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Cucchi, l’accusa del procuratore: «Vittima di tortura come…

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processo di appello bis

Cucchi, l’accusa del procuratore: «Vittima di tortura come Regeni, ospedale lager»

«Stefano Cucchi è stato vittima di tortura come Giulio Regeni». Così il Procuratore Eugenio Rubolino nella sua requisitoria al processo d'appello bis sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra romano arrestato il 15 ottobre 2009 perché trovato in possesso di sostanza stupefacente e morto il 22 ottobre dopo una settimana in ospedale. «Cucchi è stato pestato, ucciso quando era in mano dello Stato, ucciso da servitori dello Stato in camice bianco. Occorre restituire dignità a Stefano e all'intero Paese. Bisogna evitare che muoia una terza volta», ha aggiunto Rubolino.

Pg: condannare medici per omicidio colposo
Il procuratore generale nella sua requisitoria ha chiesto di ribaltare la sentenza assolutoria e condannare i cinque medici dell'Ospedale 'Pertini' di Roma che ebbero in cura Stefano Cucchi per omicidio colposo, senza alcuna attenuante generica. In particolare, il rappresentante dell'accusa ha chiesto di condannare Aldo Fierro (il primario del reparto detenuti del 'Pertini' dove Cucchi morì) a 4 anni di reclusione; e i medici Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo a tre anni e mezzo ciascuno. In primo grado avevano avuto 2 anni il primario e un anno e quattro mesi ciascuno gli altri medici.

«Ospedale lager»
«I medici che lo hanno avuto in cura al 'Pertini' sono responsabili di omicidio colposo; per loro, nessuna attenuante generica», ha detto il pg nel corso dell'udienza, davanti alla III Corte d'assise d'appello, presenti anche Ilaria Cucchi (sorella di Stefano) e il suo avvocato Fabio Anselmo. «Quell'ospedale - ha aggiunto il Pg - per Stefano è stato un lager, viene privato anche del pane in quanto celiaco. Si è nutrito con acqua. Arriva bradicardico e per questo dovevano da subito fare qualcosa; invece, non viene neanche monitorato». Il rappresentante dell'accusa ha 'sposato' la tesi della sindrome da inanizione e da malnutrizione, indicata dai giudici di primo grado come concausa della morte di Cucchi. «Dal momento del ricovero di Cucchi comincia la non diagnosi -ha attaccato il Pg- è stato un comportamento gravemente colposo dei medici».

Legale famiglia: la verità finalmente in aula
«La verità finalmente in aula. Basta avere occhi per vedere e orecchie per ascoltare». È il commento dell'avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi, a margine dell'udienza del processo d'appello bis per i medici del reparto detenuti dell'Ospedale Pertini di Roma, dove Stefano Cucchi morì il 22 ottobre 2009, una settimana dopo il suo arresto per droga. «È evidente che se Stefano non fosse stato pestato non si sarebbe ridotto in quelle condizioni per poi morirne. Così come è evidente, a dispetto degli affanni di medici legali periti, che gli specialisti nominati dal giudice hanno riconosciuto il nesso causale tra la morte e il pestaggio. Ora non siano solo noi ad affermarlo, ha detto anche il pg di Roma ma soprattutto lo dicono gli atti», ha spiegato il legale.

L’appello bis
Il nuovo processo d'appello a carico di 5 medici dell'ospedale Pertini in relazione alla morte di Stefano Cucchi deve verificare se vi siano state condotte omissive da parte dei sanitari per impedire il decesso del giovane, che venne ricoverato nella struttura protetta del nosocomio. Lo ha spiegato la quinta sezione penale della Cassazione, nelle 57 pagine di motivazione della sentenza con cui, lo scorso dicembre, rese definitive le assoluzioni degli agenti di Polizia penitenziaria finiti sotto processo, e, invece, annullò con rinvio quelle pronunciate nei confronti dei medici del Pertini

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