Italia

Draghi: con Qe spinta di un punto per il Pil dell’Italia. Avanti…

  • Abbonati
  • Accedi
audizione alla camera

Draghi: con Qe spinta di un punto per il Pil dell’Italia. Avanti fino al 2016

La Bce può aiutare a riavvicinare la crescita al livello potenziale, ma questo può essere alzato «solo attraverso le riforme strutturali». Lo ha detto il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, per la prima volta in audizione alla Camera da quando è stato nominato ai vertici della Bce. L’audizione si è svolta nella sala del Mappamondo di Montecitorio dinanzi alle commissioni riunite Bilancio, Finanze e Politiche Ue.

L’Italia ha alzato tasse e tagliato investimenti, sale spesa corrente
L'Italia, come altri, ha consolidato i propri conti aumentando le tasse e tagliando gli investimenti pubblici, «mentre la spesa corrente continua ad aumentare», ha sottolineato il presidente della Bce, Mario Draghi, che condivide «pienamente» la necessità di più investimenti pubblici.

Verso una ripresa più forte e stabile
«Le prospettive di crescita sono in questo momento più favorevoli che negli ultimi anni», ha sottolineato Mario Draghi. Ci sono segnali di fiducia sul fatto che «la ripresa fino a ora debole acquisti forza e stabilità», ha sottolineato Mario Draghi. «Al momento la congiuntura economica è più favorevole che negli ultimi mesi - ha aggiunto il presidente della Bce - e tra i principali motivi ci sono gli effetti positivi del crollo dei prezzi dei prodotto energetici, la politica monetaria espansiva e le riforme strutturali varate in diversi paesi dell'area che cominciano a fare sentire i propri effetti». Il presidente della Bce ha anche sottolineato che anche l'inflazione tornerà «a valori prossimi al 2%».

Qe efficace, avanti fino al 2016
Con il Quantitative Easing deciso lo scorso 22 gennaio dall'Eurotower, «la Bce crea un clima che favorisce le riforme strutturali, difficili da attuare in una congiuntura negativa», ha sottolineato il presidente dell'Eurotower, precisando di avere un parere «esattamente opposto» rispetto a quanti lamentano che il programma di acquisti potrebbe disincentivare i paesi a varare i necessari cambiamenti. «A questo stadio non ci sono segnali di scarsità di titoli sul mercato», «la liquidità sui mercati resta ampia», ha detto Mario Draghi.

Con Qe spinta di un punto per il Pil dell’Italia
Il calo dei tassi d'interesse a lungo termine e il deprezzamento dell'euro, conseguenza del Qe, dovrebbero spingere la crescita italiana «di un punto percentuale entro il 2016», ha detto il presidente della Bce. «Intendiamo continuare con questi acquisti fino alla fine di settembre del 2016 o fino a quando l'inflazione non si avvicina durevolmente ai nostri obiettivi - ha aggiunto Draghi - le misure fino ad ora adottate si sono dimostrate efficaci». Draghi ha spiegato ai parlamentari riuniti nella sala del Mappamondo che a oggi la Bce conta « di raggiungere i 60 miliardi di euro per il mese di marzo anche se gli acquisti sono iniziati solo il 9 marzo. Non ci sono segnali di scarsità di titoli di stato, questa non è una prospettiva realistica».

Il piano Juncker può aiutare ma sia attuato rapidamente
Il piano per il rilancio degli investimenti in Europa del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, «può contribuire a fronteggiare l'attuale debolezza negli investimenti», ma «è importante che passi rapidamente dalla parte del disegno all'attuazione e sia accompagnato da riforme strutturali». Draghi ha sottolineato di avere una posizione «molto favorevole al piano» purché «parta presto: i paesi devono aderire presto».

