Italia

«Mps è risanata, ora investire è un affare»

  • Abbonati
  • Accedi
il governo e le imprese

«Mps è risanata, ora investire è un affare»

ROMA - «Le recenti turbolenze attorno ad alcune banche italiane indicano che il nostro sistema del credito - solido e forte grazie ai risparmi straordinariamente alti delle famiglie italiane - necessita ancora di un consolidamento in modo che ci siano meno banche ma più forti». Matteo Renzi torna più volte durante la giornata di ieri sui temi dell'intervista concessa al direttore del Sole 24 Ore. In mattinata, durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi per illustrare i decreti attuativi della riforma Madia, Renzi ha così spiegato che la questione dei 201 miliardi di sofferenze presenti nei bilanci italiani troverà presto una soluzione.

Sui Non performing loans ha dichiarato: «Noi studiamo una soluzione, Padoan sta facendo un ottimo lavoro ma il dato è meno grave di quanto percepito dai mercati che comunque fanno il loro gioco». Un concetto ribadito poi in serata in tv, ospite di Bruno Vespa a Porta a porta: l'Italia «non è sotto attacco» e anzi «le turbolenze possono essere un'opportunità». Come nel caso di Mps: «Oggi la banca è risanata, e investire è un affare. Su Mps si è abbattuta la speculazione ma è un bell'affare, ha attraversato vicissitudini pazzesche ma oggi è risanata, è un bel brand. Forse in questo processo che durerà qualche mese deve trovare dei partner perché deve stare insieme ad altri». Partner che sperabilmente saranno italiani, aveva detto Renzi nell'intervista al Sole 24 Ore. Come Ubi banca, di cui si è parlato nelle scorse settimane.

Renzi ha certamente apprezzato l'intervento del presidente della Bce Mario Draghi, che ieri ha rimarcato come le aziende di credito italiane abbiano accantonamenti simili in percentuale a quelli delle altre banche europee e dispongano anche di un livello elevato di garanzie e collaterali. «Benissimo le parole di Draghi, oggi è andata meglio», ha detto Renzi riferendosi all'andamento della Borsa di ieri. Ad ogni modo, secondo il premier, per ridurre le sofferenze bancarie «il modo migliore è far ripartire l'economia», e intanto per agevolare lo smaltimento delle sofferenze bisogna «accelerare la procedura di recupero crediti». Renzi ha poi aggiunto, a proposito delle critiche ai regulators rispetto alla risoluzione delle quattro banche locali in default, che «tutti i segnali arrivati sono di grande serietà da parte delle istituzioni, non condivido le critiche e le respingo. I segnali che sono arrivati sono di forza, solidità e fiducia». Quanto agli scossoni subiti in questi giorni dai mercati «è il mercato, e bisogna rispettarne le regole. Alcune banche italiane sono tra le più solide, altre devono fare uno sforzo in più, ma tutto il sistema del credito sa che il Paese è forte e solido e che in questo clima di instabilità il nostro Paese è un ottimo investimento perché stiamo facendo le riforme e perché altrove hanno tali turbolenze che l'Italia è un porto tranquillo». Sulle riforme, infine, il presidente del Consiglio è tornato a rivendicare quella varata per la trasformazione in Spa delle maggiori banche popolari. «Io non cambierei mai il sistema bancario italiano con quello tedesco», è tornato a dire.

Sullo sfondo, naturalmente, lo scontro di questi giorni con l'Unione europea. «Io non faccio bizze in Europa, voglio però una Ue che funzioni, con regole uguali per tutti, senza doppi standard», rimarca Renzi. La verità, aggiunge, è che «l'Europa è in crisi di indentità, non ne azzecca più una: dobbiamo aiutare l'Europa e il grande sogno dell'Europa». I casus belli che il premier ricorda sono almeno due: «Ma vi pare normale che si sia bloccato il gasdotto Southstream a Sud perché non piaceva alla Germania e si è deciso di farlo a Nord perché questo conviene a Germania e Olanda». Poi la questione degli aiuti alla Turchia per i profughi, che tanto ha fatto arrabbiare, ammette Renzi, i partner europei: «Juncker e Merkel si sono arrabbiati: noi dovremmo dare 200-250 milioni ma in cambio chiediamo che i soldi siano fuori dal Patto di stabilità. Se viene riconosciuto lo 0,2% della clausola dei migranti inserito in Legge di stabilità firmiamo domani». A Renzi non è andato giù, evidentemente, quel riferimento ufficioso di Juncker al fatto che in Italia mancherebbe un interlocutore (e a proposito Renzi sottolinea: «ma che modo è che un capogabinetto chiama tre giornalisti per parlare male di un Paese Ue?»). Da qui la nomina di Carlo Calenda come ambasciatore a Bruxelles: «Quando a Bruxelles hanno fatto un po' di battutine sull'Italia pensando di impaurirmi ho risposto: se volete uno più rissoso di me e bravissimo sui dossier vi mando Calenda».
A far vibrare la nota dell'orgoglio nazionale ci ha pensato ieri anche il ministro ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, impegnato nella lunga e difficile trattativa con Bruxelles sulle società di gestione dei crediti deteriorati (che oggi dovrebbe vedere un ultimo incontro in sede tecnica): «È importante che ci sia rispetto, che va meritato e va basato sulle cose che il Paese fa, ma che deve essere riconosciuto». Padoan ha inoltre escluso che «sia in corso una manovra specultaiva». E ancora: «È molto dura sentire un rappresentante ufficiale di un altro Paese dire del tuo Paese “tanto voi non ce la fate”. La “reputation” è un concetto che sta nella mente, nel cuore della gente. L'Italia è riuscita, in un percorso che in un certo momento sembrava troppo difficile, a conquistare rispetto». «Le istituzioni sono importanti - ha concluso Padoan - ma si devono incarnare in persone che devono avere coraggio. Non è facile entrare in una riunione di un board e stare a sentire le critiche di Paesi che francamente non meritano di fare critiche al nostro».

© Riproduzione riservata