Impresa & Territori Made InIl mercato arabo vale un miliardo
Il mercato arabo vale un miliardo
di Laura Cavestri | Giovedí 16 Aprile 2015
«Il cliente arabo comprerebbe solo made in Italy. Ma quando si arriva al prezzo spesso ripiega: sul “made in France”, in Usa e sulla Cina d’alta gamma».
Joe Zaatar, architetto libanese laureato al Politecnico, dopo 20 anni a Milano, ha aperto anche uno studio a Beirut «per sfuggire alla crisi economica in Italia». E punta a diventare anche «importatore di brand italiani d’alta qualità ma magari di piccole-medie dimensioni, meno noti alla clientela mediorientale. Perché c’è spazio».
Si parla quasi solo arabo e farsi, (la lingua ufficiale dell’Iran) nella seconda giornata di Salone del Mobile, a Milano, nell’area dedicata alla delegazioni estere e ai B2B con fornitori italiani.
Nei principali mercati dell’area Mena, cioè Medio Oriente e Nord Africa (Egitto, Arabia Saudita, Qatar e Kuwait, Emirati Arabi, Libano e Turchia), l’export di arredo italiano, nel 2014, ha totalizzato quasi un miliardo di euro. Con tassi di crescita che vanno dal 17% dell’Arabia Saudita al 10% del Kuwait, dal 20% dell’Egitto al 6,5% del Libano.
Arabia Saudita, Emirati e Qatar si attestano nella top 15 del clienti che più acquistano made in Italy, mentre nelle principali “piazze” in Medio Oriente, gli italiani sono i secondi fornitori di arredi, dietro solo ai cinesi , e davanti a Stati Uniti, Germania e Francia. Un dinamismo che dal retail di lusso e dalle grandi forniture per le residenze private, si sta spostando verso il mercato dell’ufficio, dell’arredo di grandi spazi commerciali e dell’hotellerie. Dove siamo meno competitivi in termini di economie di scala, capacità produttiva e pricing policy. Il prossimo Expo si terrà a Dubai nel 2020 e due anni dopo i mondiali di calcio, che promettono in 5-7 anni di triplicare il numero di alberghi, saranno in Qatar.
«Lavoriamo con grandi brand del made in Italy che sono molto richiesti nel comparto residenziale, anche di grandi forniture – spiega Tarek Gamal, projects technical coordinator di Living In, società di interior designer e importatori da 25 milioni di euro e due sedi, Egitto e Qatar –. Tra i progetti, ormai, il segmento commerciale e direzionale ne assorbe il 70%, il residenziale (che non si è mai fermato) circa il 30 per cento. Il prodotto italiano è il migliore, per qualità, innovazione e stile. Ma i tempi di produzione e consegna subiscono sempre ritardi. Per questo sul grande contract prevale il prodotto Usa. Se più aziende italiane aprissero siti produttivi o di assemblaggio in Medio Oriente, il problema non ci sarebbe».
«Io sono uno dei pochi – aggiunge ancora il libanese Zaatar – che compra tutto italiano, dai tubi agli interruttori della luce. Ma il made in Italy tra dogana, trasporto, Iva, si trasforma in prodotto di nicchia e costoso. Tra la Brianza e Beirut il prezzo lievita anche del 30 per cento. E poi c’è la luce. In Libano l’elettricità è privatizzata e cara. C’è grande potenzialità per i Led, ma poca offerta italiana. I miei ultimi cinque clienti hanno acquistato ceramiche, cucine e bagni made in Italy, ma lampade cinesi di alta gamma».
Fariborz Jabarnia è invece managing director di Baghe Andisheh, società di progettazione con sede a Teheran che lavora soprattutto nell’edilizia privata, nel recupero di spazi pubblici e aree urbane (comprese piazze e giardini) . È in Italia per la prima volta e la Milano del Salone e del Fuorisalone gli pare bellissima. L’Iran è il mercato più piccolo dell’area, 8 milioni di euro di export di arredo nel 2013, che l’anno scorso era già cresciuto a 16,3 milioni, (+102 per cento).
Nel 2014 FederlegnoArredo ha organizzato una missione nel Paese e secondo gli analisti, con la prospettiva di una definitiva caduta delle sanzioni, si può aprire una “prateria” per l’arredo italiano. Jabarnia evita accuratamente di nominarle. Ma spiega: «Molti miei colleghi si sono formati e laureati in Italia. Firenze, Roma ma anche Milano. C’è un legame consolidato con voi. Siamo una popolazione colta, informata sugli stili e le tendenze, affamata di design europeo e italiano. Ho una batteria di colloqui con aziende che vanno dalle cucine al bagno, dai complementi all’ufficio. Conoscere aziende, selezionare prodotti. Con noi il business, in pochi anni, può solo crescere».
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