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Eurogruppo: «I Paesi Ue limitino i ritiri anticipati»

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LAVORO E CRESCITA

Eurogruppo: «I Paesi Ue limitino i ritiri anticipati»

Dalla riunione di ieri dell’Eurogruppo, che si è concentrata sui temi del lavoro e della crescita, è emersa una forte preoccupazione per gli assetti dei sistemi previdenziali dell’area monetaria la cui sostenibilità è considerata «prioritaria» per gli equilibri delle finanze pubbliche. Servono, si afferma tra l’altro, più politiche per l’occupabilità dei lavoratori più anziani riducendo il ricorso a forme di ritiro anticipato.

Nessun Paese viene citato esplicitamente nel documento uscito al termine della discussione cui hanno partecipato i ministri dell’Economia e delle finanza, ma sembra chiaro il riferimento agli Stati più in ritardo nell’adeguamento dei loro modelli previdenziali. Nel testo si indicano in maniera molto esplicita i principi cui dovrebbero ispirarsi i diversi governi nel gestire le riforme già fatte o quelle in cantiere.

I sistemi previdenziali devono essere innanzitutto protetti da due rischi - si legge nel documento - la transizione demografica e i possibili shock macroeconomici. E in questa prospettiva vengono valutati con favore quei modelli (come quello italiano; ndr) che già prevedono meccanismi automatici di adeguamento dei requisiti di pensionamento basati sulla crescente aspettativa di vita. Servono però politiche di «fiancheggiamento» e «sostegno» di questi modelli pensionistici, per assicurare l’adeguatezza delle prestazioni e la loro sostenibilità finanziaria. Insomma bisogna tenere sotto il massimo controllo la spesa aggregata per pensioni. E qui l’Eurogruppo sollecita appunto misure per allungare effettivamente la vita lavorativa e aumentare l’occupabilità delle persone più anziane riducendo, nel contempo, il ricorso al ritiro anticipato dal lavoro. C’è un passaggio particolare dell’«Eurogroup statement» su questo punto che suona molto chiaro: più lunghi percorsi di vita lavorativa vanno accompagnati non con maggiori spese in trattamenti (anche non pensionistici) ma con più articolate riforme che consentano di rendere i posti di lavoro più adatti a massimizzare la produttività di forze lavoro molto diverse. Insomma, un patto generazionale basato sul lavoro diffuso per assicurare «il più diffuso impiego possibile dell’intera forza lavoro». Una maggiore produttività consentirebbe, in questo caso, di rendere ancor più sostenibili i modelli previdenziali adottati.

La dichiarazione «sui principi comuni per rafforzare la sostenibilità delle pensioni» è partita dal riconoscimento dei «significanti progressi fatti» dai paesi membri. Ma l’Eurogruppo esprime anche le sue «preoccupazioni» e sostiene che «ulteriori azioni politiche servono per rafforzare la capacità dei sistemi pensionistici di reggere alle difficoltà democratiche e contro i rischi di riforme inverse». Un timore condiviso dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan: «Bisogna stare attenti - ha affermato entrando nella riunione - a non fare una riforma al contrario, cioè disfare riforme fatte bene. È uno dei principi chiave sottolineati dalla Commissione».

Altro punto forte del documento lussemburghese è dedicato al consenso sociale e politico che deve essere garantito alle azioni di riforma, vista la portata delle misure che possono essere adottate e il loro impatto macroeconomico e sulla vita di ogni singolo cittadino. In questo senso è fondamentale una «compensione condivisa» con tutte le parti sociali delle sfide cui sono chiamati a confrontarsi i modelli pensionistici nazionali.

Fin qui le indicazioni dell’Eurogruppo che chiude il suo documento con un invito alla Commissione a verificare che gli sviluppi delle riforme pensionistiche in corso (o l’implementazione di quelle già attuate) vada nella giusta direzione. Con l’obiettivo di una prima verifica, dinuovo in sede di Eurogruppo, da effettuare entro la prima metà del 2017.

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