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’Ndrangheta: 117 arresti e 46 fermi tra Emilia, Lombardia e…

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operazione «aemilia»

’Ndrangheta: 117 arresti e 46 fermi tra Emilia, Lombardia e Calabria

Una presenza «forte, monolitica», così «profondamente radicata» che poteva ormai contare sul sostegno di imprenditori, politici, dirigenti pubblici, forze dell'ordine e anche giornalisti. Con la maxi operazione dei carabinieri che dalla notte scorsa fino a questa mattina ha portato in carcere, tra arresti e fermi, oltre 160 persone in tutt'Italia (117 arresti solo in Emilia-Romagna) la ’ndrangheta molto pericolosa al Nord ha subito un colpo «storico», per usare le parole del procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, arrivato a Bologna per presentare i risultati di un'inchiesta avviata nel 2010. «Gli arresti degli oltre 160 soggetti, per centinaia di capi d'imputazione - ha dichiarato il ministro dell'Interno, Angelino Alfano - dimostrano ancora una volta lo straordinario lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura nel contrasto al crimine organizzato».

Sono circa 200 gli indagati; 68 gli affiliati alla Grande Aracri; oltre 50 degli arrestati devono rispondere del delitto di concorso esterno in associazione mafiosa, ma i capi di imputazione spaziano dall'estorsione alle minacce, dall'usura alla bancarotta fraudolenta. «Sette persone mancano all'appello» ed «essendo un'organizzazione molto mobile», come ha lasciato intendere il procuratore capo di Bologna, Roberto Alfonso, potrebbero trovarsi in Germania, in Venezuela o in Calabria. Ros e Dia di Bologna e Guardia di Finanza di Cremona stanno ancora procedendo alla confisca di beni per oltre cento milioni di euro.

Con l'indagine «Aemilia», durata quattro anni, si ha la conferma che in Emilia - in particolare tra Parma, Reggio Emilia e Modena - opera «da oltre un ventennio una cellula ’ndranghetista di derivazione curtense che, attraverso un processo di progressiva emancipazione rispetto alla cosca, ha guadagnato in autonomia e autorevolezza sul piano economico-finanziario, mantenendo sostanzialmente inalterata la cifra della propria capacità di intimidazione, e peraltro adeguata al mutato ordine delle cose» ha scritto il Gip Alberto Ziroldi nell'ordinanza di 1.300 pagine.

Per comprendere il radicamento in terra emiliana dell'associazione mafiosa di Cutro guidata da Nicolino Grande Aracri, bisogna tornare al 1982 con l'arrivo, a causa del confino, del capo mafia calabrese Antonio Dragone. Sono tre le principali indagini (due della Dda di Bologna e una della Dda di Catanzaro) che negli anni hanno fotografato sempre meglio l'organigramma della famiglia al Nord.

La maggior parte degli arresti oggi, eseguiti su misura cautelare richiesta dal sostituto procuratore della Dda di Bologna Marco Mescolini, sono stati eseguiti nella provincia di Reggio Emilia, Modena e Parma. Oltre al boss Nicolino Sarcone e tutti i suoi collaboratori, sono stati fermati o comunque denunciati, nomi eccellenti della politica e dell'imprenditoria locale.


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