
Difendere l’identità della famiglia: su questo i credenti hanno il diritto e il dovere di intervenire. E comunque va riaffermata l’unità dei vescovi sulla centralità della famiglia. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, parla al “parlamentino” dei vescovi: un discorso molto atteso per l’approssimarsi del Family Day del 30 gennaio organizzato dalle associazione cattoliche tradizionaliste contro il progetto di legge per il riconoscimento dei diritti per le unioni civili.
«Mai venga meno l’identità propria e unica» dell’istituto familiare dice nella prolusione il cardinale, che alcuni giorni fa con una dichiarazione alla fine della messa domenicale a Genova aveva di fatto manifestato un appoggio alla manifestazione, linea questa differente dal segretario generale della Cei, Nunzio Galantino. Oggi, nella prolusione ha usato toni molto prudenti, e non ha mai citato il Family Day, che pure – anche a seguito della sua dichiarazione – sta ricevendo appoggi da molti vescovi italiani, concordi sulla linea di una Chiesa “interventista” sui temi politici. Ma oggi prevale la prudenza: «Ogni nostra parola, come sempre, vuole essere rispettosa dei ruoli» ha detto. E sulle questioni delicate cita Papa Francesco: «Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione» e «I bambini hanno diritto di crescere con un papà e una mamma. La famiglia è un fatto antropologico, non ideologico».
Dopo le sue dichiarazioni è accaduto un fatto, che probabilmente ha influito: l’udienza di Francesco a Bagnasco – che avviene ogni volta, prima di ogni consiglio permanente – che avrebbe dovuto tenersi venerdì è stata cancellata. Nessuna conferma ufficiale, ma è risultato chiaro come si sia trattato di un messaggio chiaro di Bergoglio, che da tempo ribadisce come i vescovi, che pure devono essere presenti sulle questioni che toccano le persone, non devono scendere nell’arena, come accaduto in modo clamoroso con il Family Day del 2007 o il referendum sulla procreazione assistita del 2005.
Sulla manifestazione solo un accenno indiretto: «I credenti hanno il dovere e il diritto di partecipare al bene comune con serenità di cuore e spirito costruttivo, come ha ribadito solennemente il Concilio Vaticano II. Spetta ai laici «di iscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Assumano la propria responsabilità alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del Magistero».
Per il cardinale «mai dobbiamo dimenticare l’identità propria della famiglia e la sua importanza per la stabilità e lo sviluppo economico del Paese, nonché l’imprescindibile ruolo che riveste per l’educazione delle nuove generazioni». Quella della famiglia è una voce da «rilanciare», perché «tesoro inesauribile e patrimonio universale», chiedendo sia «tutelata, promossa e sostenuta da politiche veramente incisive e consistenti». Sono la condizione «per aiutare – come già avviene in altri Paesi – la nascita dei figli». L’indice di natalità è infatti «un segnale decisivo per valutare lo stato di un Paese, e pertanto dovrebbe essere da tutti meglio considerato». Inoltre «sempre più vengono a galla – nel sentire della gente – l’amore e la convinzione per cui la famiglia, come prevede la nostra Costituzione, è il fondamento e il centro del tessuto sociale», un «punto di riferimento», il «luogo dove ricevere e dare calore, dove uscire da sé per incontrare l’altro nella bellezza della complementarietà e della responsabilità di nuove vite da generare, amare e crescere». Per questo «ogni Stato assume doveri e oneri verso la famiglia fondata sul matrimonio, perché riconosce in lei non solo il proprio futuro, ma anche la propria stabilità e prosperità».
Il cardinale auspica che «nella coscienza collettiva mai venga meno l’identità propria e unica di questo istituto che, in quanto soggetto titolare di diritti inviolabili, trova la sua legittimazione nella natura umana e non nel riconoscimento dello Stato». Non è la famiglia per la società e per lo Stato, ma la società e lo Stato sono - spiega - «per la famiglia».
In un passaggio parla di «acceso dibattito» di queste settimane e ricorda che «i Padri costituenti ci hanno consegnato un tesoro preciso, che tutti dobbiamo apprezzare e custodire come il patrimonio più caro e prezioso, coscienti che «non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione». In questo scrigno «vi è una punta di diamante: i figli. Il loro vero bene deve prevalere su ogni altro, poiché sono i più deboli ed esposti: non sono mai un diritto, poiché non sono cose da produrre; hanno diritto ad ogni precedenza e rispetto, sicurezza e stabilità». Hanno bisogno di respirare crescendo «con un papà e una mamma». Poi un accenno ad altre forme di regolamentazione in campo familiare, quando dice che vi deve essere «rispetto per tutti sia stile di vita, e i diritti di ciascuno vengano garantiti su piani diversi secondo giustizia».
Nella prolusione Bagnasco parla diffusamente di temi economici, e in particolare della ripresa, che per la Cei non produce effetti, ancora: «Siamo quotidianamente testimoni che, nelle nostre parrocchie e comunità, le ricadute sul piano concreto non si notano ancora». E cita dell’aumento della povertà: «Oltre quattro milioni di persone nel nostro paese vivono in condizione di povertà assoluta. L’ultimo rilevamento della nostra Caritas, risalente al 2014, dice che circa un milione e duecento mila persone sono state aiutate dai Centri di ascolto delle comunità cristiane. E i sei milioni e trecento mila pasti erogati, sempre nello stesso anno, dalle 353 mense della Caritas – a cui bisogna aggiungerne almeno altrettanti, assicurati da parrocchie, istituti religiosi, associazioni varie – indicano chiaramente l'esistenza di un vero e proprio “disagio alimentare”». Inoltre aggiunge: «Sentiamo la sofferenza, non di rado sul filo dello scoraggiamento e della resa, di adulti che, dopo aver perso l’occupazione, da anni resistono grazie a lavori occasionali o alla provvidenza dei nonni. Veramente chi non ha lavoro sente di perdere anche la propria dignità! A costoro, che sono folla, diciamo sommessamente di non arrendersi, che la Chiesa è vicina; che insieme cerchiamo strade non solo di immediato sostegno, ma anche di nuove opportunità lavorative».
© Riproduzione riservata