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Pannella, un liberale di strada

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L'Editoriale|il ricordo

Pannella, un liberale di strada

L’ultima volta che ho avuto il piacere di vedere Marco Pannella è stato un po’ più di un anno fa quando ci eravamo incontrati a Napoli, in occasione dei funerali di Lidia Croce Herling, l’ultima figlia del filosofo di Pescasseroli, spesso elettrice radicale. In quell’occasione Marco si era fermato a parlare di quel che restava dell’Italia liberale, con grande fiducia, confutando il pessimismo di tanti amici, anche essi liberali, che lamentavano il fatto che a Napoli, come in molta altra parte del Paese, del liberalismo era rimasto ben poco. «È peggio che ai tempi di Lauro», aveva detto uno di loro.

Pannella si era, come spesso gli accadeva, vigorosamente arrabbiato. Il senso delle sue parole era stato più o meno questo: non diciamo sciocchezze, le nostre idee ci sono e restano. Siamo in pochi e lo siamo sempre stati. Ma quelli che ora si fanno forti perché si ritengono in molti, di idee ne hanno davvero poche.

Insomma: alla fine la saggezza della storia avrebbe di nuovo potuto prendere il sopravvento. Poche ore dopo, pensando a quelle parole, mi vennero da fare due considerazioni. La prima era che Pannella ormai parlava apertamente di idee, anzi di idea del liberalismo. Mentre in anni passati tra i radicali usava distinguere tra libertari (i radicali, appunto) e i liberali (quelli che avevano ancora nel Pli, o tutt’al più tra i repubblicani il loro punto di riferimento ideale e politico). La seconda considerazione riguardava invece il fatto che ormai Marco, che aveva fatto la scissione liberale, fondato il partito radicale, fosse percepito dal mondo liberale, forse non solo napoletano, come un liberale a tutto tondo. Forse uno degli ultimi liberali sui quali poter ancora contare.

E in fondo tutte le grandi battaglie di Marco sono state battaglie prima di tutto liberali: dal divorzio, all’aborto, alla difesa della ricerca scientifica, alla richiesta di consentire a tutti il diritto di scegliere di morire con dignità. E non è una battaglia democratica quella per la dignità dei cittadini che affrontano la condizione carceraria?

Ma Marco Pannella è stato un uomo politico che, fortemente ancorato al pensiero liberale, ha interpretato con la massima libertà e fantasia possibile l’esercizio della lotta politica. A me molti dei suoi metodi (a cominciare dai digiuni) non sono mai piaciuti così come mi sono sempre sembrate discutibili certe scelte sulle candidature radicali da Toni Negri alla signora Staller. Ma non si può negare che quello era anche un modo di denunciare la pochezza dell’informazione pubblica da parte di televisioni e giornali su molte battaglie dei radicali.

Forse Marco lo si potrebbe prima di tutto definire un liberale che andava in piazza, o meglio che amava far politica per strada, non organizzando masse, ma incontrando e parlando con la gente. Un liberale di strada, insomma. Pronto a spingersi nelle imprese che a prima vista potevano sembrare impossibili, come il divorzio e l’aborto. Erano pochi allora quelli che pensavano che quei due referendum si sarebbero vinti. Ma tra quei pochi non c’era Marco, che in quelle occasioni mostrò anche la sua fiducia nel fatto che gli italiani erano un poco meglio di come venivano percepiti.

Vorrei ricordare un altro fatto e un altro successo da annoverare tra le imprese impossibili di Pannella. Nelle università italiane si volgevano le elezioni per i cosiddetti parlamentini. Ebbene Marco andò da Palmiro Togliatti e riuscì ad ottenere il via libera del capo del Pci a che gli studenti comunisti entrassero nell'Ugi (Unione goliardica italiana), della quale facevano parte liberali di sinistra, socialdemocratici, repubblicani e socialisti). Un passaggio importante se è vero che in quei parlamentini si formò un'intera generazione politica: da Pannella a Craxi, da Occhetto a Ungari. E qualcuno (non so quanto sia vero) che in un Congresso dell'Ugi, proprio Marco alleandosi con Occhetto, sbarrò la strada proprio a Craxi.

Più volte Pannella è stato indicato come possibile e probabile senatore a vita. Non è accaduto. A me fa piacere immaginare che sia stato lui a rifiutare. Perché, magari, voleva restare “un liberale di strada”.

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