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Su vecchi lavori a Pompei spunta l’ombra di infiltrazioni mafiose

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Intreccio di società e nomi sospetti

Su vecchi lavori a Pompei spunta l’ombra di infiltrazioni mafiose

Gli scavi di Pompei. Sotto la lente gli appalti per il rilancio del sito (AGF)
Gli scavi di Pompei. Sotto la lente gli appalti per il rilancio del sito (AGF)

L’ombra di Cosa nostra si allunga nell’indagine della procura di Torre Annunziata sul “Progetto Grande Pompei”. Nel mirino ci sono i lavori svolti in passato, fino a metà 2014, nel sito archeologico. Spuntano nomi pesanti legati alla mafia, le verifiche sono in corso.

Gli inquirenti, in base alle acquisizioni ormai voluminose di documenti e altri atti giudiziari stanno verificando anche se ci sono state infiltrazioni della criminalità organizzata: in quel caso il fascicolo deve passare alla Dda-direzione distrettuale antimafia. Certo è che la Dia (direzione investigativa antimafia) di Napoli, delegata dalla procura di Torre Annunziata, nei giorni scorsi ha sequestrato documentazione negli uffici della sovrintendenza di Napoli. Gli sviluppi dell’inchiesta seguita dal procuratore Alessandro Pennasilico potrebbero essere clamorosi. Dalle carte acquisite in questi anni sugli appalti destinati al rilancio di uno dei siti archeologici più famosi del mondo emergono nomi sospetti in un intreccio complicato di società, consorzi, cessioni di rami d’azienda. Ma i controlli su Pompei in questi anni sono stati molti: la prefettura di Napoli, l’autorità giudiziaria di Torre Annunziata, l’Anticorruzione e l’Arma dei carabinieri con il generale Giovanni Nistri, prima, e Luigi Curatoli, oggi, proprio alla guida del “Grande Progetto Pompei”. L’accesso di queste ore della polizia giudiziaria alla sovrintendenza non è il primo atto del genere. Ce n’è stato più di uno, nel 2013 gli agenti piombarono con un elicottero nei cantieri per ispezionarli.

Oggi il lavoro degli investigatori è soprattutto con le carte e le banche dati. Le sorprese rischiano di essere inquietanti. Il sospetto è che a vincere le gare siano sempre gli stessi. Ma non è il solo. Uno dei protagonisti degli accertamenti in corso è il “Research Consorzio Stabile di Napoli”, società consortile di imprese. Il Research partecipa a una dozzina di gare d’appalto, molte poi eseguite da società consorziate come Samoa Restauri srl e Kairos srl. Le stesse Samoa e Kairos, ma anche la Forte costruzioni srl, si aggiudicano lavori di prim’ordine per Pompei: consolidamento e restauro della “Casa del Marinaio” – da solo vale un milione e mezzo di euro – della “Casa dalle Pareti Rosse, della “Casa della Fontana Piccola”, i due ultimi con opere ormai concluse. Ma quando la lente degli investigatori si è avvicinata di più al consorzio Research è saltato all’occhio un particolare sconvolgente. I carabinieri in due diversi documenti trasmessi alla prefettura di Napoli a giugno e a fine ottobre 2014 accertano che in gioco c’è anche la società Mediterranea Spa, legata al consorzio Research e in particolare ad Annamaria Caccavo, fondatrice di Research nel 2005 insieme a Francesco Vorro. La Caccavo, già amministratore della Caccavo srl, nel 2011 conferisce un ramo della sua azienda alla Samoa Restauri e per questa operazione chiede una perizia alla Mediterranea Spa, società guidata da Giovanni Savalle, poi fallita con un buco di 42 milioni.

Chi è Giovanni Savalle? Un pesce grosso, per gli esperti di antimafia. Imprenditore di Castelvetrano in provincia di Trapani, residente a Mazara del Vallo, Savalle secondo atti di svariate inchieste e polizie giudiziarie – dal Ros alla Guardia di Finanza, dalla Polizia di Stato alla Dia - è legato al suo concittadino Matteo Messina Denaro, l’inafferrabile numero uno di Cosa Nostra. Restano così assodati due fatti: Savalle e la sua Mediterraneo nel 2014 stanno nel consorzio Research (oggi non più) che lavora a Pompei; a riprova dei legami c’è proprio la perizia svolta dall’imprenditore di Castelvetrano per la fondatrice del Research.

