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Nel 2015 crescita +0,8% e deficit al 2,6%

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la ripresa difficile

Nel 2015 crescita +0,8% e deficit al 2,6%

Imagoeconomica
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L’economia italiana è uscita nel 2015 dagli ultimi tre anni di recessione (2012-2014) con una crescita in volume del Pil dello 0,8% (+1,5% l’aumento a prezzi di mercato). A spingere sul prodotto interno, che rimane in volume a livelli ancora inferiori a quelli del 2000, è stata la domanda interna (0,5%) mentre la domanda estera netta ha pesato negativamente per tre decimali. Il dato finale sul Pil diffuso ieri dall’Istat è inferiore di un decimale rispetto alle ultime previsioni del Governo della Nota di aggiornamento al Def di settembre (Nadef) e superiore sempre dello 0,1% rispetto alle stime Def di aprile (0,7%), e vanno raffrontati con la crescita più robusta registrata nei principali paesi di riferimento: Regno Unito (2,2%), Germania (1,7%) e Francia (1,2%).

Con le stime annuali l’Istat ha anche effettuato una revisione delle serie storiche di alcuni aggregati per il periodo 1995-2012, che ha comportato una revisione media di circa lo 0,1% del livello del Pil (per il 2014 il ribasso è di 2 miliardi del Pil a prezzi correnti rispetto ai dati del settembre scorso). Tra i settori, nell’anno dell’Expo il valore aggiunto ha registrato aumenti in volume nell’agricoltura (3,8%), nell’industria in senso stretto (1,3%) e nelle attività dei servizi (0,4%). Mentre le costruzioni hanno registrato un calo dello 0,7%.

Il Pil del 2015 allo 0,8% è «un dato molto vicino alla previsione del governo - ha commentato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan -. Il deficit al 2,6% è esattamente il dato previsto e il debito si è stabilizzato, premessa fondamentale perché inizi a scendere dal 2016». Le stime Istat di finanza pubblica sono ancora provvisorie ma in effetti fotografano un livello del debito/Pil in ritracciamento al 132,6% (contro il 132,8 previsto dalla Nadef nel quadro programmatico), un deficit/Pil al 2,6% in calo di 5,5 miliardi rispetto al 2014 (2,6% anche la Nadef) e un avanzo primario in lieve calo all’1,5 (1,7%). In questo contesto rispetto al 2014 calerebbe di tre decimali anche la pressione fiscale, ora al 43,3%, a fronte di entrate correnti in crescita dello 0,8% al 47,4% grazie a un maggior gettito Iva, che ha più che compensato il minore gettito delle altre imposte indirette, dell’Irpef, dell’Ires e delle imposte sostitutive. Nel 2015 pure le uscite totali sono calate di un decimale di punto (al 50,4%), mentre la stabilizzazione dei tassi ha prodotto un ulteriore calo degli interessi passivi (8% dopo il calo del 4,2% del 2014; siamo passati dai 76,4 miliardi pagati nel 2011 ai 68,4 del 2015). Forte l’aumento delle altre uscite in conto capitale (+17,7%) zavorrate dai maggiori contributi agli investimenti e dalla restituzione degli arretrati per le pensioni dal 2012.

Per il ministro Padoan il quadro Istat conferma che il Governo ha saputo mantenere la fiscal stance: «Al di là degli annunci di nuovi tagli di tasse, che andranno comunque collocati in un quadro di compatibilità, andrebbero valutati gli impatti dei tagli già effettuati». Anche da Bruxelles è arrivato il riconoscimento che i dati Istat sono in linea con le previsioni. Nelle ultime stime pubblicate l’Ue indicava per il 2015 una crescita allo 0,8%, un deficit al 2,6% e un debito al 132,8%. Quella con l’Europa «è una partita complicata, ma Juncker ha detto che l’austerità è stupida. Siamo d’accordo, lo diciamo da tempo: se finalmente la Ue prenderà la strada della crescita, del coraggio, degli investimenti, dell’innovazione e non solo austerità, è un fatto positivo» ha detto il premier Matteo Renzi, al Tg1, ricordando che «quest’anno si è bloccato l’aumento del debito, dal prossimo anno scende: è giusto stare attenti ai conti ma senza crescita l’Europa non ha futuro». Calerà anche il deficit, promette ancora Renzi. Mentre il calo delle tasse continuerà anche se «è ancora premature dire con quale intervento». Infine l’impegno per il Sud: «Più investimenti in innovazione e ricerca e, soprattutto, su legalità e trasparenza».

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