In Italia giustizia lenta e troppe microimprese poco competitive
«In Italia vi è un'alta concentrazione di micro-imprese a produttività inferiore alla media, con una regolamentazione che le incentiva a rimanere piccole», ha detto il presidente della Bce, rilevando come dimezzare i procedimenti civili aumenterebbe le dimensioni fra l'8 e il 12 per cento. I tempi dei processi, ha dichiarato Draghi, «influiscono sulla volontà di erogazione del credito alle aziende. In media in Italia una causa richiede 5 anni, a fronte di 1 anno in Germania, Francia e Spagna». Ha sottolineato che la struttura produttiva nell'area euro «si basa sulle piccole imprese, che rappresentano il 70-80 per cento del totale in termini di occupazione» e questo «per forza richiede un sistema creditizio basato sull banche, che si spera siano capaci di valutare le piccole imprese». In futuro, ha spiegato, «uno degli obiettivi dell'Unione dei mercati capitali è certamente anche quello di mettere le piccole imprese in condizioni di entrarvi» per raccogliere finanziamenti, senza dover passare per il credito bancario. «Ma questo richiede più trasparenza e uniformità» nella trasmissione dei dati da parte delle imprese. «Le banche possono non piacerci - ha concluso - ma questi sono i canali attraversi i quali la Bce esercita le sue misure».

L’Eurozona non è spazio per debitori e creditori permanenti
«L'Unione non è stata pensata come uno spazio dove coesistono creditori permanenti e debitori permanenti», ha sottolineato il presidente della Bce facendo un chiaro riferimento alla questione della Grecia. «Non è pensabile che le divergenze fra le economie della zona dell'euro siano affrontate con trasferimenti permanenti» ha aggiunto, sottolineando la necessità di una ripresa «ciclica», laddove quella in atto «non è strutturale». Il presidente della Bce ha sottolineato che «trincerarsi nei confini nazionali non risolverebbe nessuno dei problemi che abbiamo di fronte», ma non si può proseguire «nemmeno con visioni irrealistiche di una Unione in cui alcuni paesi pagano in permanenza per altri».

Banche, cercare soluzioni per i crediti deteriorati
La Bce, ha sottolineato Draghi, «guarda con favore alle iniziative per ridurre il peso delle partite deteriorate delle banche perché ciò libera risorse a beneficio delle imprese». Draghi ha ribadito che «serve un settore bancario sano, i prestiti deteriorati devono emergere rapidamente e devono essere cercate soluzioni che facciano emergere il problema».

Bene la riforma delle popolari, in Italia il sistema costa troppo
Sulla riforma delle banche popolari, la Bce «ha dato parere favorevole alle misure che sono state proposte», ha sottolineato Mario Draghi. «L'Italia aveva 750 banche - ha ricordato Draghi - ovvero 750 Cda, ognuno con un minimo di 5 membri e anzi una banca in particolare ne ha 19, o almeno ne aveva 19 fino a qualche anno fa. Ogni consigliere costa una certa cifra: questo sistema era molto costoso e questo viene pagato dai clienti. L'argomento per un consolidamento è certamente forte».

Le banche senza capitali hanno una sorta di infezione
«Questa storia che elevando i requisiti di capitale delle banche determini poi, da parte delle stesse banche, la decisione di ridurre il credito all'economia, va esaminata in un altro modo - ha precisato il presidente della Bce -. Una banca che non ha patrimonio sufficiente non può fare la banca, dunque non può fare credito. È come se avesse una infezione. Dunque la ricapitalizzazione delle banche nel medio periodo aumenta le capacità delle banche di fare credito».

L’Italia pagava uno spread di 500 punti prima dell’introduzione dell’euro
«Lo spread di 500 punti base pagato dall'Italia rispetto ai Bund nei momenti peggiori della crisi del 2011 e 2012 era esattamente quello che gli italiani hanno pagato per 15 anni in media prima dell'introduzione dell' euro», ha sottolineato Draghi. Un dato che, ha aggiunto, «è un elemento utile per chi volesse fare paragoni» sull'utilità della moneta unica per la nostra economia. Draghi ha ricordato che «in vari paesi dell'Eurozona la crescita potenziale si è smorzata già prima dell'introduzione dell'euro», passando per l'Italia dal 2,5% dell'inizio degli anni ’90 all'1,5% del 1999, e riducendosi ora a quasi zero secondo il Fmi».

© Riproduzione riservata