Italia

Riforme, minoranza Pd e opposizioni chiedono il Senato elettivo. Il…

  • Abbonati
  • Accedi
a palazzo madama

Riforme, minoranza Pd e opposizioni chiedono il Senato elettivo. Il premier: «Maggioranza c’è»

Si compatta al Senato il fronte che chiede di modificare il ddl costituzionale introducendo il Senato elettivo: a chiederlo, tra le pieghe degli oltre 513mila emendamenti piovuti oggi (alla scadenza) sul testo, sono 28 senatori della minoranza Pd e tutte le opposizioni, da Forza Italia al M5S. Ma il premier Matteo Renzi, parlando alla direzione del Partito democratico dei risultati ottenuti in questi mesi, ricorda che «la maggioranza non è mai mancata e mai mancherà, vedendo i numeri».

In tutto presentati 513.449 emendamenti
In tutto gli emendamenti presentati al ddl in commissione Affari costituzionali sono 513.449. Ben 510mila arrivano dalla Lega, come aveva annunciato Roberto Calderoli, che minaccia: «Per l’Aula ne abbiamo pronti 6,5 milioni». Sessantatrè dal Pd, 1.075 da Forza Italia, 1.043 da Sel, 194 dal M5S. E tutti, compresi 12 componenti del gruppo Autonomie (che sostiene la maggioranza), chiedono l’elezione diretta dei futuri senatori. Quanto basta per far dire al senatore dissidente dem Vannino Chiti che «ci sarebbero le condizioni per un’intesa ampia». E per far contare al capogruppo azzurro a Montecitorio Renato Brunetta «176 senatori che firmano per il Senato elettivo contro Renzi, contro Napolitano».

Guerini (Pd): «Non si torna al punto zero»
La linea ufficiale del Pd resta però quella tracciata mercoledì dalla presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro, nella sua relazione a conclusione del dibattito, e confermata ieri dallo stesso Renzi e dalla ministra Maria Elena Boschi: tornare indietro sulla scelta del Senato non elettivo significherebbe ripartire da zero. La ribadisce il vicesegretario dem Lorenzo Guerini: «Siamo disposti a confrontarci e a discutere di elementi migliorativi del testo con un elemento di chiarezza: non sono possibili cambiamenti che non riportino al punto zero il cammino realizzato».

L’emendamento all’articolo 2
Nel novero degli emendamenti presentati dalla minoranza Pd, cruciale è dunque quello all’articolo 2, firmato da Gotor, Migliavacca, Broglia, Casson, Chiti, Corsini, d’Adda, Dirindin, Fornaro, Gatti, Giacobbe, Guerra, Guerrieri, Lau, Lo Giudice, Manassero, Manconi, Martini, Micheloni, Mucchetti, Mineo, Pegorer, Ricchiuti, Ruta, Sonego, Tocci, Tronti e Turano. Eccoli, i dissidenti democratici, che chiedono che il Senato sia «eletto dai cittadini su base regionale, garantendo la parità di genere, in concomitanza con l’elezione dei Consigli regionali». Gli altri emendamenti della minoranza dem vanno invece nella direzione auspicata da Finocchiaro: restituire al Senato le funzioni di controllo, verifica e inchiesta che sono state cancellate dalla Camera, rivedere le modalità di nomina dei giudici della Consulta e ampliare la platea dei grandi elettori del capo dello Stato. Sull’immunità dei nuovi senatori la minoranza chiede inoltre che sia la Corte costituzionale a decidere.

Torna il Nazareno? Serracchiani: «No, dialogo con tutti»
L’incognita è sempre la stessa e si annida nella geografia delle maggioranze variabili. Un giro di consultazioni partirà subito dopo la pausa estiva, anche con Forza Italia. Tanto che sono in molti a credere che, dopo l’accordo sulla Rai, gli azzurri torneranno al tavolo e il Patto del Nazareno sarà ricucito. Oggi Serracchiani ha ribadito la direzione («Ora è il momento della responsabilità e non dei veti») e ha replicato così a chi gli chiedeva se è risorto il Patto del Nazareno: «Siamo impegnati su un cammino di riforme talmente importante che se le altre forze politiche vorranno discutere saremo sempre disponibili. Se vorranno, parteciperanno. Non è un patto del Nazareno ma un impegno a coinvolgere tutte le forze in Parlamento».

Zanda ai senatori Pd: «Sciogliere i nodi in commissione»
Nell’abituale lettera di saluto prima delle vacanze, il capogruppo Pd a Palazzo Madama Luigi Zanda ha intanto invitato i senatori del suo partito a «mantenere un forte impegno di collegialità e una buona attività istruttoria delle nostre iniziative». Suggerendo «di fare ogni sforzo possibile affinché i temi più spinosi vengano affrontati e risolti in commissione. Abbiamo capito che trattare direttamente in aula i nodi politicamente più delicati produce, fatalmente, disordine politico, confusione tra maggioranza e opposizione e, per di più, nessun risultato nel merito».

L’appello di Napolitano e le polemiche
A surriscaldare il clima la lettera pubblicata due giorni fa dal Corriere della Sera dell’ex presidente della Repubblica e senatore a vita Giorgio Napolitano, che ha rimarcato come l’eventuale modifica dell’articolo 2 del ddl nel senso di riproporre un’elezione diretta dei futuri senatori «farebbe cadere l’impianto di base della riforma, quale era stato delineato e ampiamente concordato» e si è appellato «a quanti continuano a esprimere orientamenti così rischiosi per le sorti di una già troppo tardiva riforma costituzionale di cui l’Italia, la democrazia repubblicana, il nostro Parlamento, hanno profondo bisogno». Parole subito elogiate da Renzi ma recepite con rammarico dalla minoranza Pd.

«Nessun riferimento polemico a Grasso»
Non è l’unico strascico polemico. Nell’indicare come «scelta di sostanza» quella del Senato non elettivo, Napolitano ha affermato che «al di là di aspetti procedurali da definire», l’opzione «ha come suo conseguente e ineludibile corollario l’esclusione di una elezione di futuri senatori a suffragio diretto». Un cenno, quello agli aspetti procedurali, che qualcuno ha pensato rivolto anche al presidente del Senato, Pietro Grasso, che qualche giorno fa aveva lasciato intendere che l’articolo 2 potesse essere modificato anche se già approvato sia dalla Camera che dal Senato. L’ex capo dello Stato è stato dunque costretto a una smentita: nessun «riferimento polemico al presidente del Senato», «si tratta di un abbaglio, se non di una gratuita alterazione dei fatti».

Lega e Fi contro il presidente emerito
Contro l’intervento di Napolitano si sono però scatenate le opposizioni. «Napolitano, non contento dei danni già fatti, continua a dare consigli e a difendere Renzi. Sarà la Storia a condannare i traditori», ha scritto su twitter il leader della Lega, Matteo Salvini. Critico anche Maurizio Gasparri di Forza Italia: «Ma è proprio così necessario che un senatore a vita già presidente della Repubblica entri a gamba tesa in un processo legislativo così complicato, determinando pressioni probabilmente eccessive, ed equivoci? Una riserva della Repubblica non ha il monopolio della Repubblica. Lo dico con rispetto ma con franchezza». E anche Renato Brunetta affonda: «Napolitano preoccupa nel metodo e nel merito».

© Riproduzione riservata