lunel (Afp)

L'ultima operazione antiterrorismo condotta dalle forze speciali francesi contro una cellula di jihadisti nel comune di Lunel mette ancora una volte in luce l'ampiezza della minaccia terroristica di matrice islamica in Europa.
La Francia è sempre più determinata a combattere un fenomeno che l'ha colta quasi di sorpresa, mettendo a nudo la sua vulnerabilità. In secondo luogo, il Paese che ospita la più grande comunità musulmana d'Europa si conferma come un terreno particolarmente fertile per gli aspiranti jihadisti.

Mese dopo mese le autorità correggono al rialzo il numero degli uomini partiti per la Siria e per l'Iraq al fine di unirsi nelle file dei gruppi estremisti islamici, soprattutto nell'Isis. L'ultimo aggiornamento, annunciato di recente dal premier Manuel Valss, indicava 1.300 persone circa partite, rientrate o in partenza per Siria e Iraq.

Due dei cinque uomini arrestati questa mattina a Lunel erano, per l'appunto, rientrati dalla Siria. D'altra parte questo comune di 26mila abitanti nel cuore della Francia meridionale, a una trentina di km da Montpellier, ha acquisito ormai grande notorietà, non solo in Francia: dal 2013 a oggi, da questa cittadina sarebbero infatti partiti 20 giovani musulmani alla volta della Siria. Sei di questi, di età compresa tra i 18 ed i 30 anni, sarebbero caduti nei violenti combattimenti avvenuti sul fronte nel mese di ottobre. L'ultimo, un uomo di circa 20 anni, trasferitosi in Siria quest'estate insieme alla moglie, sarebbe morto a fine dicembre.

L'ambizioso piano del Governo francese per contrastare la minaccia del terrorismo islamico cresciuto in casa - il budget contro il terrorismo è stato portato a 735 milioni di euro per i prossimi tre anni - si scontra tuttavia con una serie di problemi complessi.
Oltre al proselitismo via internet, il principale canale di reclutamento dei “terroristi fai da te”, i nuovi centri di indottrinamento e reclutamento dei candidati jihadisti sono le carceri. Non più, dunque, le moschee o i centri islamici più radicali, perché troppo sorvegliati.
Un lungo articolo pubblicato oggi dal Financial Times illustra in modo dettagliato il processo di avvicinamento all'estremismo, avvenuto in carcere, dei terroristi che hanno agito tra il 7 ed il 9 gennaio a Parigi . Sotto l'attenzione dei media è il carcere di Fleury-Merogis, il più grande di Francia.

È in questa grande prigione alle porte di Parigi che dieci anni fa un giovane ragazzo, condannato per rapina, si trova vicino di cella con un noto jihadista – in teoria in isolamento - che aveva combattuto sui fronti più caldi. Il giovane si chiamava Amedy Coulibaly, vale a dire l'uomo che il 9 gennaio ha sequestrato diverse persone in un supermarket kosher di Parigi, uccidendone quattro per poi essere a sua volta ucciso dalle forze speciali. Il veterano jihadista, di 17 anni maggiore del giovane Coulibay su cui esercita la sua infleunza è Djamel Beghal. Di origini algerine, con un passato di mujaheddin in Afghanistan, in carcere dal 2001 con l'accusa di aver preso parte a un complotto per far esplodere una bomba contro l'ambasciata americana di Parigi.

Sempre nello stesso carcere, Djamel aveva avuto modo di conoscere e dialogare con un altro giovane musulmano, salito anche lui alla ribalta dei media mondiali. Cherif Kuachi, uno dei due terroristi autori della strage nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo, ucciso a sua volta nel blitz contro la tipografia di Dammartin-en-Goele in cui si era nascosto con il fratello.

Avevano scontato una periodo di detenzione per rapina anche Mohammed Merah e Mehdi Nemmouche, che avevano assassino cittadini ebrei rispettivamente nel 2012 e nel 2014 a Tolosa e a Bruxelles.La storia di Nemmouche è risaputa. Parte per la Siria dove si unisce alle milizie siriane dell'Isis, con cui resta un anno a combattere. Una volta rientrato in Francia, nel maggio 2013, mette in atto il suo folle gesto: si reca a Bruxelles dove uccide quattro persone dentro al museo ebraico.

Il problema di come allontanare l'estremismo islamico dalle carceri francesi è complesso. Più della metà dei detenuti francesi sono musulmani. E il carcere di Fleury-Merogis, costruito per ospitare 2.855 detenuti, in realtà ne conta più di 4mila. Definire e poi isolare chi è ritenuto estremista non è facile. In teoria potrebbero essere parecchi. Inoltre, come ha sottolineato il coordinatore europeo contro il terrorismo, Gilles De Kerchove, mettere in prigione migliaia di combattenti rientrati dalla Siria sarebbe “un invito alla loro radicalizzazione”. Peraltro chi ha abbracciato l'estremismo in prigione, ha precisato al Financial Times Jean-Charles Brisard “presenta un profilo molto più pericoloso”.

Il Governo francese ha comunque deciso di nominare 60 nuovi imam nelle carceri, che si aggiungeranno così ai 180 già esistenti. Entro la fine dell'anno verranno poi costruite cinque aree riservate ai quei jihadisti definiti irriducibili; in altre parole chi si rifiuta di intrattenere qualsiasi relazione con gli addetti delle prigioni e partecipare agli incontri di de-radicalizzazione con gli imam.

Sarà sufficiente?

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