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Mafia capitale, le mani di Buzzi anche sull'appalto Atac

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l’inchiesta sulla corruzione a roma

Mafia capitale, le mani di Buzzi anche sull'appalto Atac

di Ivan Cimmarusti

ROMA - Dall'ambiente all'immigrazione. Mafia Capitale trova sponsor nella politica - «sono tutti corrotti, non so se l'hai capito» dice Salvatore Buzzi a una sua collabboratrice in un'intercettazione - ed entra nella spartizione della torta delle commesse pubbliche. Gli atti d'indagine, però, aprono un nuovo fronte per il Comune di Roma: appalti truccati in Atac, la municipalizzata per i trasporti. Il capitolo è in una fase «esplorativa», non risultano per ora indagati della società. Ieri il Ros Lazio, al comando del colonnello Stefano Russo, ha compiuto una perquisizione a carico di Andrea Carlini, funzionario Atac: un atto per accertare se quanto emerso dalle intercettazioni tra il boss Massimo Carminati e il suo «braccio imprenditoriale» Salvatore Buzzi, corrispondano al vero. Un ruolo in questo filone potrebbe averlo anche Pierpaolo Pedetti, consigliere Pd in Comune e presidente della Commissione patrimonio pubblico, arrestato giovedì scorso. L'intercettazione tra i due principali esponenti di Mafia Capitale, inoltre, è interessante anche perché apre scenari inediti di presunti rapporti col deputato Pd Umberto Marroni, che tuttavia non risulta coinvolto nell'inchiesta.

«L'uno per cento»
Un quadro chiaro dei fatti è riassunto dagli stessi pm di Roma Paolo Ielo, Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli: «Buzzi raccontava a Carminati di cosa si occupasse la società di Pedetti e Carlini («una società di consulenza», la Segni di Qualità srl, che «raccoglieva i fondi per la campagna elettorale») e di quanto avevano preteso dopo che lo stesso Buzzi si era aggiudicato un appalto all'Atac («tant'è vero che quando noi abbiamo vinto l'Atac, ci hanno chiesto l'uno per cento»). «Niente – dice - gliel'ho dato subito». Nel corso della medesima telefonata i due fanno riferimento a una presunta «estorsione» organizzata dagli stessi Pedetti e Carlini, che avrebbero chiesto all'organizzazione l'acquisto di due appartamenti: «Mi ha chiamato l'uomo de Marroni – dice Buzzi - me gira sempre intorno, l'omo di Umberto, no!». Racconta che Pedetti avrebbe riferito che «c'ho sti due appartamenti che ti devi comprà». «Ma che ce guadagno?» continua Buzzi e Carminati risponde «per quale motivo me dovrei…che me stai a fa un'estorsione?». Di questa richiesta ne avrebbe parlato addirittura con lo stesso Marroni, che tuttavia ha già smentito e minaccia querele.

Politica e appalti
Ed è proprio nel settore immigrazione che le coop di Buzzi cercano uno spazio, attraverso sponsorizzazioni politiche. Come nella turbativa d'asta relativa alla gestione dei residence di Via Valcannuta e di Via Montecarotto a Civitavecchia. Nelle conversazioni intercettate tra Buzzi e Carminati, il primo fa riferimento ai presunti coinvolgimenti politici dietro la società Ambiente e Lavoro (non indagati) che «erano amici della Belviso, ora stanno con Valeriani (presumibilmente – si legge negli atti - Massimiliano Valeriani, vice presidente del Consiglio Regionale del Lazio, ndr) (…) e ci hanno detto che c'è spazio (nell'appalto, ndr) ho detto “guarda, ce lo ha detto il Pd” guarda il Pd sono io…non può essere…andate a chiedere, lo spazio non c'è…infatti poi ci siamo visti in Campidoglio e dice “ah facciamo un passo indietro (…) e si ritirano pure loro».

La rete dei funzionari comunali
I presunti rapporti politici del clan pesano, come quelli intessuti con il consigliere regionale Pdl Luca Gramazio: interrogato ieri dal gip ha detto: «Non ho preso soldi da nessuno». Ma in un'intercettazione, Buzzi su Gramazio dice: «Ci ha fatto avere un sacco di soldi sul Municipio di Ostia. Gramazio ci ha fatto dare un milione di euro...ha dato un milione di euro al Comune di Ostia per il verde. Questo verde deve ritornare tutto a noi. Una mano lava l''altra e tutte e due lavano il viso».

Mafia Capitale, tuttavia, poteva beneficiare anche di una fitta rete di dipendenti e funzionari comunali. Un'ipotizzata rete di rapporti che sarebbe stata coltivata anche attraverso semplici corruzioni, come l'assunzione nelle coop di Buzzi di figli e amici. C'è, per esempio, Mirella Di Giovine, direttore del Dipartimento patrimonio. Stando all'accusa la donna compie «atti contrari ai doveri dell'ufficio consistenti nel promuovere, in sede di Assemblea capitolina, anche mediante emendamenti e deliberazioni di giunta» consentendo parte della dismissione del patrimonio immobiliare del Comune di Roma in favore delle cooperative di Salvatore Buzzi. Stessa cosa compie Brigida Paone, collaboratrice dell'assessorato alla Casa, la quale fa assumere la figlia dalla coop di Buzzi. In cambio si preoccupa anche lei di far arrivare alle società di matrice mafiosa vantaggi patrimoniali. «Ohi – dice la donna in una telefonata con Buzzi – Allora, guarda, è passata la delibera (…) quella del patrimonio, l'abbattimento dei costi è del 40%, perfetto? Concordato anche con la Di Giovine, tutti quanti, oggi è passato all'unanimità in Commissione consiliare». «Perfetto – risponde Buzzi – meglio di così…». Poi c'è Mario Cola, dipendente del Dipartimento patrimonio del Comune di Roma. L'uomo avrebbe ottenuto «utilità economiche» da Salvatore Buzzi, per consentire alla coop legata a Mafia Capitale di «occupare un immobile dell'Amministrazione capitolina in via del Frantoio». Stando agli atti Cola avrebbe «segnalato a Buzzi l'immobile» e «posto in essere, successivamente all'occupazione, condotte intese alla legittimazione ex post dell'occupazione» concordando con Buzzi «un canone di affitto a prezzi irrisori, quantificato in 6-700 euro mensili per 1.000 metri quadrati ».

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