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Italicum, ok della Camera anche alla terza fiducia: 342 sì.…

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lunedì sera lo scrutinio finale

Italicum, ok della Camera anche alla terza fiducia: 342 sì. Aventino delle opposizioni

Ok della Camera con 342 sì e 15 no alla terza e ultima fiducia posta dal governo sull'Italicum (sull’articolo 4). Quasi tutte le opposizioni (da Sel al Movimento Cinque Stelle, da Forza Italia a Fratelli d'Italia fino alla Lega), che in occasione dei primi due scrutini si erano schierate per il no, hanno deciso questa volta di non partecipare al voto. Una scelta, quella dell’Aventino, confermata da una parte della minoranza Pd: anche questa volta in 37 non hanno votato per dissenso politico. La maggioranza ha ottenuto otto voti in meno rispetto alla seconda questione di fiducia votata stamattina (350 sì e 193 no) e 10 in meno rispetto alla prima fiducia (352 sì e 207 no) di ieri. Il voto finale sulla legge elettorale si terrà lunedì in tarda serata, forse a scrutinio segreto. Intanto alcune forze di opposizione, in particolare Forza Italia, M5s e Sel, si sono dichiarate già pronte a raccogliere le firme per promuovere un referendum abrogativo dell'Italicum. Mentre Debora Serracchiani, vicesegretaria Pd, a una manciata di giorni dal via libera definitivo, ha auspicato «che nel voto finale si ritrovino anche coloro che hanno approvato questo testo nei precedenti passaggi parlamentari».

Opposizioni disertano terzo voto fiducia
Dopo un vertice improvvisato in Transatlantico al quale hanno partecipato gli esponenti di tutte le forze di minoranza (da Sel al Movimento Cinque Stelle, da Forza Italia a Fratelli d'Italia fino alla Lega) le opposizioni hanno deciso di non partecipare al terzo voto di fiducia. Una scelta che, viene spiegato, servirebbe a evidenziare se la maggioranza è in grado di garantire il numero legale. Ma la decisione non sarebbe estranea alla necessità di dare un segnale di compattezza anche a fronte delle molte assenze già registrate.

37 dissidenti Pd non hanno partecipato al voto
Alla terza fiducia sull'Italicum non è cambiata la “fotografia” del Pd alla Camera. Sono stati almeno 50 gli esponenti di Area riformista (la corrente guidata da Pierluigi Bersani e Roberto Speranza) che hanno votato la fiducia e si appresterebbero a dire sì lunedì sera anche al provvedimento. Confermati i 37 “dissidenti” della minoranza (38 se si comprende nel calcolo anche Vaccaro, ma dal gruppo Pd fanno sapere che la sua non partecipazione al voto non è dovuta a motivi «politici») già registrati al secondo voto di fiducia. Anche questa volta tra i 37 ci sono i nomi di alcuni big come Enrico Letta, Rosy Bindi, Pierluigi Bersani, Guglielmo Epifani, Roberto Speranza, Gianni Cuperlo e Stefano Fassina. In occasione del secondo voto di fiducia, secondo i tabulati della Camera, erano assenti 42 deputati dem. Ma secondo i vertici del Pd erano stati in 37 a non partecipare al voto per dissenso politico.

Voto finale lunedì sera, perde quota scrutinio segreto
Il voto finale sulla legge elettorale si terrà nella serata di lunedì 4 maggio, alle 22 o alle 23. Lo ha stabilito la Conferenza dei capigruppo di Monteciorio. Le opposizioni non hanno preso ancora nessuna decisione ufficiale, ma intanto sta perdendo quota l’idea, caldeggiata finora, di chiedere il voto segreto per consentire ai franchi tiratori di entrare in azione. Al momento viene infatti considerato troppo alto il rischio che il voto segreto si trasformi in un boomerang e vada a tutto vantaggio del governo e della maggioranza, con il “soccorso azzurro” dei verdiniani (anche se finora si sono attenuti alle direttive del gruppo) e di qualche ex grillino. Ecco perché circola anche l'ipotesi che l'abbandono dell'Aula al momento del voto finale sull'Italicum, lunedì sera, sia assunta come decisione finale dal grosso delle opposizioni. La scelta di non partecipare al voto potrebbe rispondere anche all'obiettivo di tentare di far mancare il numero legale. Anche se, dopo l'esito dell'ultima fiducia, le possibilità sono ridotte. La maggioranza, infatti, ha tenuto senza problemi.

Cresce fronte pro referendum: M5S-Fi-Sel, favorevole Civati
L'Italicum non è ancora stato approvato in via definitiva dalla Camera, che le opposizioni già si organizzano per spostare fuori dalle aule parlamentari la battaglia contro la riforma elettorale. E cresce il fronte “pro referendum” per l’abrogazione della legge. A lanciare per primi la proposta sono stati i grillini. Nel pomeriggio il fronte si è allargato a Sel. A stretto giro, anche Forza Italia è uscita allo scoperto aderendo all’iniziativa. E l’idea del referendum è stata rilanciata anche dal dissidente dem Pippo Civati Civati.

Lega e Fi lasciano capigruppo: Boldrini si dimetta
Non solo. I presidenti dei gruppi di Lega e Forza Italia hanno abbandonato la conferenza dei capigruppo a Montecitorio per protestare contro la gestione della presidente Laura Boldrini. «Il calendario se lo facciano Renzi e la Boldrini», ha detto il capogruppo della Lega, Massimiliano Fedriga, che ha aggiunto: «Boldrini si dimetta così farebbe una figura migliore e aiuterebbe il Parlamento a riacquisire una sua dignità». «Andando via - ha dichiarato il capogruppo di Fi Renato Brunetta - abbiamo voluto dare un segno». Quanto alla gestione dell’Aula e all’interpretazione del regolamento, la presidente della Camera Laura Boldrini si è difesa in una lettera pubblicata oggi da “Repubblica” nella quale ha ribadito le ragioni che autorizzano il voto di fiducia sulle norme in materia elettorale.

Alfano: bene voto fiducia, ora rivedere riforma del Senato
A pochi giorni ormai dall’approvazione dell'Italicum, già si moltiplicano le voci nella maggioranza a favore della revisione della riforma del Senato. Non solo da parte di tutta la minoranza Pd (sia quella che è uscita dall’Aula sia quella che ha votato la fiducia) ma anche di Ncd. «Si apre una fase nuova, quindi noi chiediamo al Governo e alla maggioranza di modificare la riforma costituzionale, quella del Senato» ha detto il ministro dell'Interno e presidente di Ncd Angelino Alfano.

Boschi: impossibile ridiscutere architettura riforme
Ipotesi, quella delle modifiche al nuovo Senato, non bocciata dal ministro delle Riforme, che però mette precisi paletti. Per Maria Elena Boschi, ospite di Porta a Porta, il governo è «disponibile a valutare modifiche» alla riforma della Costituzione ma «quello che è impossibile fare è rimettere in discussione i punti fermi», perché «è un sistema che si tiene insieme, se togliamo un pezzetto il puzzle crolla». E dunque «dobbiamo tenere ferma l'architettura».


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