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Derivati, Cannata indagata: i pm chiedono l'archiviazione

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PROCURA DI ROMA

Derivati, Cannata indagata: i pm chiedono l'archiviazione

ROMA - Iscritta da più di un anno nel registro degli indagati per manipolazione del mercato, truffa aggravata e abuso d'ufficio, Maria Cannata, direttore generale del ministero dell'Economia e responsabile del debito pubblico, va verso l'archiviazione delle accuse. Come anticipato ieri dal Sole-24 Ore online, la stessa Procura di Roma che l'ha indagata ha chiesto lunedì al giudice per le indagini preliminari di archiviare il procedimento, riguardante i 3,109 miliardi di euro pagati dal Tesoro a Morgan Stanley tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012, quando la banca d'affari decise di chiudere anticipatamente un contratto derivato stipulato nel 1994, e rinnovato nel 2008.

La richiesta - 7 pagine firmate dal Procuratore aggiunto Nello Rossi, dal sostituto Corrado Fasanelli e controfirmate dal procuratore capo Giuseppe Pignatone - ruota prevalentemente attorno alla clausola di early termination - sottoposta anche ai raggi x di una consulenza tecnica - legittimamente inserita nel contratto, legittimamente esercitata dalla banca americana e doverosamente rispettata dal Tesoro, che non aveva alternative «praticabili». Pertanto, «non sono oggettivamente ravvisabili» i reati ipotizzati e la Cannata, per i Pm, «è esente da responsabilità». Per le stesse ragioni, lunedì la Procura ha anche chiesto al Tribunale dei ministri l'archiviazione dei procedimenti a carico di Mario Monti (all'epoca ministro dell'Economia) e di Pier Carlo Padoan (peraltro responsabile dello stesso dicastero solo dal 2014), con la conseguente dichiarazione di incompetenza nei confronti della Cannata in quanto “soggetto comune”; procedimenti nati da due esposti presentati il 5 marzo da Elio Lannutti, Rosario Trefiletti, Arturo Diaconale e Walter Biscotti.

La vicenda dei contratti derivati del Tesoro è esplosa sui giornali, anche americani, nell'estate 2013, suscitando polemiche e sospetti. Nel mirino della magistratura finirono in particolare i derivati Morgan Stanley stipulati negli anni 90, quattro dei quali chiusi anticipatamente nel 2012 con il pagamento di 2,567 miliardi. La Procura di Roma aprì un'inchiesta e di lì a poco iscrisse la Cannata nel registro degli indagati. Sulla vicenda si stava muovendo anche la Procura di Trani, costretta a spogliarsi dell'inchiesta ad agosto dell'anno scorso poiché la Procura generale della Cassazione sancì che la competenza territoriale spettasse a Roma (si veda Il Sole-24 ore dell'8 ottobre 2014). Da allora le indagini sono andate avanti in modo serrato, mantenendo il massimo riserbo sugli indagati. Solo ieri, infatti, contestualmente alla richiesta di archiviazione si è appreso della Cannata. Ora la palla è al Gip.

Durante le indagini, i Pm hanno chiesto una consulenza tecnica al professori Ugo Pomante dell'Università di Roma Tor Vergata, con particolare riguardo alla clausola di estinzione anticipata inserita nel '94, che avrebbe disciplinato le operazioni in derivati successivamente sottoscritte e che consentiva a MS di “uscire” dai contratti qualora il valore dell'esposizione creditizia dello Stato italiano sulle posizioni in derivati avesse superato una soglia massima e questa esposizione non fosse rientrata entro pochi giorni. Per gli inquirenti, al di là delle valutazioni economico-finanziarie sulle caratteristiche dei derivati, la clausola «non poteva essere considerata in sé come fonte asimmetrica tra le parti contraenti». Semmai, rilevano, visto il rapporto di lunga durata tra MS e Tesoro, non c'è stata una «costante attenzione» sulla permanenza della clausola e sulla possibilità di una sua attivazione. Un'imprudenza. Che il Mef, nella relazione del 17 aprile 2013, giustificò così: «Sebbene il limite di esposizione necessario per azionare la clausola fosse stato superato già da molti anni, la stessa MS non ne aveva mai chiesto l'attivazione» e, dunque, c'era la convinzione che la clausola non sarebbe mai stata attivata.

Nel 2011, invece, MS decide di esercitare la early termination, in base a una sua valutazione della crisi economico-finanziaria in cui versava all'epoca il nostro Paese. Scelta legittima, scrivono i Pm, considerato «l'avvenuto superamento (del resto già in atto da molti anni) della soglia di esposizione creditizia a suo tempo pattuita» e la «valutazione dell'aggravarsi di una situazione di rischio della Repubblica italiana», che in base agli accordi «rientrava nella sfera di autonomia e discrezionalità della Banca» e che fu fatta a prescindere dall'abbassamento del rating dell'Italia da parte di alcune agenzie di rating, nel 2011.
Quanto al Tesoro, non aveva alternative «giuridicamente e razionalmente praticabili» rispetto all'integrale osservanza dei patti o alla gestione concordata di una ristrutturazione parziale dei derivati contratti con MS. Di più, se non avesse pagato, avrebbe subito «un danno facilmente intuibile in termini di perdita di reputazione e difficilmente calcolabile nei suoi effetti economici». Infine, secondo la Procura, la via prescelta dal Tesoro per risolvere il problema - chiusura/ristrutturazione dei derivati - ha costituito «un'alternativa valutabile come più vantaggiosa sotto il profilo economico rispetto alle conseguenze della sola osservanza della clausola di estinzione anticipata».

Ecco perché la Procura esclude che vi siano gli estremi dei reati ipotizzati e chiede l'archiviazione perché la Cannata «è esente da responsabilità». Certo, «l'ampio margine di opinabilità» delle valutazioni economiche e «la complessità delle variabili in campo» possono ben alimentare giudizi diversi in altre sedi; ma nel diritto penale non si può prescindere da «un saldo ancoraggio ai fatti e a un rigoroso riferimento ai reati tipizzati dal legislatore».

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