La Mediterrano spa, peraltro, era stata oggetto di un’interdittiva antimafia poi annullata dal Consiglio di Stato. Ma di Pompei era, in fondo, una vecchia conoscenza. Quando il commissario straordinario del sito archeologico era il prefetto Renato Profili (deceduto nel 2009), la società finì già sotto inchiesta della procura di Torre Annunziata per presunte irregolarità nella gestione del servizio di ristorazione fornito negli scavi e perse quella commessa. Un’altra società legata all’imprenditore di Castelvetrano, la Atlas cementi srl - la madre di Savalle è amministratore unico, il fratello socio e il padre di Savalle è nel cda - è anch’essa riconducibile a Messina Denaro e finisce confiscata dall’autorità giudiziaria di Agrigento nel 2012. Il generale Nistri ha messo agli atti anche una nota della prefettura di Trapani del 17 aprile 2009 che stigmatizzava i collegamenti tra i familiari del legale rappresentante della Mediterranea spa e «un noto personaggio mafioso». Matteo Messina Denaro, appunto. Detto «U’ siccu».


AGGIORNAMENTO DEL 7 GIUGNO 2016

Le precisazioni del Consorzio Stabile Research di Napoli sulle gare d'appalto a Pompei
In riferimento all'articolo online dal titolo “Su vecchi lavori a Pompei spunta l'ombra di infiltrazioni mafiose” apparso su ilsole24ore.com e “Progetto Grande Pompei, l'ombra di Cosa nostra si allunga sugli appalti di restauro” su ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/ pubblicati in data 13/05/2016, intendo precisare quanto segue:
1) allo stato attuale non siamo a conoscenza di alcuna indagine o accertamento relativo alle attività facenti capo al Consorzio Stabile Research di Napoli, società consortile di imprese;
2) il Research ha partecipato a molte gare d'appalto nel sito archeologico di Pompei, ma dal 2009 (Allestimenti espositivi Palestra Grande) non è aggiudicatario di nessun'altra gara;
3) l'assegnazione di gare d'appalto ad imprese che risultano socie consorziate del Research non determinano alcun vantaggio per il Consorzio il quale ultimo resta perfettamente indifferente a tali commesse. Le imprese consorziate conservano la loro piena ed assoluta autonomia per tutte le iniziative che assumono in proprio e senza il coinvolgimento del Consorzio. Quando il Consorzio partecipa ad una gara pubblica indica la propria impresa socia consorziata quale designata per l'esecuzione della relativa commessa e ciò nel caso della relativa aggiudicazione in proprio favore. Soltanto in tale ultima ipotesi si determina un'evidenza potenzialmente rilevante del rapporto tra Consorzio ed impresa socia consorziata. I fatti citati nel censurato articolo non hanno ad oggetto alcuna commessa che sia stata assunta dal Consorzio Stabile Research s.c.a r.l., bensì da imprese socie che hanno assunto iniziative autonome per ottenerle. Il fatto che siano socie consorziate del Research, come spiegato, non rileva in alcun modo;
4) i cantieri citati nell'articolo in parola, oggetto di presunte ed eventuali indagini, non sono stati aggiudicati al Research;
5) Research non ha alcun collegamento con la società Mediterranea o Mediterraneo, che dir si voglia, e quest'ultima non ha alcun genere di legame con il Consorzio, poiché giammai Mediterranea o Mediterraneo S.p.A. ha fatto parte della compagine dei soci consorziati Reseach.
Avv. Donato De Paola

La risposta dell'autore
L'articolo si è basato su documenti e notizie ufficiali: l'apertura di un'inchiesta della procura di Torre Annunziata, la relazione del generale dei Carabinieri Giovanni Nistri del 20014 - a cui peraltro fecero seguito, all'epoca, resoconti giornalistici mai smentiti - e la nota recente del generale Luigi Curatoli, successore di Nistri. (Marco Ludovico)

Aggiornamento del 25 marzo 2024: Con sentenza del 18 maggio 2023 il Tribunale penale di Torre Annunziata ha emesso in favore di Anna Maria Caccavo sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati contestati.


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