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Riforme in discesa verso il voto finale. Sì quasi unanime a nuove…

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in aula al senato

Riforme in discesa verso il voto finale. Sì quasi unanime a nuove regole per eleggere i giudici della Consulta

Le riforme costituzionali si avviano ad ampie falcate verso il voto finale, che dovrebbe tenersi martedì. Oggi l’Aula del Senato ha approvato tra gli altri nuove regole per l’elezione dei giudici costituzionali e il federalismo che verrà, con l’eliminazione delle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni. «La maggioranza è solida, ha i voti per portare il provvedimento all’approvazione definitiva», ha commentato il capogruppo Pd a Palazzo Madama Luigi Zanda.

Emendamento del Governo all’articolo 39
Il governo, con la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi, ha presentato un emendamento all’articolo 39 del ddl di riforma costituzionale, che stabilisce i termini entro i quali dovranno essere approvate le norme che disciplinano la scelta dei senatori da parte degli elettori: i sei mesi previsti dal ddl per l’approvazione della legge statale di attuazione del dispositivo costituzionale decorrerà dall’entrata in vigore della riforma, mentre le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano avranno altri tre mesi per adeguare le rispettive disposizioni legislative e regolamentari. Subito dopo la presentazione dell’emendamento, il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha aggiornato la seduta per domani alle 10, dando tempo fino alle 8 sempre di domani per la presentazione dei sub-emendamenti.

Consulta: due giudici saranno scelti dal Senato
È stato un emendamento presentato dalla maggioranza a intervenire invece sull’articolo 37 del ddl Boschi sull’elezione dei giudici della Corte costituzionale: varato con 234 sì e 7 astenuti, prevede che cinque giudici restino di nomina del presidente della Repubblica, cinque dalle supreme magistrature ordinarie e amministrative, che tre siano scelti dalla Camera e due dal Senato. Ripristinando la formula approvata in prima lettura a Palazzo Madama. Con il sì all’emendamento è stato automaticamente approvato anche l’articolo. Soddisfatta la presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro (Pd), firmataria dell’emendamento con i capigruppo di maggioranza e la senatrice D’Adda: la decisione di far eleggere al futuro Senato due giudici della Corte serve, ha spiegato, «innanzitutto per ripianare la sproporzione numerica tra componenti della Camera e i componenti del Senato, che avrebbero reso il Senato stesso ininfluente ai fini della votazione. Ma c’è anche un’altra ragione - ha aggiunto Finocchiaro -: la Corte costituzionale ha svolto in questi anni un compito delicatissimo e prezioso proprio nella definizione del rapporto tra Stato e Regioni e in materia di titolo V».

«Sì» al nuovo federalismo
Con 158 sì, 89 no e 6 astenuti l’Aula ha approvato inoltre oggi l’articolo 31 del ddl Boschi, che riscrive l’articolo 117 della Costituzione decretando il “nuovo” federalismo, con l’eliminazione delle materie di competenza concorrente tra Stato e regioni. La maggioranza ha retto prima sul voto segreto accordato proprio all’articolo 31 del disegno di legge, respingendo un emendamento di Roberto Calderoli (Lega Nord) con 153 voti favorevoli, 105 contrari e 2 astenuti, e poi su quello all’emendamento Malan all’articolo 35: ma in questo caso i voti della maggioranza sono scesi a 147. La Lega, fatta eccezione per Calderoli, oggi non ha partecipato ai lavori.

Passa norma su devolution
Anche l’articolo 30 è stato varato dall’assemblea con l’emendamento presentato dal senatore dem Francesco Russo, fatto proprio dal Governo, che modifica l’articolo 116 della Costituzione stabilendo al Titolo V che «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace; limitatamente alle disposizioni generali e comuni per le politiche sociali, n), o), limitatamente alle politiche attive del lavoro e all’istruzione e formazione professionale, q) limitatamente al commercio estero; s) e u), limitatamente al governo del territorio, possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, anche su richiesta delle stesse, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119, purché la Regione sia in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio. La legge è approvata da entrambe le Camere, sulla base di intesa tra lo Stato e la Regione interessata».

Ordine del giorno per ridurre il numero delle regioni
Il Governo ha inoltre accettato un ordine del giorno di Raffaele Ranucci (Pd) che «impegna il governo a prendere in considerazione prima dell’entrata» in vigore del ddl di riforma, «l’opportunità di proporre attraverso una speciale procedura di revisione costituzionale, la riduzione delle Regioni». Nel suo odg Ranucci aveva proposto di ridurle a «un numero massimo di dieci» ma il sottosegretario alle Riforme, Luciano Pizzetti per conto dell’Esecutivo ha accolto il documento a patto che fosse eliminata l’indicazione del numero massimo.

I costi standard in Costituzione
Disco verde dei senatori con 155 sì, 81 no e 5 astenuti anche all’articolo 33 del ddl, che modifica l’articolo 119 della Costituzione sul federalismo fiscale introducendo i costi standard ed estendendo il fiscal compact a comuni, città metropolitane e regioni. È passato poi l’articolo 35 con 166 sì, nella versione già approvata alla Camera, che introduce un tetto agli stipendi dei consiglieri regionali e il rispetto dell’equilibrio della rappresentanza di genere.

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