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Svimez: al Sud uno su tre è a rischio povertà. Pericolo di…

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rapporto 2015

Svimez: al Sud uno su tre è a rischio povertà. Pericolo di «sottosviluppo permanente»

Pil negativo per il settimo anno consecutivo, con una crescita che dal 2001 al 2013 è stata meno della metà di quella della Grecia. Divario record al 53,7% del Pil pro capite rispetto al resto del Paese. Investimenti che continuano a cadere. Industria al tracollo, con un valore aggiunto precipitato del 38,7% dal 2008 al 2014. Donne e giovani fuori dal mercato del lavoro. Nascite al minimo storico da 150 anni, che preannunciano uno «tsunami demografico». E un rischio su tutti: «Il depauperamento di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire al Mezzogiorno di agganciare la possibile nuova crescita e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente». È impietosa la fotografia dell’economia del Mezzogiorno che emerge dalle anticipazioni del Rapporto Svimez 2015, presentate oggi a Roma.

Pil pro capite, la forbice è ai livelli del 2000
Nel 2014 il Pil del Mezzogiorno, secondo la Svimez, è calato dell’1,3% rallentando sì la caduta del 2013 (-2,7%) ma diminuendo di oltre un punto in più rispetto al Nord (-0,2%). Ha contato la dinamica più sfavorevole della domanda interna, sia per i consumi delle famiglie (crollati del 13,2% dal 2008 al 2014) sia per gli investimenti, caduti del 38% e addirittura del 59,3% nell’industria. E ha pesato la crisi, più che altrove: i dati dimostrano che si è attenuata in gran parte delle regioni italiane, ma molto meno in quelle meridionali. Tra il 2008 e il 2014 il Sud ha perso il 13% di Pil, circa il doppio del Centro-Nord (-7,4%). E il divario del Pil pro capite tra Sud e resto del Paese ha toccato l’anno scorso il massimo degli ultimi 15 anni (53,7%) tornando ai livelli del 2000.

Performance di gran lunga peggiore della Grecia
Dal 2001 al 2014 il tasso di crescita cumulato della Grecia è stato pari a -1,7%. La performance più negativa dell’intera eurozona, ma mai quanto il Meridione d’Italia: -9,4%, contro il +1,5% del Centro-Nord.

Il malessere del mondo produttivo
Colpiscono le cifre sull’industria, per quel già citato crollo degli investimenti del 59,3% dal 2008 al 2014, oltre il triplo del calo pesante registrato al Centro-Nord (-17,1%), e per la flessione del 35% del valore aggiunto, a fronte del -17,2% nel resto d’Italia. Nello stesso periodo calano anche le costruzioni (-47,4% gli investimenti, -38,7% il valore aggiunto) e i servizi (-33% gli investimenti, -6,6% il valore aggiunto). Non va meglio per l’agricoltura: investimenti -38%. Negative anche le esportazioni: nel 2014 sono calate del 4,8% contro la crescita del 3% al Centro-Nord. E si sono dimezzate al Sud le agevolazioni alle imprese sul totale nazionale: erano il 63,5% nel 2008, sono diventate il 33,2% nel 2013. Il pericolo, per Svimez, è quello già denunciato nel Rapporto 2014: una «desertificazione industriale».

Il lavoro che non c’è: nel 2014 occupati sotto i 6 milioni
Inevitabili i riflessi sull’occupazione. Negli anni della crisi nel Mezzogiorno è caduta del 9%, oltre sei volte più che al Centro-Nord. Delle 811mila persone che hanno perso il lavoro tra il 2008 e il 2014, ben 576mila sono residenti al Sud. Che concentra il 26% appena degli occupati d’Italia ma il 70% delle perdite determinate dalla recessione. Nel solo 2014 il Meridione ha perso 45mila posti, arrivando a 5,8 milioni di occupati, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni e raggiungendo il livello più basso almeno dal 1977, l’anno da cui sono disponibili le serie storiche dell’Istat. Una prova - spiega la Svimez - «del processo di crescita mai decollato» e del «livello di smottamento del mercato del lavoro meridionale».

Allarme donne e giovani
C’è un allarme specifico che riguarda le donne (lavora soltanto il 20,8% contro una media Ue del 51%) e i giovani: tra il 2008 e il 2014 il Sud ha perso 622mila posti tra gli under 34 (-31,9%) mentre ne ha guadagnati 239mila tra gli over 55. Per gli under 24 nel 2014 il tasso di disoccupazione ha sfiorato il 56%, contro il 35,5% del Centro-Nord. Parla da solo il dato sui neet (quelli che non studiano e non lavorano): nel 2014 in Italia sono aumentati del 25% rispetto al 2008, arrivando a 3,5 milioni. Quasi due milioni sono meridionali.

In arrivo «tsunami» demografico
A tutto ciò si aggiunge il calo delle nascite, che non accenna a fermarsi (persino gli stranieri iniziano a fare meno figli), e la migrazione verso il Centro-Nord che dal 2001 al 2014 ha interessato oltre 1,6 milioni di persone. «Un intreccio perverso», lo definisce la Svimez. «Il Sud sarà interessato nei prossimi anni - avverte il rapporto - da uno stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili, destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni, a fronte di una crescita di 4,6 milioni nel Centro-Nord».

Una persona su tre a rischio povertà
Il risultato è la povertà: dal 2011 al 2014 le famiglie assolutamente povere sono aumentate in Italia del 37,8% al Sud e del 34,4% al Centro-Nord. Ma nel 2013 una persona su tre nel Mezzogiorno era a rischio povertà, contro una su dieci al Centro-Nord. Sicilia e Campania le regioni dove il pericolo è più elevato. Quasi il 62% dei meridionali guadagna meno di 12mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord. Ennesima faccia di un Paese «sempre più diviso e diseguale».

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