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Referendum, Renzi: in prima linea per cambiare l’Italia

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riforme costituzionali

Referendum, Renzi: in prima linea per cambiare l’Italia

«È un modo di essere seri, io non sono come chi in passato si aggrappava alla poltrone. Il referendum è importantissimo: riduce di un terzo i parlamentari, mette un tetto agli stipendi dei consiglieri regionali, si dà finalmente stabilità all'Italia. Gli italiani devono essere fieri che noi non siamo la casta ma in prima linea per cambiare l'Italia». Lo ha detto Matteo Renzi al Tg1, spiegando perchè se perderà il referendum di metà ottobre sulle riforme costituzionali lascerà la politica.

Al via la campagna a Bergamo
Renzi domani, al teatro sociale di Bergamo, alza il sipario sulla campagna referendaria, dando il via alla raccolta delle firme dei cittadini per avviare una mobilitazione (ma sono state già depositate in Cassazione le firme necessarie dei parlamentari, ndr) che nelle ambizioni del premier dovrà essere «gigantesca». Una campagna fatta di manifesti e volantini, ma soprattutto «dell'impegno dei cittadini» ai quali chiede di «formare comitati in tutti i luoghi di aggregazione, dalle palestre alle scuole». Comitati di non più di cinquanta persone, per una mobilitazione veramente «di popolo». «Noi la faccia ce la mettiamo. Tutti devono avere consapevolezza che in Italia non è in ballo il destino di un singolo ma di una comunità», è la chiamata alle armi del leader dem.

Il kit della campagna
Contemporaneamente il partito mette in rete il materiale della campagna: un logo rosso con due lettere, Sì. Lo sfondo è giallo e, sopra il logo, la scritta blu completa il messaggio: «Basta un Sì». All'interno compare un messaggio in cui il presidente del consiglio fa leva sull'orgoglio nazionale e di partito: «C'è un'Italia che dice Sì e che si fa rispettare ai tavoli internazionali», spiega Renzi.

Opposizioni compatte per il no
La sfida è tutt'altro che semplice ed il segretario dem ha intenzione di affrontarla di petto mettendo sul piatto il suo futuro non solo come premier ma in politica. Posta in gioco che gli oppositori hanno ben presente: domani pomeriggio a Bergamo Fi si mobilita per il no, «un 'no' - ha detto oggi Silvio Berlusconi - contro il rischio regime».

Minoranza Pd in fibrillazione
E l'appello lanciato da Renzi ad una tregua interna di 5 mesi fino ad ottobre non sembra funzionare nel Pd. Rimangono, al momento, assenti gli esponenti della minoranza dem, critici per quella che considerano una sovraesposizione di Renzi sul tema del referendum a cui fa da contraltare una scarsa attenzione per l'appuntamento delle amministrative. «Il referendum costituzionale è il congresso del Partito Democratico», è la tesi con cui Gianni Cuperlo torna a mettere in guardia da una mutazione genetica del partito dovuta al sostegno di Denis Verdini. «Ero in pensiero che la minoranza non avesse un pensiero critico», ironizza Renzi. E al Tg1 aggiunge: «Questo è un referendum sulla Costituzione, che definisce il futuro dell'Italia, non il Congresso del Pd». Il gelo tra maggioranza e minoranza è stato plateale oggi, alla Camera: il segretario dem lascia la sala Aldo Moro dopo l'omaggio a Pannella e incrocia Gianni Cuperlo. Tra i due solo una formale e velocissima stretta di mano.

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