Più spazio alle donne nelle assemblee locali: la Camera ha approvato oggi in via definitiva con 334 sì, 91 no e 21 astenuti la legge sull’equilibrio della rappresentanza di genere nei Consigli regionali. Obiettivo: far salire la quota ancora misera (18%) di donne che siedono tra i banchi dei consiglieri e tentare almeno di allinearla con quel 32% che è la media di donne elette alle elezioni nazionali dell’Ue a 28.
Tetto del 60% ai candidati dello stesso sessoe doppia preferenza
La legge, due soli articoli, prevede che qualora la legge elettorale preveda l’espressione delle preferenze in ciascuna lista i candidati siano presenti in modo tale che quelli dello stesso sesso non eccedano il 60% del totale e sia consentita l’espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso, pena l’annullamento delle preferenze successive alla prima.
Per le liste bloccate obbligo di alternanza uomo-donna
Qualora siano previste liste senza espressione di preferenze, la legge elettorale deve disporre l’alternanza tra candidati di sesso diverso in modo che i candidati di un sesso non eccedano il 60% del totale.
Il quadro legislativo complessivo
Il provvedimento si inserisce nel solco di quelli già approvati negli ultimi anni (la legge 215/2012 su Consigli e Giunte degli enti locali, la legge 65/2014 per le elezioni europee e da ultimo l’Italicum che entrerà in vigore dal 1° luglio prossimo) e dà attuazione all’articolo 122, primo comma, della Costituzione secondo cui il sistema di elezione della Giunta e del Consiglio regionale sono disciplinati con legge della Regione «nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica». Tiene infatti conto, come principio fondamentale, della norma contenuta all’articolo 117 della Costituzione, secondo cui «le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive». Un paletto che ricalca altri due articoli della Carta: il 3 (il principio di uguaglianza) e il 51 («la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini», inserito al primo comma con legge costituzionale 1/2003).
La situazione attuale
A oggi, il quadro regionale è molto variegato. Campania e Lazio pongono il limite di due terzi alla presenza di candidati di ciascun sesso in ogni lista provinciale o di circoscrizione. Le Marche individuano un limite minimo: nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura inferiore a un terzo dei candidati presentati. Abruzzo, Puglia e Umbria hanno adottato il tetto del 60% di candidati dello stesso sesso in ogni lista circoscrizionale. In Lombardia e Toscana vige l’obbligo di alternanza uomo-donna. Veneto ed Emilia Romagna prevedono che in ogni lista provinciale o circoscrizionale i rappresentanti di ciascun genere devono essere presenti in misura uguale se il numero totale è pari; se è dispari ogni genere deve essere rappresentato in numero non superiore di una unità rispetto all’altro. La doppia preferenza di genere è già prevista in Campania (prima a introdurla nel 2009) in Toscana, Emilia Romagna e Umbria.
Solo in sei Regioni le consigliere sono più del 20%
I risultati sono variabili. Si va dall’Emilia Romagna con il 34,7% di donne in Consiglio allo zero assoluto in Basilicata dove siedono 21 consiglieri, tutti uomini. Sono comunque appena sei le Regioni in cui il numero di consigliere supera il 20 per cento.
Fedeli (Pd): «Passo determinante per la qualità della nostra democrazia»
Esulta la vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli (Pd): «Con l’approvazione in via definitiva alla Camera della legge che impone l’equilibrio di genere anche nei consigli regionali è stato compiuto un altro passo fondamentale verso la piena cittadinanza di donne e uomini nel nostro Paese; si tratta di un contributo determinante per la qualità della nostra democrazia».
© Riproduzione riservata