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Faranda alla scuola dei magistrati, è polemica

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GIUSTIZIA

Faranda alla scuola dei magistrati, è polemica

Accade che alla Scuola superiore della magistratura si svolga, da oggi a venerdì, un corso di formazione sulla «Giustizia riparativa» e che per domani siano stati invitati, come «testimoni» di un percorso riparativo durato anni, anche due ex militanti delle Brigate rosse, Adriana Faranda e Franco Bonisoli, dissociati dalla lotta armata da circa trent’anni. Accade che sulle mailing list dei magistrati da ieri sia montata la polemica e che la voce degli indignati abbia trovato un autorevole riscontro, in serata, nel comunicato del Comitato di presidenza del Csm (Legnini, Canzio, Ciccolo) in cui si esprime «dissenso» e si «auspica» che il Comitato direttivo della Scuola «rivaluti l’opportunità di tale scelta». Oggi si conoscerà il verdetto finale.

Se fino all’ora di pranzo la notizia aveva provocato pochi commenti tra le toghe, alcuni contrari e altri favorevoli, alle 13,18 una mail di Alessandra Galli, giudice a Milano e figlia di Guido Galli, ucciso il 19 marzo da un commando di Prima Linea, dà una sterzata alla vicenda. «Sono sinceramente sconcertata - scrive -. È inaccettabile il dialogo in una sede istituzionale con chi ha ucciso per sovvertire lo Stato e la Costituzione alla quale noi, come magistrati, abbiamo giurato fedeltà. Perché non sono state invitate anche vittime che hanno un approccio diverso al problema, e tante ce ne sono, io per esempio, e anche altri orfani di magistrati uccisi? Sono più che amareggiata». Da quel momento si moltiplicano le voci in dissenso.

Tra i favorevoli, un magistrato di sorveglianza, Riccardo De Vito, spiega: «Non so immaginare un segmento della giustizia penale, quale quello rieducativo che segue alla condanna, che faccia a meno della conoscenza diretta delle parole e del corpo del condannato. Solo in questo modo, infatti, riesco a immaginare di poter dare sostanza all’articolo 27, terzo comma, della Costituzione (sulla finalità rieducativa della pena, ndr)in modo non automatico, scontato, magari fasullo. Credo, pertanto, che la Scuola possa affrontare questo percorso intellettuale che costringe a confrontarci con il tema della riparazione, del recupero, della risocializzazione e, necessariamente, con le voci dei condannati. Naturalmente, cercherò di non dimenticare neanche per un attimo, seguendo il corso, le parole fondamentali di Alessandra, cercando di capire se la memoria che verrà fatta non giochi brutti scherzi». Ma la marea del dissenso continua a crescere. Interviene anche il presidente della commissione d’inchiesta sul caso Moro, Giuseppe Fioroni, «sorpreso» per l’invito dei due ex terroristi.

Programmato molti mesi fa dal presidente uscente della Scuola Valerio Onida, il corso è stato confermato dall’attuale Comitato direttivo, guidato dal 13 gennaio da un altro presidente emerito della Consulta, Gaetano Silvestri. L’obiettivo di Onida era inserire, nell’ambito dei tre giorni sulla «giustizia riparativa», una “drammatizzazione” delle dinamiche di gruppo, per verificarne la capacità consolatoria e risarcitoria. Il compito è stato affidato al criminologo Adolfo Ceretti (fra l’altro, allievo di Guido Galli all’Università), che è stato uno dei tre «facilitatori» (insieme al gesuita Guido Bertagna e alla giurista Claudia Mazzucato) del lungo percorso di giustizia riparativa seguito da alcuni familiari delle vittime degli «anni di piombo» e alcuni responsabili della lotta armata, raccontato anche in un libro edito dal Saggiatore, pubblicato l’anno scorso e intitolato «Il libro dell’incontro». Il gruppo aveva due «garanti», Gherardo Colombo e Valerio Onida.

Che ha ritenuto utile far inserire quell’esperienza di ricomposizione sociale al di fuori delle aule di giustizia nel corso della Scuola su «giustizia riparativa: testimonianze, riflessioni, confronto», invitando come “testimoni” diretti (non come docenti) Bonisoli (ex membro del comitato esecutivo delle Br nel ’78, uno dei componenti del commando che rapì Moro e uccise i cinque uomini della scorta), l’ex br Faranda, che partecipò alla gestione del sequestro, Agnese Moro, figlia del leader democristiano assassinato, Sabina Rossa, figlia dell’operaio comunista Guido Rossa ucciso dalle Br il 24 gennaio 1979, Manlio Milano, marito di Livia Bottardi, una delle vittime della strage di piazza della Loggia a Brescia, nel ’74.

«Perché, allora, non immaginare una lezione di Giovanni Brusca (il killer della strage di Capaci, ndr) al prossimo corso sulla criminalità organizzata?» ha chiesto provocatoriamente sulla mailing list un Pm. «Il corso in questione non è sugli anni di piombo, ma sulla giustizia riparativa, quindi il paragone è sbagliato» gli ha risposto un collega. «Dov’è lo scandalo?» chiede Onida, che difende la sua scelta ricordando che «servirà a parlare di una delle più significative esperienze di giustizia riparativa in Italia. Chi protesta sembra pensare che la Scuola della magistratura non possa essere aperta a “simboli del male”, ma questa è una concezione feticistica. La Scuola è una sede dove si fa cultura e la sua attività deve servire a promuovere ciò che meglio serve al lavoro dei magistrati di oggi e di domani».