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Anna Finocchiaro: ecco perché l’Italicum può funzionare

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Anna Finocchiaro: ecco perché l’Italicum può funzionare

Non sarà ancora la migliore delle leggi elettorali possibili, ma una buona « transazione» sì, capace di assicurare due obiettivi fondamentali: rappresentanza e stabilità. La presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Anna Finocchiaro (Pd), intervistata stamattina da Stefano Folli al Master in management politico Il Sole-24 Ore Luiss, ha difeso l’Italicum 2.0 approvato da Palazzo Madama e ora tornato all’esame della Camera. Ricordando che le due riforme, quella della legge elettorale e quella costituzionale, devono «marciare insieme», Finocchiaro ha osservato che su entrambe qualche migliorìa può ancora essere apportata. A cominciare da quota di “nominati” e clausola di salvaguardia.

Nuove soglie, scelta d’innovazione
Bene le modifiche alle soglie introdotte al Senato (dall’8 al 3% quelle di accesso, dal 37 al 40% quelle per ottenere il premio di maggioranza) perché in un sistema basato su una sola Camera rappresentativa è necessario che sia «davvero la più rappresentativa possibile». «È stata una scelta di innovazione», ha sottolineato la senatrice, coerente «con un sistema fortemente orientato a quello che Veltroni definì la “vocazione maggioritaria”». Più complessa la questione della scelta degli eletti, nella quale bisognava tenere conto della sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato il porcellum. Una sentenza che, ha precisato Finocchiaro, pone a fondamento della questione di incostituzionalità il fatto «che tutti gli eletti siano nominati». Insomma: la mediazione trovata a Palazzo Madama - capilista bloccati e gli altri componenti delle liste nei cento collegi (ognuna con al massimo nove candidati) eletti con la doppia preferenza di genere - non piace a molti ma può resistere al vaglio della Consulta.

Il nodo delle multicandidature
Il nodo è un altro: l’abbinamento capilista nominati-multicandidature, «perché l’affidamento che l’elettore fa sul nome del capolista, l’unico scritto accanto al simbolo del partito, è un affidamento fallace», mentre «la Corte dice che bisogna far seguito all’affidamento che l’elettore esprime». «Però è anche vero - ha aggiunto Finocchiaro - che se un segretario di partito si candida in dieci collegi consente a nove soggetti in più del listino di diventare deputati. La domanda è: si può lasciare libera questa scelta oppure no? Io avevo tentato di far passare un emendamento per cui il multieletto deve esercitare l’opzione nel collegio nel quale il primo di quelli che hanno concorso con le preferenze abbia avuto il quorum più basso. In questo modo il valore del voto dell’elettore negli altri collegi sarebbe stato in qualche modo preservato. Un modo per lasciare intatto il sistema dei capilista bloccati con il principio del valore del voto, che percorre la sentenza della Corte».

Alla Camera il 54% di nominati
Sollecitata sulla percentuale di nominati che con l’Italicum approderà alla Camera, la senatrice ha risposto: «Sarà alta, dai miei calcoli si aggirerà intorno al 54%. Per abbassarla si poteva introdurre un sistema che prevedesse un limite per l’elezione dei nominati, un listino separato che arrivasse al 30%». Una modifica che potrebbe ancora essere introdotta: «Se la Camera decidesse in questo senso avremmo un testo equilibrato e certamente coerente con i dettami della Corte costituzionale».

Clausola di salvaguardia necessaria
Altro snodo cruciale che lega l’Italicum al ddl costituzionale: i tempi. «Quando si applicherà l’Italicum - ha detto Finocchiaro - dev’esserci una sola Camera rappresentativa perché altrimenti non avremmo lo strumento per eleggere il Senato. In astratto sarebbe il consultellum, ma accadrebbe un paradosso: immediatamente la legge elettorale della Camera sarebbe incostituzionale perché una legge che prevede un premio di maggioranza e il ballottaggio è giustificata solo in quanto garantisce la rappresentatività dei Governi. Se abbiamo un Senato che deve dare il voto di fiducia eletto con legge proporzionale si verifica un pasticcio». Un ottimo argomento, secondo la senatrice, «per rendere applicabile la riforma elettorale nel momento in cui la riforma costituzionale entri in vigore».

Sul nuovo Senato attenzione alle funzioni
Sul ddl Boschi, infine, Finocchiaro è stata chiara: «Non mi scandalizza affatto l’elezione di secondo grado, presente anche in Francia e in Germania. Il punto è: a che serve il Senato?». Qui la senatrice ha rivendicato il lavoro fatto da Palazzo Madama, diretto a identificare il Senato come«luogo di raccordo tra lo Stato e le Regioni» cui affidare la partecipazione dell’Italia alla legislazione comunitaria, la verifica dell’attuazione delle leggi, il controllo sull’operato delle Pa e del Governo, oltre alla competenza legislativa concorrente residuale. «Ma la Camera - ha osservato Finocchiaro - «ha ritagliato ulteriormente competenze. Mi pare una soluzione diversa dall’impostazione iniziale».

In commissione dopo delega Pa riforma partiti
Sui lavori della commissione che presiede, Finocchiaro ha annunciato che subito dopo la delega per la riforma della Pa «cominceremo l’esame dell’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione» sulla democrazia interna e la trasparenza dei partiti: «Sono convinta che fuori da questo noi rischiamo di accentuare un pericolo che già vedo: che in questo Paese il rapporto sia diretto tra leadership e popolo, che sindacati e partiti non siano più in grado di essere corpi intermedi capaci di potenziare la forza di espressione di categorie e individui. Abbiamo un problema molto serio».

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