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Il Vaticano alla Ue: «Bombardare barconi è un atto di…

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emergenza immigrazione

Il Vaticano alla Ue: «Bombardare barconi è un atto di guerra»»

«Bombardare i barconi è un'idea stranissima: ma cosa bombardano? C'è il diritto internazionale! Bombardare in un Paese è un atto di guerra! Poi a cosa mirano? Solo ai piccoli battelli dei migranti? Chi garantisce che quell'arma non uccida anche le persone vicine, oltre a distruggere i barconi? E poi, anche se fossero distrutti tutti i battelli, il problema dei migranti in fuga da conflitti, persecuzioni e miseria continuerà ad esistere. Allora che facciamo? Li lasciamo morire dove sono?». Sono tanti i dubbi sulla strategia abbozzata dal vertice straordinario sull’immigrazione dei capi di stato e governo riuniti ieri a Bruxelles, avanzati dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti.

Vaticano: no bombardamento barconi, è atto di guerra
Tra le conclusioni del vertice oltre ai fondi triplicati (da 3 a 9 milioni al mese) per le operazioni di pattugliamento Triton e Poseidon, c’è anche il mandato all'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione Federica Mogherini di approntare una missione di carattere militare finalizzata a individuare e distruggere i barconi dei trafficanti nascosti lungo le coste. «È inutile bombardare le imbarcazioni - ha affermato il porporato - le persone disperate troveranno sempre sistemi per fuggire: faranno altri barconi, passeranno via terra. Ricordiamoci che la maggior parte dei migranti non arriva dal Mediterraneo ma dalle frontiere terrestri. Finché ci saranno guerra, dittature, terrorismo e miseria ci saranno i profughi, che andranno dove possono andare».

Migrantes (Cei): da vertice europeo risposte inadeguate
Quella del presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti non è l’unica critica in ambito cattolico. «Dal vertice europeo di ieri esce l'Europa dei nazionalismi. È rimandata la costruzione dell'Europa sociale e solidale». Così la Fondazione Migrantes, promossa dai vescovi della Cei, ha commentato infatti la dichiarazione seguita al vertice straordinario del Consiglio d'Europa di ieri. Anche l'organismo cattolico ha preso le distanze in particolare dall'ipotesi avanzata nel Consiglio di «un'azione, da tutti gli esperti sconsigliata, di distruzione delle barche dei trafficanti nei porti». L'Europa, ha sottolineato monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale di Migrantes, «ha scelto di investire le stesse risorse che l'Italia aveva da sola garantito a Mare nostrum in Frontex, per controllare le frontiere del Mediterraneo, per controllare le coste del Nord Africa e per combattere il traffico degli esseri umani, ma non si è impegnata in un rafforzamento del piano di accoglienza dei rifugiati in tutti i Paesi europei». L’accusa è di aver compiuto ieri solo «piccoli passi» da parte di un'Europa incerta e timorosa ad affrontare il dramma delle morti, il flusso di 200mila migranti dal Nord Africa, le centinaia di migliaia di persone in fuga da guerra e terrorismo».

Centro Astalli: risultati incredibilmente deludenti
Prendono posizione con nettezza anche i gesuiti. «L'Ue ancora una volta non ha messo al primo posto la necessità di salvare la vita a persone in fuga da guerre e persecuzioni», afferma il Jesuit Refugee Service. Il centro Astalli, a Roma, definisce «incredibilmente deludenti» i risultati della riunione straordinaria del Consiglio d'Europa. «L'Europa continua con ostinazione e miopia a rimanere nel Mediterraneo solo per difendere i suoi confini e non per salvare chi scappa da guerre e persecuzioni», afferma padre Camillo Ripamonti: «Tutti gli Stati membri dovrebbero condividere lo stesso obbligo di garantire una protezione effettiva a chi fugge da guerre e persecuzioni ma questo di fatto non accade rendendo l'Europa un'unione di diseguali».

Ambasciata libica in Italia: ogni azione sia sotto egida Onu
Intanto l'ambasciata libica a Roma in una nota fa sapere che la Libia sostiene «gli impegni del governo italiano e dell'Ue nel cercare soluzioni e rimedi più radicati in questa fase cruciale di cambiamento, sia politico che sociale, nei Paesi d'origine», ma sottolinea che «ogni azione che si vuole intraprendere dovrà essere sotto l'egida dell'Onu».

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