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Csc alza le stime di crescita: +0,8% nel 2015 e…

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il rapporto di previsione

Csc alza le stime di crescita: +0,8% nel 2015 e +1,4% nel 2016. Ma è ripartenza, non ripresa

Risalita, non ripresa. Perché l’uscita dal tunnel della crisi è sì cominciata, ma sarà lunga e difficile. Spirano «venti a favore», con previsioni di crescita del Pil dello 0,8% nel 2015 e dell’1,4% nel 2016 e con fattori esterni, dalla svalutazione del cambio dell’euro alla riduzione del costo dell’energia, che possono aiutare. Ma ci sono anche «freni straordinari» che limitano la performance economica dell’Italia e grandi rischi alle porte: il contagio dalla Grecia e un rallentamento del trend globale. Il Centro Studi Confindustria, nel rapporto di previsione intitolato proprio “Venti a favore e freni straordinari. Crescere di più, distribuire meglio” presentato stamani a Bologna e coordinato da Luca Paolazzi, traccia la rotta del futuro e avverte: senza riforme e senza aumentare il tasso di crescita al 2,5% annuo, l’Italia non tornerà ai livelli di Pil del 2007 prima del 2023.

Le previsioni per il futuro
Il CsC ha rivisto al rialzo le stime di crescita del Pil, rispetto a quelle che aveva calcolato a dicembre: da +0,5% a +0,8% nel 2015 e da +1,1% a +1,4% nel 2016. Una svolta, segnala il rapporto, dopo un triennio di contrazione profonda (-4,9% cumulato). Dallo scorso autunno gli indicatori congiunturali qualitativi hanno ripreso a salire fino a raggiungere picchi pluriennali a inizio 2015. Ma non sono corrisposti recuperi altrettanto marcati degli indicatori qualitativi di domanda e di produzione.

Salgono consumi e investimenti
I consumi salgono (la spesa delle famiglie è aumentata dello 0,3% nel 2014) e continueranno a farlo (il CsC stima +0,6% nel 2015 e +1,2% nel 2016). E salgono di più gli investimenti: +1,2% nel 2015 e +2,9% nel 2016. Più 3 e +3,8% quelli in macchinari e mezzi di trasporto (-18% sui valori pre-crisi) anche se restano in sofferenza quelli in costruzioni (-0,5%), che però saliranno l’anno prossimo (+2,1%; ma ancora -33% rispetto al 2007). In generale, è comunque l’incertezza della domanda a frenare gli investimenti, insieme alle maggiori difficoltà a ottenere finanziamenti.

Occupazione: rafforzamento dalla seconda metà 2015
Riparte anche la domanda di lavoro, che secondo il CsC si rafforzerà progressivamente nella seconda metà del 2015 , riportandosi ai livelli di fine 2012, per consolidarsi nel 2016 registrando un aumento in termini di posti di lavoro rispettivamente del +0,5% e del +1%. Ma il calo occupazionale causato dalla crisi non si riassorbirà in fretta: il biennio si chiuderà comunque con un vuoto occupazionale scavato dalla crisi di 1,333mila posti di lavoro in meno rispetto a fine 2007. Il vuoto più ampio continuerà a registrarsi nell’industria trattandosi, spiegano gli economisti di Viale dell’Astronomia, di un fenomeno «strutturale». Nei primi tre mesi 2015, infatti, sempre rispetto alla fine del 2007, l’industria ha perso 858 mila posti di lavoro, circa il 50% di quanto registrato nell’intera economia. Ma l’occupazione aumenterà. Nel settore privato, infatti, il cui miglioramento è già iniziato nel 2014, si sostanzierà in circa 440mila posti in più entro il 2016, grazie anche alle misure varate dal Governo su contributi sociali e maggiore flessibilità del mercato del lavoro. Un miglioramento che trova un riscontro generale anche nel progressivo «sgonfiamento» del ricorso alla Cig: tra gennaio e maggio 2015 le unità di lavoro a tempo pieno equivalenti , complessivamente coinvolte, sono state mediamente pari a 190 mila, un livello simile al primo trimestre del 2009.

Attenzione ai freni «straordinari»
A fronte del prezzo del petrolio più basso, della svalutazione dell’euro, del commercio mondiale in rilancio e del nuovo calo dei tassi di interesse («i forti venti a favore»), si può comunque fare di più. Invece - afferma il CsC - restano i «freni straordinari»: l’estrema selettività del credito, l’alta disoccupazione, le costruzioni deboli, la redditività ai minimi, il Clup (costo del lavoro per unità di prodotto) penalizzante, la capacità produttiva inutilizzata, il risparmio ridotto. Inoltre, occorre tener conto che tassi e cambio bassi sono rimedi estremi a mali estremi, l’inflazione resta vicina allo zero, la politica di bilancio rimane restrittiva. Le leve su cui agire - conclude il rapporto - sono conoscenza, concorrenza, burocrazia e lavoro. È necessario quindi potenziare l’istruzione e la ricerca, promuovere la concorrenza soprattutto nei servizi, snellire la burocrazia, aumentare il tasso di occupazione in particolare di giovani e donne.

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