
«Leggi chiare e riforme concrete senza pregiudizi verso le imprese». Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, in un'intervista al Corriere della Sera chiede all'Italia di puntare sulle aziende. «Oggi è difficile non guardare con positività al futuro», dice il numero uno degli industriali. Il quadro «è sicuramente cambiato e in dodici mesi si sono fatte molte cose e ancora di più ne sono state annunciate. Il problema è proprio questo: devono essere attuate. Il compito è pesante lo so. Ma attenzione a sperare che sia qualcun altro a trainarci verso la ripresa». Ci sono cose che, per usare una «metafora ciclistica», fanno correre l'Italia con «due pietre nella maglietta e altre rischiano di caricarcene», avverte Squinzi. Si tratta, ad esempio, delle norme sui reati ambientali. «Se passasse l'impostazione attuale che non distingue tra chi ha un incidente e si attiva subito per riparare e chi inquina per scelta criminale». Chi verrebbe a investire in Italia sapendo che rischia una sanzione penale, in caso di incidente? Stesso problema si pone per il reato di falso in bilancio, dove non si distingue tra errore e dolo; «vogliamo dare ai magistrati la licenza di uccidere le imprese?». L'Italia, sottolinea il presidente, è la quinta potenza industriale e l'ottava economia al mondo. «Lo siamo diventati senza materie prime e risorse energetiche ma solo grazie alla materia grigia che per fortuna non manca nella testa degli italiani, dei lavoratori e degli imprenditori». Secondo Squinzi anche «la tanto bistrattata formazione è tutt'altro che cattiva. Non ho problemi a dirlo chiaramente: quando assumo nelle mie aziende, a parità di laurea tra un italiano, un francese o un tedesco scelgo sicuramente l'italiano o l'italiana, e non per nazionalismo».
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