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Contratto a tutele crescenti: «sì» al parere ma la…

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in commissione lavoro alla camera

Contratto a tutele crescenti: «sì» al parere ma la maggioranza si spacca

Escludere i licenziamenti collettivi dal testo sul contratto a tutele crescenti. È una delle tre condizioni previste nel parere sul decreto attuativo del Jobs Act approvato dalla commissione Lavoro della Camera. Ma la maggioranza si è spaccata: contro il documento, messo a punto dal presidente della commissione e relatore Cesare Damiano (Pd), ha votato Area popolare (Ncd-Udc), insieme alla Lega (astenuti M5S, Forza Italia e Sel). Via libera condizionato a tre modifiche anche al parere sul Dlgs sulla nuova Aspi, redatto da Maria Luisa Gnecchi (Pd). In questo caso la maggioranza è rimasta unita, mentre hanno votato contro tutte le opposizioni tranne Forza Italia, che si è astenuta. Sul decreto disco verde con condizioni anche dalla commissione Lavoro del Senato che si era già pronunciata mercoledì scorso sulle tutele crescenti.

Poletti: via libera finale al Cdm di venerdì
In un’intervista ad Affaritaliani.it, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha confermato che «andremo in Consiglio dei Ministri venerdì 20 con l’approvazione definitiva dei due decreti attuativi sul Jobs Act che arrivano dal Parlamento e certamente con il nuovo decreto sulla revisione delle forme contrattuali». Sugli altri decreti in cantiere (tra cui quello che istituisce la nuova Agenzia unica per le ispezioni del lavoro) Poletti non si sbilancia: «Non c’è una data, nel senso che stiamo lavorando su tutto. Quindi appena siamo pronti andiamo». Il ministro ha comunque rassicurato sulla ripresa: «Credo che la vedremo nel 2015 e non l’anno prossimo. Ritengo che il secondo trimestre del 2015 sia il punto nel quale si dovrebbero vedere segni significativi anche sul fronte dell’occupazione».

Le tre condizioni
Entro venerdì il governo dovrà decidere cosa fare delle osservazioni arrivate dal Parlamento. La prima condizione posta nel parere sul contratto a tutele crescenti dalla commissione Lavoro della Camera vincola il governo a escludere i licenziamenti collettivi dalle nuove regole, fissate dal decreto legislativo. Ma, come ha dimostrato il voto sul parere, la questione divide (anche il Pd). All’Esecutivo si chiede inoltre di aumentare la misura minima e massima dell’indennità dovuta in caso di licenziamento per giustificato motivo o giustificata causa e di assicurare la «reintegrazione nel posto di lavoro nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo o giusta causa, in cui sussista una evidente sproporzione tra la sanzione del licenziamento e l’addebito disciplinare contestato».

Ncd: il parere ribalta il decreto delegato
Il gruppo di Area popolare ha tuonato contro il parere del relatore. Spiegano i deputati Sergio Pizzolante e Nino Bosco: «Pone come condizioni un ritorno indietro sui licenziamenti collettivi, un restringimento su quelli individuali, un aumento degli indennizzi e la non applicazione del Jobs Act al pubblico impiego. È, di fatto, contrario al testo del governo. Siamo quindi di fronte a un ribaltamento del decreto delegato che esprime un sentimento anti impresa che non è accettabile. È un falso parere favorevole».

Bellanova sui licenziamenti collettivi: «Vedremo»
Frena ogni conclusione affrettata il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova: «Personalmente ritengo che i decreti attuativi siano assolutamente in linea con la delega del Parlamento e il Governo nel Consiglio dei ministri del 20 valuterà nella sua autonomia i due pareri, che non sono vincolanti, e deciderà se recepire i suggerimenti».

Nuova Aspi: estendere il voucher di ricollocazione
Sul fronte della riforma degli ammortizzatori sociali, le osservazioni contenute nel parere approvato al Senato (relatrice Annamaria Parente, Pd) prevedono l’estensione della platea di chi potrà beneficiare del voucher di ricollocazione e l’allungamento della durata della Naspi nel 2017 dal 18 a 24 mesi. Si giudica inoltre «opportuno» che il governo, «onde evitare penalizzazioni, inserisca una norma che armonizzi la coesistenza tra il nuovo regime Naspi e la fase transitoria dell’indennità di mobilità» e si chiede di chiarire i termini di applicazione dell’attuale norma, che, fino al 31 dicembre 2015, riconosce l’Aspi anche ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali. Delucidazioni vengono sollecitate anche sull’assegno di disoccupazione. In particolare si chiede al governo se, in caso di perdita del beneficio, la decadenza comporti l’obbligo di restituzione dei ratei già percepiti e si invocano più risorse, «in modo da rendere strutturale tale istituto, una volta terminata la fase sperimentale».


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