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«Ferrero pioniere del glo-cal»

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L'addio al capitano d’industria

«Ferrero pioniere del glo-cal»

TORINO - Una multinazionale da 8,4 miliardi e 34mila addetti. Quarta al mondo nel suo settore, dopo Nestlè. E al contempo un'azienda che mantiene un fortissimo legame con il territorio di origine. La Ferrero è questo. Sarà lo stabilimento di Alba, di fatto il più importante tra i venti poli produttivi nel mondo, a ospitare a partire da questa mattina la camera ardente di Michele Ferrero, morto a 89 anni, sabato scorso. «Un paladino del Made in Italy» come lo ha definito il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, in un telegramma alla famiglia.

«Il suo merito – sintetizza Franco Biraghi, a capo degli industriali della provincia di Cuneo – è stato quello di guardare prima di tutto alla produzione e al cliente finale. È stato l'artefice della svolta economica per Cuneo e per l'area di Alba. Una zona poverissima diventata nel corso degli anni tra le più ricche e avanzate d'Europa». Un gigante, Ferrero, presente in 50 paesi e 160 mercati, all'ombra del quale è cresciuto il comparto dolciario e dell'agroalimentare locale, e da cui è nata una forte spinta anche alla meccanica. Un gigante rimasto un'azienda familiare in crescita attraverso “linee interne” e non grazie alle acquisizioni. «Essere a venti chilometri da un'azienda come la Ferrero – sottolinea Alberto Balocco, ad dell'azienda che porta il suo stesso nome – è come avere la fortuna di avere come compagno di classe uno che poi diventa premio Nobel. Il successo della Ferrero racconta di un modello industriale che nasce e si sviluppa a partire dalla provincia e che dimostra come si possa diventare un player mondiale pur restando imprenditori “all'antica”». Un paradigma di crescita che trova conferma in moltissime aziende piemontesi. «Far bene senza fare pasticci – aggiunge Balocco – sapendo che prima di tutto c'è la produzione, la fabbrica, le persone, i macchinari, il marketing».

Un gigante che «ha esaltato la tradizione contadina delle Langhe – racconta Egle Sebaste, a capo dell'azienda di Grinzane Cavour specializzata nella produzione di torroni – grazie ad un modello sociale che ha permesso ai suoi dipendenti di continuare a coltivare la terra, a seguire i vigneti, e che ha evitato ad esempio che le campagne si spopolasero». Sulla carta, Alba è una factory town, con 30mila abitanti e uno stabilimento che ne impiega 4.500. Nella realtà, si tratta di un rapporto più complesso, visto che la fabbrica ha rappresentato un'occasione di emancipazione economica senza stravolgere il tessuto sociale. Tanto che ancora oggi c'è qualcuno che parla degli addetti della Ferrero come di lavoratori-contadini.

Quattro gli stabilimenti italiani del Gruppo, oltre ad Alba quelli in provincia di Avellino e di Potenza – nati dopo il sisma del 1980 – e il polo alle porte di Milano. Circa 8mila gli addetti, ricorda Luigi Sbarra, segretario nazionale della Fai Cisl, che parla di Ferrero come di una «una colonna portante di tutto il sistema industriale alimentare italiano, dove i gruppi italiani e a conduzione familiare ormai sono merce rara». Nel sito piemontese, in particolare, ci sono le linee produttive dei prodotti di maggior successo della Ferrero, a cominciare dalla Nutella, ed è lo stabilimento a maggiore vocazione internazionale. «In Piemonte si producono Ferrero Rocher per i mercati stranieri – racconta Giancarlo Pelucchi della Flai Cgil piemontese – e facendo una simulazione, su 12 praline prodotte qui, 11 vanno all'estero e solo uno resta in Italia». Il mercato italiano si è ridotto del 5%, dicono tra i denti i sindacati, eppure la Ferrero ha aumentato la produzione in Italia. L'ultimo investimento, in ordine di tempo, è quello da 50 milioni per la linea del B-ready, il nuovo prodotto di casa Ferrero.

La morte di Michele Ferrero chiude un'epoca. E per alcuni la trasformazione della Ferrero è già in atto. «La testa della Ferrero si sta spostando in Lussemburgo» aggiunge Palucchi, anche se negli ultimi due anni il Gruppo ha spostato investimenti sull'Italia. Questo processo resta una garanzia. «È importante – aggiunge Alberto Battaglino, della Uila di Cuneo – anche che il centro sperimentale del gruppo, la Soremartec, dove vengono studiati i nuovi prodotti, resti ben salda ad Alba». Un impero la cui filosofia è che prima di andar bene l'azienda deve andar bene il territorio. Da qui il rapporto strettissimo con la città. «È come se fosse venuto a mancare un familiare» racconta il sindaco Maurizio Marello.

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