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Agguato al presidente del Parco Nebrodi, salvato dall’auto blindata e…

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conflitto a fuoco a messina

Agguato al presidente del Parco Nebrodi, salvato dall’auto blindata e dalla scorta

Il presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci (ANSA)
Il presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci (ANSA)

In Sicilia si torna a sparare contro un uomo delle Istituzioni. Questa notte, verso le 1.30, un’auto blindata sulla quale viaggia da oltre un anno e la risposta al fuoco della scorta hanno salvato la vita a Giuseppe Antoci, presidente del Parco regionale dei Nebrodi, un ente di diritto pubblico che gestisce la più grande area protetta della Sicilia.

Antoci era sulla strada statale che collega San Fratello a Cesarò (Messina), dove aveva assistito a una manifestazione. Contro l’auto dove viaggiava Antoci almeno due persone avrebbero fatto fuoco e il poliziotto di scorta ha risposto, sparando e probabilmente ferendo uno dei due. Un dirigente del commissariato di Polizia di Sant’Agata Militello, Daniele Manganaro, seguiva con un’altra auto ed è a sua volta intervenuto.

Antoci – che è stato ricoverato brevemente in ospedale per un controllo con il suo agente – è stato oggetto nel recente passato di intimidazioni per le sue denunce sulla mafia dei pascoli. «All'inizio ho avuto l'impressione che si trattasse di una sassaiola contro la macchina blindata, solo qualche secondo dopo ho capito cosa stesse realmente accadendo», ha raccontato Antoci al sito di informazione www.amnotizie.it che ne ha raccolto per primo le dichiarazioni

La dinamica dell'agguato

“Quando la macchina si è fermata il commando ha aperto il fuoco ma la blindatura della carrozzeria ha fermato i proiettili, sembra, di grosso calibro. A terra tracce di sangue”

 

L’auto sarebbe stata bloccata lungo i tornanti di montagna all’altezza di Casello Muto. A rallentarne la corsa alcune grosse pietre sulla carreggiata. Quando la macchina si è fermata il commando ha aperto il fuoco ma la blindatura della carrozzeria ha fermato i proiettili, sembra, di grosso calibro. A terra sarebbero rimaste alcune tracce di sangue che fanno presumere che uno degli attentatori possa essere rimasto ferito.

Le denunce di Antoci e il protocollo di legalità
Antoci, 48enne funzionario di banca, dopo un anno di commissariamento straordinario dell'ente, si è insediato ufficialmente il 18 ottobre 2013 dopo la nomina, non senza polemiche, della giunta regionale guidata da Rosario Crocetta. Appena insediato ha trovato una situazione complessa, nella quale era persino difficile pagare gli stipendi dei dipendenti. Per questo ha presentato

subito un programma quinquennale di rilancio dell'area protetta, capace di autofinanziarsi ed uscire quindi dalla crisi economica e finanziaria.
La sua opera di rinnovamento è entrata in conflitto con poteri occulti e criminali, in un'escalation di intimidazioni e attentati, fino alle due buste con cinque proiettili calibro 9 intercettate a marzo 2015 al centro di smistamento postale di Palermo. Le buste erano indirizzate, oltre che ad Antoci, al dirigente del commissariato di Polizia di Sant'Agata Militello, Daniele Manganaro, che coordina la task force sui Nebrodi per la prevenzione e repressione dei reati nel settore degli allevamenti, del traffico illecito di bestiame e della macellazione clandestina. Una terza busta minatoria era indirizzata alle Guardie zoofile di Pettineo.

All'epoca, dallo stesso Antoci, l'atto venne “letto” come una risposta all'intransigenza contro i fenomeni legati alla criminalità organizzata, gli abigeati e gli sfruttamenti illeciti dei terreni per le truffe nel settore agricolo.
Il 18 marzo 2015 Antoci e il prefetto di Messina Stefano Trotta firmarono un protocollo di legalità finalizzato alla prevenzione ed alla lotta dei tentativi di infiltrazione mafiosa nel territorio dei Nebrodi, a partire dalle procedure di concessione a privati di beni compresi nel territorio del Parco. Per il Prefetto Trotta, il protocollo sottoscritto rappresentava «un importante segnale per i piccoli Comuni, già alle prese con numerose difficoltà, come la necessità di assicurare i servizi sociali alle popolazioni». Per Antoci era «un punto di arrivo che riconosce il lungo lavoro svolto ma anche una fase di avvio che premia il Parco come territorio di sviluppo e non di malaffare». Il presidente Crocetta dichiarò infine che « i terreni devono servire a dar lavoro ai siciliani, per creare occasioni di sviluppo e non per essere gestiti dalla mafia. L'imprenditoria deve essere esercitata dai giovani, e non dalla criminalità organizzata»”.

Interessi miliardari
L'obiettivo, insomma, è sottrarre terreni del parco nelle province di Enna, Catania e Messina, al controllo di aziende in odore di mafia che non potrebbero più accedere ai fondi della programmazione europea, in tutto oltre tre miliardi. La prefettura di Messina ha già escluso dai fondi europei alcune aziende in virtù di sospetti di contiguità tra i titolari delle imprese ed esponenti mafiosi. Nel mirino non solo le nuove concessioni, ma anche quelle già stipulate di durata pluriennale. Secondo una stima circa l'80% delle aziende avrebbe infiltrazioni mafiose.

Proprio dopo le recentissime conferme da parte del Tar di alcune interdittive antimafia emesse dalla Prefettura di Messina e finalizzate ad evitare il condizionamento nella gestione di terreni collegati alla concessione di consistenti finanziamenti europei, si è aperto un nuovo capitolo nella lotta all'illegalità sui finanziamenti europei.

«Questa è l'antimafia dei fatti, dell'impegno concreto – ha commentato il 7 maggio 2016 con un comunicato ufficiale Antoci – e siamo consapevoli di aver creato i presupposti per il ripristino della legalità sul territorio e di essere stati i precursori sull'argomento: l'attenzione, ormai nazionale, sulla delicata questione ci conferma l'importanza del nostro protocollo di legalità. Oggi, i recenti provvedimenti, ci danno la prova della gravità dei tentativi di infiltrazione per accaparrarsi illecitamente i finanziamenti europei che si aggiravano in milioni di euro all'anno e dunque, anche la prova, della necessità impellente di ripristinare le condizioni di sicurezza a tutto ciò collegate. La conferma del nostro operato ci permette oggi di continuare con più forza nel nostro impegno, per ripristinare la legalità e ridare i terreni ai giovani siciliani onesti affinché i contributi europei, ad essi collegati, possano diventare occasione di sviluppo e di crescita e non invece occasione di finanziamento per la criminalità»

Anche la Regione Calabria si sta organizzando, prevedendo nelle procedure di assegnazione dei terreni gli stessi criteri già adottati in Sicilia.
r.galullo@ilsole24ore.com

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