Oggi gran finale di campagna elettorale nelle 1.342 città in cui domenica oltre 13 milioni di italiani sono chiamati al voto. I riflettori, si sa, sono puntati su Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna. Perché anche se il premier Matteo Renzi e la ministra Maria Elena Boschi hanno ripetuto in più occasioni che le amministrative "non sono un test per il governo", a differenza del referendum sulle riforme costituzionali di ottobre, i risultati avranno più di un significato politico. Per il Pd e il centrosinistra, ma anche per il centrodestra e per il Movimento Cinque Stelle. E in generale saranno un termometro per misurare il livello di partecipazione nel Paese: il rischio astensionismo è altissimo, complice il lungo ponte. Alle regionali del 2015 aveva votato appena il 52,2% degli aventi diritto. Se stavolta andrà diversamente, forse si potrà dire tramontata la stagione dell'antipolitica. Che però potrebbe cedere il passo a quella del populismo.
Roma: lo spettro di un ballottaggio Pd-M5S
L'attesa maggiore riguarda la capitale, per tante ragioni. La prima è che a Roma – provata dalle ferite dell'inchiesta su Mafia Capitale e dalle dimissioni cui è stato costretto l'ex sindaco Ignazio Marino - tutti i sondaggi fino al silenzio elettorale davano in testa la candidata dei Cinque Stelle, Virginia Raggi. Su chi sarà lo sfidante i giochi sono aperti. Renzi l'altroieri ha tirato la volata finale al candidato del centrosinistra Roberto Giachetti. Se al ballottaggio andasse lui, secondo molti osservatori la partita romana fungerebbe da prova generale di quel che potrebbe succedere a livello nazionale alle prossime elezioni politiche: un testa a testa tra il premier e il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, che studia da futuro premier grillino.
Da sinistra, Stefano Fassina (Sinistra italiana) rischia di sottrarre qualche punto prezioso a Giachetti. Ma c'è un altro motivo per cui Roma, con i suoi 13 candidati, è sorvegliata speciale: servirà a capire quanto "pesa" l'alleanza tra la Lega di Matteo Salvini e la destra di Giorgia Meloni, candidata sindaco, rispetto alla destra tradizionale di Silvio Berlusconi, che dopo un lungo tira e molla di cui ha fatto le spese Guido Bertolaso ha scelto di schierarsi con l'imprenditore Alfio Marchini, "civico" moderato che raccoglie consensi trasversali ed è sostenuto anche dagli alfaniani del Nuovo Centrodestra. In gioco è la leadership del centrodestra, che il giovane rampante Salvini non fa mistero di voler sfilare al quasi ottantenne Berlusconi.
Milano: è sfida tradizionale tra due manager
Decisamente più consueto lo scenario milanese, dove è dato per certo il ballottaggio tra il candidato del centrosinistra Giuseppe Sala, ex commissario di Expo, e quello del centrodestra unito (dalla Lega al Nuovo Centrodestra, passando per Forza Italia), Stefano Parisi. Due manager espressione della borghesia cittadina e della "Milano del fare", che negli ultimi sondaggi diffusi prima del silenzio elettorale, scattato il 20 maggio, risultavano praticamente allineati. Staccando di molto il candidato del M5S, l'avvocato Gianluca Corrado.
In corsa per la successione a Giuliano Pisapia ci sono altri sei candidati.
I temi che hanno tenuto banco durante la campagna sono stati la sicurezza, la questione fiscale, la casa. Martedì scorso Renzi ha incontrato Sala, Pisapia e don Gino Rigoldi spiegando che la sfida di Milano "è un calcio di rigore" e che "un rigore tirato bene non si para". Parole che hanno tradito un certo nervosismo. Certo è che il duello sarà all'ultimo voto. Oggi accanto a Parisi sfileranno prima Salvini e poi Berlusconi, senza incontrarsi: le fibrillazioni non mancano neppure nel centrodestra.
Napoli: De Magistris contro tutti
Nel capoluogo campano il favorito è il sindaco uscente Luigi De Magistris, sostenuto da 14 liste, soprattutto civiche, e dalla sinistra radicale. Nemico giurato del premier Renzi, l'ex pm De Magistris ha combattuto l'intera partita presentandosi come il paladino dei diritti e del "popolo" contro "l'ordine costituito". Contro di lui corrono Valeria Valente per il Pd, sostenuta anche da Ncd e Ala, Gianni Lettieri per Forza Italia e Matteo Brambilla (originario della Lombardia) per il M5S. Napoli è forse la città più pericolosa per il Partito democratico, lacerato dalla mal digerita sconfitta alle primarie di Antonio Bassolino e dalle polemiche per l'alleanza con i verdiniani di Ala. Renzi stamattina è proprio accanto a Valente a chiudere la campagna. La speranza? Che almeno arrivi al secondo turno.
Torino: Fassino corre, il M5S incalza
A differenza di Roma, Milano e Napoli, a Torino il Pd corre più sicuro con il sindaco uscente Piero Fassino. Ma se non dovesse farcela al primo turno, anche qui come a Roma si dovrebbe profilare un ballottaggio con la candidata del M5S, Chiara Appendino. La destra sconta il prezzo dell'ennesima divisione: per Forza Italia corre Osvaldo Napoli, per il Nuovo Centrodestra Roberto Rosso, per la Lega e Fratelli d'Italia il notaio Alberto Morano. In tutto i candidati sono ben 17. Le sfide maggiori per il sindaco che verrà sono due: il maxi debito del Comune e la disoccupazione.
Bologna: per Merola incognita ballottaggio
Anche nel capoluogo emiliano, come a Torino, il sindaco uscente del Pd, Virginio Merola, proverà a vincere al primo turno. Dalla sua ha, anche qui, la frammentazione del centrodestra che schiera la leghista Lucia Borgonzoni, sostenuta da Salvini, e Manes Bernardini, ex leghista che raccoglie il consenso di Forza Italia e il malcontento di chi non approva il "corso salviniano" nel Carroccio. Il M5S naviga a vista: candida Massimo Bugani, entrato da poco nello staff del Movimento, ma anche considerato da molti il "re" delle espulsioni. Il caso Pizzarotti, con cui non corre buon sangue, e le liti interne che hanno segnato i Cinque Stelle in Emilia Romagna potrebbero compromettere l'affermazione di Bugani.
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