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Finito il Consiglio dei ministri: arriva il decreto…

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SPECIALE CREDITO DEL SOLE 24 ORE

Finito il Consiglio dei ministri: arriva il decreto salva-banche. Maxi-linee di credito da Intesa, UniCredit e Ubi

Domani, se tutto va come deve andare, sedi e filiali di Banca Marche, Cassa di risparmio di Ferrara, Popolare Etruria e CariChieti, tireranno su le serrande come se fosse un giorno qualunque. Nulla cambierà per clienti e dipendenti, ma - formalmente - le banche non saranno più le stesse che hanno chiuso venerdì: al loro posto, infatti, ci saranno i nuovi istituti nati dal processo di risoluzione che dovrebbe concludersi oggi. Una giornata decisiva, in cui sono attesi, nell’ordine, il via libera dalla Commissione europea, i ritocchi legislativi sul tavolo del consiglio dei ministri - terminato alle 18.30 - le determinazioni successivamente assunte dalla Banca d’Italia, che è autorità di risoluzione e pertanto coordina il piano di salvataggio.

Come anticipato da Il Sole 24 Ore l’altroieri, il progetto ruota intorno alla creazione di quattro banche ponte, destinate a prendere il posto dei quattro istituti in crisi e interamente controllate dal Fondo di risoluzione finanziato dalle banche sane; in parallelo, i crediti deteriorati verranno attribuiti a quattro bad bank: sul tavolo c’è anche l’ipotesi di radunarle in una sola asset management company, una società veicolo in parte partecipata o garantita dallo Stato a cui potrebbero prendere parte anche operatori privati e che potrebbe essere tra i punti all’ordine del giorno del Cdm di stasera.

Intanto tra Via Nazionale, il Mef (cui spetta l’avallo delle risoluzioni) e le quattro banche al centro del piano il lavoro prosegue a ritmi forzati: le procedure sono complesse, nuove (a dettare legge è il decreto legislativo di recepimento della direttiva Brrd, in vigore da martedì) e prevedono comunque il via libera della Commissione europea. Bruxelles, dopo essersi opposta a tutte le diverse soluzioni prospettate negli ultimi giorni, sembra invece pronta a sottoscrivere il “piano C” presentato venerdì, che non senza una certa dose di paradosso vedrà uno schema nella sostanza molto simile a quelli bocciati, gli stessi soggetti conferitori ma un esborso decisamente più elevato.

Sì, perché secondo quanto si apprende - anche se il riserbo è massimo e le cifre ancora in via di definizione - l’ammontare complessivo del piano sarebbe compreso tra i 3,5 e i 4 miliardi. Le risorse saranno anticipate al Fondo di risoluzione da due linee di credito messe a disposizione, come anticipato ieri da Il Sole, da Intesa Sanpaolo, UniCredit e Ubi: la prima, a lungo termine, verrà rimborsata nei prossimi anni quando le banche ponte e i crediti deteriorati - si spera - troveranno il modo di essere valorizzati sul mercato. La linea a breve, invece, dovrebbe essere ripianata entro fine anno; e qui si apre un altro capitolo delicato: avvalendosi di quanto espressamente previsto dal decreto pubblicato lunedì, l’intenzione sarebbe quella di chiedere entro fine anno alle 208 banche del sistema non-bcc non solo i 500 milioni di contributi per il fondo di risoluzione previsti per il 2015, ma anche tre annualità straordinarie, per un totale di circa 2 miliardi. L’ipotesi, se praticata, consentirà al Fondo di risoluzione di ripagare i 2 miliardi di linea di credito a breve termine, ma al tempo stesso questo esborso si tradurrà in una perdita in conto economico per le banche decisamente superiore a quanto inizialmente previsto.

Come noto, dal primo trimestre 2015 le banche italiane hanno avviato gli accantonamenti per i due fondi di tutela previsti dal nuovo ordinamento (Intesa Sanpaolo, ad esempio, ha accantonato 95 milioni al 30 settembre per il solo fondo di risoluzione, UniCredit invece 306 milioni a livello di gruppo per entrambi i fondi al 30 giugno scorso), tuttavia se il piano dovesse andare in porto le cifre andrebbero moltiplicate per quattro, a valere sui bilanci di questo esercizio. Un onere non da poco, che - secondo rumor dei giorni scorsi - potrebbe essere alleviato da un intervento a livello fiscale.

Varato il salvataggio, si aprirà la fase di rimessa in carreggiata delle quattro banche. Un’altra scommessa non irrilevante, considerato che per oltre due anni - per lo meno nei casi di Banca Marche e Cassa Ferrara - i commissari delle quattro banche hanno tentato invano di trovare un compratore o di avviare soluzioni alternative. È così che c’è già chi si spinge a ipotizzare fusioni o “spezzatini”, ma è prematuro: tutto dipenderà dalle decisioni dell’autorità di risoluzione e, soprattutto, dall’epilogo della giornata di oggi. Finché non ci sarà il triplo via libera - Commissione europea, Consiglio dei ministri e Autorità di risoluzione - il piano di salvataggio rimane sulla carta.

.@lucaaldodavi

.@marcoferrando77

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