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Libia, uccisi due italiani in un blitz anti-Isis

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la crisi libica

Libia, uccisi due italiani in un blitz anti-Isis

Fausto Piano e Salvatore Failla (Ansa)
Fausto Piano e Salvatore Failla (Ansa)

La drammatica notizia arriva in mattinata. Direttamente dalla Farnesina. In una nota il Ministero degli Esteri annuncia: «Relativamente alla diffusione di alcune immagini di vittime di sparatoria nella regione di Sabrata, in Libia, apparentemente riconducibili a occidentali, la Farnesina informa che da tali immagini ,e tuttora in assenza della disponibilità dei corpi, potrebbe trattarsi di due dei quattro italiani, dipendenti della società di costruzioni “Bonatti”, rapiti nel luglio 2015. E precisamente di Fausto Piano e Salvatore Failla. Al riguardo la Farnesina ha già informato i familiari. Sono in corso verifiche rese difficili dalla non disponibilità dei corpi».

Isis o criminalità organizzata? Usati come scudi umani e uccisi in un raid contro un covo di jihadisti, oppure morti durante il bombardamento di un convoglio? Sono ancora tutte da chiarire le dinamiche della morte di Fausto Piano, 60 anni di Capoterra (Cagliari), e di Salvatore Failla, 47 anni di Siracusa. I due tecnici sarebbero stati uccisi nella città costiera di Sabratha, dove la scorsa settimana miliziani dell'Isis avevano preso il controllo di diversi quartieri decapitando una decina di agenti della polizia locale. Non lontano dunque dal luogo in cui erano stati sequestrati l'anno scorso, nei dintorni dell'importante impianto di gas di Mellitah, gestito dalla major italiana Eni e dalla compagnia petrolifera di Stato della Libia.

Fino a ieri sera circolavano due versioni. La prima, quella a cui le autorità locali libiche danno più credito, parla di un'operazione delle forze libiche contro un covo di jihadisti dell'Isis nei pressi di Surman, 15 km a sud di Sabrata. Secondo un testimone i due italiani sarebbero «stati usati come scudi umani» dai jihadisti. Completamente diversa la seconda versione; i due ostaggi sarebbero stati uccisi mentre stavano per essere trasferiti da un covo all'altro. Da tempo erano stati separati dagli altri due colleghi, e ieri, a Sabrata, si trovavano a bordo di uno dei mezzi di un convoglio dell'Isis attaccato dalle forze di sicurezza libiche. Fino a ieri sera entrambe le piste non avevano ricevuto una conferma ufficiale.

Non è peraltro nemmeno certo che si trattasse di cellule legate all'Isis. «Nella zona di Sabrata risulta che questi quattro nostri connazionali fossero stati sequestrati e tenuti da parte di organizzazioni con una connotazione principalmente criminale più che jihadista», ha dichiarato ieri Giampiero Massolo, direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. «È da dimostrare che i sequestratori dei nostri connazionali in Libia appartengano all'Isis», ha aggiunto il presidente del Copasir, Giacomo Stucchi.
Quanto agli altri due tecnici italiani, secondo il presidente del Consiglio militare di Sabrata, Taher El-Gharably, sarebbero ancora in mano a rapitori nell'area di Sabrata. Riferendosi all'interrrogatorio di una tunisina catturata nell'operazione,El-Gharably ha precisato: «La prigioniera ha confessato che vi sono due italiani in un luogo nella periferia di Sabrata, la ricerca è ancora in corso».

Se tra i miliziani uccisi ci fossero davvero - come scrivono alcuni media locali che parlano di Isis – quattro tunisini, due algerini e tre marocchini, e se tra le presone catturate ci fossero un combattente siriano e una donna tunisina, si confermerebbe quanto da tempo si temeva. Lo Stato islamico sta rafforzando le sue fila in Libia, ricorrendo sempre di più a combattenti stranieri.
Tunisini sarebbero anche quattro dei cinque jihadisti dell'Isis che mercoledì dalla Libia sono penetrati con un commando in Tunisia, scontrandosi con le forze di sicurezza tunisine. Una notizia passata quasi inosservata, ma che rappresenta un grave campanello di allarme sulle mire espansionistiche dello Stato islamico.

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