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Mancata scorta a Marco Biagi: prescritti Scajola e De Gennaro

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tribunale dei ministri di bologna

Mancata scorta a Marco Biagi: prescritti Scajola e De Gennaro

La sezione distrettuale del tribunale dei ministri di Bologna ha dichiarato l’estinzione per prescrizione delle accuse nei confronti di Claudio Scajola e Gianni De Gennaro per la mancata scorta a Marco Biagi, ucciso dalle Br nel 2002 sotto la sua abitazione nel centro del capoluogo emiliano.

Si conclude con un nulla di fatto anche l’inchiesta bis
All’epoca rispettivamente ministro dell’Interno e capo della Polizia, Scajola e De Gennaro erano indagati per cooperazione colposa in omidicido colposo, reato che è stato dichiarato prescritto dal 2009, sette anni e mezzo dopo l’assassinio del giuslavorista. La dichiarazione di prescrizione conclude di fatto anche l’inchiesta bis nata con lo scopo di approfondire le responsabilità di chi non aveva disposto le necessarie misure di protezione nei confronti del giuslavorista da tempo nel mirino dei brigatisti.

Le omissioni contestate a Scajola e De Gennaro
Già nel 2004 era stata archiviata la prima inchiesta sulla revoca della scorta. La seconda aveva preso le mosse dalla trasmissione a Bologna di nuovi documenti (in particolare gli appunti dell’ex segretario del ministro Scajola, Luciano Zocchi), in base ai quali, secondo il procuratore Roberto Alfonso e il pm Antonello Gustapane, Scajola e De Gennaro avevano posto in essere omissioni «in violazione dei doveri su di loro incombenti per le pubbliche funzioni rispettivamente svolte, pur essendo il prof. Marco Biagi sempre più noto nel dibattito politico-sindacale quale consulente del ministro del Welfare; e già ampiamente conosciuto dall’amministrazione della Pubblica sicurezza». Non solo: ai due indagati si contestava anche la mancata considerazione delle analisi sull’eversione di matrice brigatista del Dipartimento di pubblica sicurezza e del fatto che Biagi, dopo l’omicidio di Massimo D’Antona, fosse diventato uno dei principali obiettivi, se non il principale, avendo avuto un ruolo di primo piano nella messa a punto del Libro bianco sulla riforma del mercato del lavoro. La prescrizione? «Era la nostra richiesta», si è limitato a commentare il procuratore capo di Bologna Alfonso.

L’avvocato della famiglia: faranno i conti con la loro coscienza
«La prescrizione consentirà agli indagati di non confrontarsi con la giustizia e con la realtà dei fatti.Mi limito a fare mia la considerazione della famiglia Biagi: per citare Jung, agli stessi soggetti coinvolti resta il doloroso e sofferente confrontarsi con le proprie coscienze». Questo il commento rilasciato all’Ansa dall’avvocato Guido Magnisi, che ha assistito la famiglia di Biagi.

I legali di Scajola: «Procedimento assolutamente surreale»
«Il procedimento penale che si è svolto a Bologna rappresenta un qualcosa di assolutamente surreale», sottolineano invece i legali di Scajola, Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito. «La Procura, infatti, per poter svolgere delle indagini, ha anzitutto ipotizzato la fattispecie di omicidio volontario, essendo pacificamente già prescritto al momento dell’inizio delle investigazioni il reato di omicidio colposo. È chiara a tutti la evidente strumentalità di una tale soluzione, e ciò in quanto appare veramente fuori da ogni logica anche il solo immaginare un’ipotesi di omicidio volontario in una siffatta vicenda. Successivamente la stessa Procura ha, per oltre un anno, indagato sulla posizione di Claudio Scajola senza, tuttavia, come sarebbe stato doveroso, iscriverlo nel registro degli indagati; anche questa scelta - proseguono gli avvocati - ha una evidente e ben precisa finalità: se, infatti Claudio Scajola fosse stato iscritto, la Procura si sarebbe dovuta necessariamente spogliare dell’inchiesta e avrebbe dovuto trasmetterla al Tribunale dei Ministri, soggetto competente a effettuare le indagini».

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