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Caso Regeni, Gentiloni: continueremo a pretendere la verità

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l’omicidio del ricercatore italiano al cairo

Caso Regeni, Gentiloni: continueremo a pretendere la verità

«Al di là delle valutazioni su queste notizie che non spetta al governo fare, è comunque chiaro che ci confermano nella nostra posizione che abbiamo assunto in modo molto chiaro in queste settimane», e cioè «pretendere la verità» sull'uccisione di Giulio Regeni . Così il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, interpellato sulle ultime rivelazioni della Reuters, che,

citando fonti di polizia e intelligence egiziana, ha parlato di arresto del giovane ricercatore da parte della polizia egiziana il giorno della scomparsa (lo scorso 25 gennaio) e della sua consegna il giorno stesso ai servizi segreti del Cairo. A margine di un convegno, il ministro ha aggiunto che «se si pensa che col trascorrere del tempo rinunceremo a chiedere e a pretendere la verità sull'omicidio di Regeni, si sbaglia».

“Chi pensa che col trascorrere del tempo rinunceremo a chiedere e a pretendere la verità sull'omicidio di Regeni, si sbaglia”

Paolo Gentiloni

Usa premono su Cairo per indagine trasparente
Il pressing internazionale sul governo di al Sisi continua a essere forte. A parte il riferimento al caso Regeni fatto anche dal presidente francese Francois Hollande nella sua recente visita al Cairo

Hollande in Medio Oriente: dobbiamo assistenza al Libano

, sono gli Stati Uniti a continuare a premere in maniera decisa sul governo egiziano perché garantisca che l'indagine sull'uccisione di Giulio Regeni «sia condotta in modo completo e trasparente» e «collabori con i funzionari italiani che sappiamo essere parte di questa indagine». Lo ha riferito una nota del dipartimento di Stato citando il portavoce John Kirby. Quest'ultimo ha detto di non essere in grado di confermare i dettagli della indiscrezioni, veicolate dalla Reuters, secondo cui il ricercatore friulano sarebbe stato fermato dalla polizia egiziana e poi trasferito ai servizi di sicurezza nel giorno in cui scomparve. Ma a suo avviso i dettagli venuti alla luce sin dalla sua morte «hanno sollevato interrogativi sulle circostanze del suo decesso che crediamo possano ricevere una risposta solo attraverso una inchiesta imparziale e completa».

Schulz: autorità egiziane non trasparenti
Il Parlamento europeo si è già espresso sul caso Regeni, «chiedendo alle autorità egiziane di dar prova di trasparenza e di collaborare con le autorità al riguardo». Lo ha ricordato il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, che ha dedicato a Giulio Regeni una lunga parte della sua “lectio magistralis” per la laurea “honoris causa” ricevuta dalla Università degli stranieri di Siena. «Finora -ha proseguito Schulz - hanno fallito la prova. L'Unione europea e il Parlamento europeo continueranno ad essere vigili. Giulio Regeni era un cittadino italiano, ma era anche un cittadino europeo». E ha concluso: «Chiunque si sia macchiato delle torture su Giulio Regeni e della sua uccisione si trovava all'estremo opposto di Regeni: l'oscurantismo, l'ignoranza, l'opposizione ad ogni forma di dialogo ». Di qui l’adesione all’appello di Amnesty International “Verità per Giulio Regeni”.

Manifestazione a Cambridge per chiedere la verità
Mobilitazione per Giulio Regeni oggi anche a Cambridge, l'università britannica che lo aveva inviato in Egitto per approfondire le sue ricerche sui sindacati indipendenti in Egitto. Questo pomeriggio è stata organizzata una manifestazione dall'Università di Cambridge,

il tweet di Amnesty

Amnesty International e Egypt Solidarity Initiative che vedrà la partecipazione di amici e colleghi del giovane studioso friulano, oltre che del deputato laburista Daniel Zeichner.

«Regeni preso dai servizi», ma ministero smentisce
Ieri fonti anonime degli apparati egiziani hanno rilanciato l'ipotesi, sostenuta già in febbraio dal New York Times, che Giulio Regeni sia stato fermato dalla polizia il 25 gennaio, giorno della sua scomparsa. Ma stavolta le indiscrezioni, veicolate dall'agenzia internazionale Reuters, aggiungono il dettaglio che il giovane ricercatore friulano sarebbe stato consegnato ai servizi segreti quella sera stessa e trasferito ad un complesso gestito dall' “Al-Amn al-Watani” (”Sicurezza interna”) il giorno della sua scomparsa.

E la Cnn ha contattato la figlia del capo della banda di rapinatori di stranieri uccisi al Cairo e in possesso dei documenti di Regeni per farsi ripetere la sua accusa mossa alla polizia egiziana di averle ucciso a freddo padre, marito e fratello per far credere che fossero loro i torturatori a morte del giovane ricercatore friulano.

Le sei fonti anonime della polizia e dell'intelligence egiziane sono state poi smentite da una fonte del ministero dell'Interno . Del resto l'estraneità degli apparati egiziani nella morte di Regeni continua ad essere sostenuta da tutte le fonti ufficiali del Cairo fin dall'inizio e in maniera chiara dalla conferenza stampa del ministro dell'Interno Madgy Abdel Ghaffar dell'8 febbraio. E proprio il ministero dell'Interno egiziano ha reso noto di avere denunciato l'agenzia di stampa Reuters con l'accusa di «avere pubblicato notizie false utilizzando fonti anonime« sul caso Regeni, ha scritto il quotidiano al Ahram.

L'assenza di risultati nelle indagini e la scarsa collaborazione fra inquirenti egiziani ed italiani hanno causato un primo incidente diplomatico tra l'Egitto e l'Italia, con il richiamo a Roma per consultazioni dell'ambasciatore italiano Maurizio Massari. Cinque giorni dopo quella conferenza stampa, era stato il New York Times a citare «tre funzionari della sicurezza egiziana coinvolti nelle indagini» per sostenere che Regeni fu «prelevato» da alcuni agenti.

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