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Sulle nuove regole Iva lo «stop» di Bruxelles

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deroga iva sulla gdo

Sulle nuove regole Iva lo «stop» di Bruxelles

ROMA - Una partita persa fin da subito. E la conferma è arrivata ieri. La deroga Iva sulla grande distribuzione organizzata (Gdo) non piace all'Unione europea. Il rischio di un caro benzina si profila all'orizzonte anche se il Mef si è affrettato a rassicurare che non scatterà la clausola di salvaguardia con l'aumento delle accise sui carburanti dal 30 giugno, ma ora si apre il fronte delle possibili coperture.

Il reverse charge è stato fin da subito criticato dalle imprese per i suoi effetti distorsivi. Proprio per questo, subito dopo la notizia arrivata da Bruxelles, Confindustria ha espresso in una nota soddisfazione per il semaforo rosso della Commissione europea alla richiesta dello Stato italiano di autorizzare l'introduzione del meccanismo del reverse charge Iva nelle forniture alla Gdo. «La Commissione europea accoglie quindi i rilievi che Confindustria aveva evidenziato – sottolinea la nota – anche mediante la presentazione, lo scorso 10 marzo, di un complaint ufficiale, ritenendo che la norma della legge di Stabilità 2015 non fosse in linea con le regole e con le finalità delle disposizioni comunitarie in materia di Iva». Apprezzamento viene espresso in particolare sul fatto che la Commissione «abbia confermato quanto da noi sostenuto circa l'inefficacia della misura al fine di contrastare le eventuali frodi nel settore delle forniture a supermercati, ipermercati e discount alimentari». In questo modo, spiega Confindustria, «i fornitori della Gdo possono tirare un sospiro di sollievo, evitando di dover subire le pesanti conseguenze finanziarie che il reverse charge avrebbe loro causato, non consentendo un veloce recupero dei crediti Iva che queste imprese avrebbero maturato».

C'è però un altro fronte aperto ancora oggetto di analisi da parte di Bruxelles: lo split payment per le forniture alla Pa, che però a differenza del reverse con la Gdo è già entrato in vigore dal 1° gennaio scorso. L'auspicio di Confindustria è che «la Commissione europea dimostri altrettanta ponderazione nell'esprimere le proprie valutazioni anche su di un'altra misura controversa per le imprese, quale è lo split payment per l'assolvimento dell'Iva sulle forniture alla pubblica amministrazione, le cui ricadute finanziarie sul sistema imprenditoriale si stanno rivelando altrettanto gravi».

Tornando al giudizio della Commissione europea sull'estensione del reverse charge alla Gdo «non c'è prova sufficiente del fatto che le misure richieste contribuirebbero a combattere la frode». Ma non solo, perché «la misura implicherebbe elevati rischi di spostamento delle frodi al settore del commercio al dettaglio e ad altri Stati». Ragioni che hanno fatto propendere Bruxelles a dichiarare la norma italiana «non in linea» con l'articolo 395 della direttiva comunitaria sull'Iva, come ha spiegato Vanessa Mock, portavoce del commissario con delega alla fiscalità Pierre Moscovici. Del resto, nel recente passato anche la Germania si è vista respingere la richiesta. E la Mock ha aggiunto anche come resti sotto osservazione lo split payment per i fornitori della Pa: «Abbiamo ricevuto una richiesta per introdurre una misura speciale per l'amministrazione pubblica che pagherebbe l'Iva in modo separato invece che direttamente al fornitore. Questa richiesta è ancora sotto analisi della Commissione».

Un'eventuale bocciatura costerebbe poco meno di un miliardo di euro, che sommati ai 728 di euro con cui è stato cifrato il reverse charge alla Gdo farebbero salire il conto a oltre 1,7 miliardi.

L'estensione del reverse charge è stata prevista dall'ultima legge di stabilità come misura per combattere l'evasione Iva e che, di fatto, avrebbe spostato su tutti i soggetti della grande distribuzione l'obbligo di assolvere l'Iva e avrebbe creato un forte sbilanciamento a scapito dei fornitori che per gli acquisti avrebbero dovuto pagare l'Iva e per le vendite alla grande distribuzione avrebbero dovuto fatturare senza imposta, quindi andando a credito e dovendo poi passare dalle compensazioni o dai rimborsi.

Per il reverse charge (previsto insieme ad altre misure in corso d'opera durante il cammino della legge di stabilità proprio in risposta alla Commissione Ue per correggere il deficit strutturale dello 0,3% del Pil nel 2015) la clausola di salvaguardia prevedeva un aumento delle accise sui carburanti. Fonti del Mef hanno rassicurato, ieri, che le imposte sulla benzina non aumenteranno e che il ministero non è stato colto di sorpresa da questa decisione perché ha sempre monitorato le valutazioni di Bruxelles.

Un'incognita in più dopo il recente stop della Consulta alla Robin tax (l'addizionale Ires sulle imprese energetiche e petrolifere che vale tra 700 e 800 milioni) per il futuro e senza più poter contare sul tesoretto utilizzato per far fronte al nodo-pensioni.

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