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Renzi: il sistema bancario è solido

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l’agenda del governo

Renzi: il sistema bancario è solido

E se alla fine fosse proprio l’Italia il Paese più stabile d’Europa, oltre che il baluardo contro i populismi? Matteo Renzi la butta là, tra il sornione e lo sfidante. Eppure, introducendo la tradizionale conferenza stampa di fine anno, invita i giornalisti che lo ascoltano a riandare con la memoria alla fotografia della conferenza stampa di fine 2014.

E alle domande di allora, che il premier mostra di aver “ripassato” per bene: ce la farà il Pd ad eleggere il successore di Giorgio Napolitano senza andare a sbattere, riuscirete mai ad approvare le riforme costituzionali e la legge elettorale, il Pil resta fermo e niente fa pensare ad un’inversione di tendenza... Ebbene, rivendica Renzi con tanto di slides decorate con un gufi stilizzati, il presidente della Repubblica è stato eletto e il 2015 è stato un anno «con il segno più»: il Pil è allo 0,8%, grazie al Jobs act la disoccupazione è scesa dal 13 all’11,5% e 300mila persone hanno trovato un lavoro stabile contribuendo a far aumentare i mutui di oltre il 90 per cento, e infine grazie all’Italicum l’Italia «è un Paese solido e stabile».

Le sfide del 2016

Ora il 2016 vede innanzi al governo l’implementazione delle riforme avviate - a cominciare dai decreti attuativi della riforma della Pa, decreti che Renzi ha promesso di portare in Cdm entro gennaio - e soprattutto la sfida delle sfide: il referendum confermativo della riforma costituzionale che abolisce il Senato elettivo e riscrive il Titolo V previsto per ottobre dopo gli ultimi, ormai scontati, passaggi parlamentari. Una riforma che è un’«autoriforma» del sistema politico, con i senatori che hanno votato la propria abolizione, e che per questo è la migliore risposta ai populismi nostrani. «La politica batte il populismo 4 a 0», dice Renzi. Che torna a legare il suo futuro politico proprio alla riforma costituzionale: «È di tutta evidenza che se perdiamo il referendum sulle riforme considererò conclusa la mia esperienza politica». Diverso il discorso sulle amministrative di giugno, confermate anche per Roma nonostante le voci «fuori dalla realtà» di una proroga del commissariamento, che per Renzi non saranno un test per il governo: «Le elezioni nei Comuni eleggono il primo cittadino, non il primo ministro». Altro obiettivo del 2016 politicamente sensibile(basta leggere le reazioni negative degli alfaniani di cui riportiamo notizia a pagina 20) è l’approvazione del disegno di legge sulle unioni civili, compresa la stepchild adoption che «non sarà stralciata».

Il sistema bancario

Nel lungo botta e risposta con i giornalisti (oltre due ore e mezza) la prima questione affrontata non poteva che essere quella delle banche. «Non c’è rischio sistemico, le banche italiane sono molto più solide di tante banche europee, non cambierei mai il sistema bancario italiano con quello tedesco», assicura il premier affrontando il tema del crack delle quattro banche “salvate” dal governo. E la sfida all’Unione europea a guida tedesca arriva fino a non escludere un ricorso alla Corte di giustizia Ue «se riterremo che ci siano state violazioni delle condizioni di gioco per gli istituti italiani». Insomma, basta con due pesi e due misure nell’Unione, sulle banche come su altri fronti, dall’immigrazione alla flessibilità dei conti («i rapporti con la Merkel sono ottimi, chiediamo solo che le tutte le regole valgano per tutti»). Quanto ai risparmiatori che sono rimasti intrappolati nel crack, il premier ribadisce che il governo sarà al fianco di chi è stato truffato. In ogni caso c’è un più generale problema di «trasparenza» - ammette Renzi - per i risparmiatori che vanno in banca per fare investimenti: «Esiste un grande tema di trasparenza, perché se chi va in banca deve firmare 47 documenti è più difficile che si faccia l’idea che sta facendo un investimento a rischio». Sarebbe molto più chiaro un prospetto semplificato, insomma. «Questa è la trasparenza: un fogliettino chiaro da cui si capisce cosa si fa con quei soldi. È evidente che, se faccio un investimento finanziario a rischio, rischio di più rispetto a operazioni più sicure». Della questione, ha confermato poi il premier, si occuperà anche il Parlamento. Ma la scelta se fare un commissione d’inchiesta o semplicemente d’indagine è lasciata all’autonomia dei gruppi parlamentari.

La sfida sulla flessibilità

Dietro l’alzata di toni nei confronti della Merkel e della Ue degli ultimi giorni c’è senza dubbio anche la partita sulla Legge di stabilità, sulla quale la Commissione ha sospeso il giudizio fino a primavera. Eppure i margini di flessibilità sono stati utilizzati quasi tutti, per un complessivo punto percentuale di Pil. «Io do per scontato il via libera allo 0,5% per le riforme - dice Renzi rispondendo alla domanda del Sole 24 Ore -. Poi c’è uno 0,5% possibile per gli investimenti, di cui abbiamo chiesto solo lo 0,3% perché non siamo sicuri di poter spendere tutto. E infine uno 0,2% per eventi eccezionali, ossia l’immigrazione, previsto in una clausola che risale al 1997. E anche questo margine lo do per scontato». Insomma, qualche prudenza da parte del premier solo riguardo la clausola che fa riferimento agli investimenti. Quanto alla spending review, risultata fin qui più “leggera” di quanto inizialmente previsto, Renzi ammette dei ritardi su due fronti: municipalizzate e patrimonio pubblico. Ma all’orizzonte non ci sono altre privatizzazioni: «Non credo che possiamo privatizzare aziende a dismisura, insomma non scendo ancora sull’Eni. Ma c’è moltissimo patrimonio pubblico che può essere valorizzato».

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