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REVISIONE DELLA SPESA

Spending review: ecco tutti i 19 dossier dei gruppi di lavoro coordinati da Cottarelli

A cinque mesi dall’addio del supercommissario alla spending review Carlo Cottarelli, si alza il velo sui 19 dossier dei suoi gruppi di lavoro. I documenti sono stati tutti pubblicati on line sul sito revisionedellaspesa.gov.it insieme con la relazione finale di Cottarelli e rivelano le tante proposte messe sul tavolo del Governo per ridurre la spesa pubblica, dagli investimenti alle partecipate, dai costi della politica ai beni e servizi, fino agli interventi sui singoli ministeri. Alcune sono state recepite nei vari provvedimenti fin qui adottati, altre sono rimaste lettera morta.

Appalti, sprint ai controlli
Le proposte del gruppo dedicato alla «qualità della spesa di investimento» prevedono innanzitutto il rafforzamento delle azioni di sorveglianza nella fase di esecuzione e messa in esercizio delle opere programmate dal Cipe, ma anche tra l’altro l’istituzione di un fondo progetti e di un fondo opere, la predisposizione del Dpcm che definisce le procedure e le modalità di finanziamento automatico per le quote a carico del bilancio dello Stato in caso di mancato avvio delle opere, l’attuazione del decreto Mef che definisce il contenuto dei dati relativi alle opere pubbliche. Tra le misure di medio termine raccomandate, ci sono la revisione delle funzioni del responsabile di procedimento, la standardizzazione dei contratti di partenariato pubblico-privato e il riordino della normativa in materia di contratti. Quella delega per riscrivere il Codice appalti, che giace all’esame della commissione Lavori pubblici del Senato.

Dai costi della politica risparmi possibili per 700 mln
Da interventi mirati su finanziamento ai partiti, Comuni e Regioni il dossier dedicato stima 700 milioni di euro di risparmi possibili. E “bacchetta”: la legge di conversione del decreto sul finanziamento ai partiti «ha accolto soltanto in misura limitata» le proposte di emendamento presentate (tra cui i tagli alle scuole di partito), che avrebbero generato risparmi addizionali per 65 milioni di euro nel triennio. Sui Comuni, la proposta è di obbligare alla fusione tutti i Comuni al di sotto di una certa soglia di popolazione (3.000, 5.000 o 10.000 abitanti). Altri possibili interventi riguardano la riduzione del 20% del numero di assessori e consiglieri e l’eliminazione dell’indennità di fine mandato dei sindaci, oltre al taglio degli emolumenti. L’adozione delle proposte comporterebbe risparmi dell’ordine di 255 milioni di euro all’anno.

Beni&Servizi, in campo fino a 1,93 miliardi
Con la revisione dele modalità di acquisto di beni e servizi la Pa potrebbe invece risparmiare tra gli 1,1 e i 3,2 miliardi di euro in tre anni. La maggior parte dei risparmi stimati, da un minimo di circa 650 milioni ad un massimo di 1,93 miliardi, arriverebbe dalle riduzioni dei prezzi unitari degli acquisti derivanti dalla creazione di «soggetti aggregatori della domanda» e la programmazione triennale dei fabbisogni da parte di tutte le Pa, unita a piani gare annuali. Tra 144 e 432 milioni potrebbero arrivare in tre anni dall’attribuzione obbligatoria ai soggetti aggregatori di domanda di quelle gare «di particolare complessità e valore di spesa». L’uso di strumenti telematici per la negoziazione può portare secondo il rapporto ulteriori risparmi tra i 94 e i 313 milioni
mentre il controllo e l'eventuale rinegoziazione di contratti stipulati al di fuori dal sistema dei soggetti aggregatori garantirebbe tra i 260 e i 521 milioni.

Partecipate: il piano mai decollato
Sulle partecipate il gruppo di lavoro propone il famoso obiettivo “da 8mila a 1.000”, attraverso l’introduzione di un vincolo di dimensione, il divieto di partecipare in società in cui il pubblico non raggiunga una quota del 10 o del 20% e la chiusura delle “scatole vuote”. Almeno 3mila - fa notare il documento - hanno meno di sei dipendenti e 1.300 hanno un fatturao inferiore a 100mila euro.

Pa: nuove regole per i dirigenti
Per la pubblica amministrazione, il documento del gruppo di lavoro dedicato avanza cinque proposte: gestione associata dei servizi di supporto (che potrebbe portare risparmi di circa 50 milioni); ottimizzazione del rapporto tra dirigenti e non dirigenti, con il superamento della distinzione in fasce della dirigenza e la reintroduzione del ruolo unico almeno per i ministeri; razionalizzazione di enti pubblici e agenzie, previo censimento; ricognizione e riordino delle strutture periferiche dello Stato; riduzione delle sovrapposizioni funzionali tra amministrazioni statali (il rapporto individua evidenti margini di sovrapposizione soltanto in 6 delle missioni condivise da più di un’amministrazione).

Pubblico impiego, scommettere sulla mobilità
È sulla mobilità che il gruppo di lavoro sul pubblico impiego scommette, esattamente come il ddl Madia su cui la commissione Affari costituzionali del Senato si accinge domani a dare il via libera: quella obbligatoria, attraverso l’attribuzione di maggiori poteri decisionali e di impulso al Dipartimento della Funzione pubblica, e quella volontaria, da promuovere attraverso forme più incisive di pubblicità sui posti disponibili. Gli esperti suggeriscono inoltre di completare e attuare l’adozione dei fabbisogni standard di personale per ciascuna amministrazione e di premiare le amministrazioni che riducono volontariamente le proprie dotazioni. A medio-lungo termine la raccomandazione è quella di rivedere la disciplina sui licenziamenti individuali.

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