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Costa Concordia, la difesa: assolvete Schettino. L’ira di De…

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il naufragio ha causato 32 morti

Costa Concordia, la difesa: assolvete Schettino. L’ira di De Falco fu una ritorsione. Il Pm ha chiesto 26 anni di carcere

«Assolvetelo». Il difensore dell’ex comandante della Costa Concordia ha chiesto oggi l'assoluzione di Francesco Schettino dalle accuse di omicidio plurimo colposo e abbandono nave: «Non c'è nesso causale con i 32 passeggeri morti». Sono stati «fatti imprevisti, eccezionali, umanamente non prevedibili», un «maledetto incidente in mare». E ha chiesto di «contenere la pena nei minimi edittali» e alle attenuanti generiche. Sono le ultime battute al processo di primo grado che si celebra al Grosseto, che vede Francesco Schettino imputato per il naufragio della Costa Concordia avvenuto il 13 gennaio 2012 davanti all'Isola del Giglio. Una delle più gravi sciagure marittime della storia italiana che provocò 32 morti e oltre 100 feriti.

Nella requisitoria chiesti 26 anni e 3 mesi di reclusione
L'ex comandante è accusato di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, naufragio colposo, abbandono di nave, abbandono di persone incapaci e omessa comunicazione con l'autorità marittima. Nella requisitoria, durata quasi 20 ore, che ha visto alternarsi nel corso di tre udienze tre magistrati (Alessandro Leopizzi, Stefano Pizza, Maria Navarro), sono stati chiesti per Schettino 26 anni di carcere e 3 mesi di reclusione - 14 anni per omicidio e lesioni colposi ai quali vanno ad aggiungersene altri 9 per l'accusa di naufragio e altri 3 per abbandono di incapaci e della nave - e l'arresto per «pericolo di fuga».

Per la difesa l’ira di De Falco scatenata dal risentimento
Per Domenico Pepe, uno dei legali del comandante, poi, la telefonata del capitano Gregorio De Falco a Schettino («Torni a bordo, c..!) fu determinata dal risentimento. «Parlando con un addetto - ha dichiarato Pepe - Schettino chiese alla capitaneria dove fossero le navi di soccorso e di mandarle nelle acque tra la terra ferma e la nave. Per questo De Falco si era inviperito e pronunciò quelle frasi che poi sono finite, inspiegabilmente, ai giornali infangando la marineria italiana. Pepe rivolgendosi al collegio giudicante ha chiesto una sentenza «che tenga conto dei fatti veri e non di quelli raccontati in maniera distorta. Il comandante Schettino non ha mai mentito, è un ufficiale buono e competente, non ha mai abbandonato la nave prima ed è rimasto vittima di un equipaggio impreparato, che non ha saputo fornire le informazioni giuste».

L’equipaggio faceva pena
Nell'emergenza del naufragio della Costa Concordia «Francesco Schettino decise tutto da solo. Non aveva un comandante in seconda, i suoi ufficiali lo lasciarono solo e se ne andarono. L'equipaggio faceva pena sotto il profilo delle capacità professionali», ha detto nell'arringa, il difensore Domenico Pepe di Monza, volendo sostenere che il suo assistito fu costretto a decidere senza utili supporti da parte dell'equipaggio. «Fu Schettino - ha continuato il legale - a consolare il cartografo che tremava, dicendogli di stare tranquillo perché la nave stava andando a fermarsi contro gli scogli. Gli altri se ne erano andati, c'è chi non rispettò i compiti assegnati in emergenza dal ruolo di appello».

Presagi negativi: non si ruppe la bottiglia di champagne al varo
Nell'arringa della difesa di Francesco Schettino non è mancato un richiamo alla cabala e alle superstizioni degli uomini di mare. Nel suo intervento l'avvocato difensore Domenico Pepe ha ricordato che il naufragio della Costa Concordia è avvenuto 100 anni dopo quello del Titanic - 1912 e 2012 - e che al varo della nave Costa Concordia «risulta che la tradizionale bottiglia di champagne lanciata contro lo scafo non si infranse», circostanza che, ha ricordato lo stesso legale, costituisce presagio negativo tra i marinai di tutto il mondo.

Su Domnica gossip schifoso
Ci sono state «frasi da gossip su questa vicenda, sui giornali, ma anche da parte dei pm» nella loro requisitoria. «Un gossip schifoso sulla moldava Domnica Cemortan. Si potrebbe capire se il comandante Schettino fosse stato abbracciato a lei quando c'è stato l'urto. Invece la moldava era fuori dalla porta», ha detto il difensore di Schettino, avvocato Domenico Pepe.

Da Costa interferenze nel processo
«La dichiarazione dell'ad di Costa, Michael Thamm, di spostare da Genova ad Amburgo alcuni settori della società, è una chiara interferenza in questo processo», ha detto il difensore di Schettino, l'avvocato Domenico Pepe. «Non so - ha aggiunto il legale - se interpretarla come una minaccia o una promessa, perché la colpa è di Schettino non di Costa. Ci sono troppi interessi in ballo, stiamo parlando di miliardi di dollari. Allora, tutto va bene pur di distrarre l'attenzione dal fatto e indicare Schettino come l'unico colpevole».

Nessun ritardo nell’abbandono della nave
«Il comandante Schettino non fece nessun ritardo nel dare l'ordine di abbandono della nave. Ha avuto 45 minuti, in mezzo a tante avversità, per decidere della vita di oltre 4.000 persone, per salvare loro la vita. Schettino non è un ammiraglio di scrivania, è uno che sa valutare i venti, le correnti, sul momento, sa come prendere decisioni immediate, lui lo sa fare», ha detto nell'arringa l’ avvocato Pepe. «Schettino prese decisioni giuste o sbagliate? - ha proseguito il legale - Giuste! Se avesse dato subito l'abbandono nave sarebbero morte 4.000 persone».

Il procuratore capo bocciò il patteggiamento a 5 anni
«Quando» nel 2012 «proposi all' allora procuratore capo di Grosseto, Francesco Verusio, un patteggiamento per Francesco Schettino, tra quattro e cinque anni, mi fu risposto: 'Non se ne parla nemmeno'. E così andammo al dibattimento», ha ricordato in aula il difensore di Schettino, avvocato Domenico Pepe, quando la difesa riteneva che ci fosse un margine per non far sottoporre Schettino al processo ordinario. L'avvocato Pepe ha anche criticato la procura per la notifica «dell'avviso di chiusura indagini avvenuta coi carabinieri il 21 dicembre 2012, vicino a Natale quando io ho 20 giorni per chiedere un interrogatorio». Sempre per sottolineare un «certo accanimento contro Schettino», il difensore ha parlato di «modalità disgustose e sconcertanti» per il sequestro subito da Schettino «della casa, della moto, di un box e perfino di un quinto dell'appartamento del padre. Alla casa, dove vive anche la figlia sedicenne, hanno apposto un cartello con scritto “Immobile sottoposto a sequestro penale'. E così anche alla casa dei genitori, dove c'è la madre di 86 anni». Modalità «indecenti - ha aggiunto - perché era sufficiente una trascrizione nel registro delle trascrizioni immobiliari».

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