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Commozione e rabbia alle esequie del risparmiatore BpVi

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presenti più di 600 persone

Commozione e rabbia alle esequie del risparmiatore BpVi

«Non prediche ma un ringraziamento a tutti». L'aveva chiesto così Antonio Bedin. Un funerale sommesso, senza troppa enfasi. E così è stato: un fiume silenzioso di persone a Montebello Vicentino, più di 600 tra amici e conoscenti, ma anche tanti uomini e donne che in comune con Bedin avevano il fatto di essere azionisti della Banca Popolare di Vicenza. Perché il gesto dell'ex operaio di 69 anni, suicidatosi giovedì scorso con un colpo di pistola dopo aver lasciato un biglietto in cui denunciava tutto il suo disagio per aver perso i risparmi di una vita, ha toccato non poche persone, ha posto all'attenzione di tutti l'estremo malessere di una comunità di piccoli risparmiatori che non hanno più nulla e che fanno fatica a non abbandonarsi a gesti irrazionali. Il confine tra la razionalità e un gesto disperato, si è capito, è diventato molto labile. La rabbia che porta all'aggressione allo sportello, o alla minaccia fuori dagli uffici della dirigenza, sta diventando pura disperazione, e questo preoccupa l'intera comunità vicentina e veneta.

«Salvare le banche e non le persone è una bestemmia. Le persone vengono prima dei soldi e una banca vada pure in fallimento», aveva detto immediatamente dopo l'accaduto don Enrico Torta, presidente delle Associazioni Soci Banche Popolari Venete, da anni in prima linea al fianco dei piccoli risparmiatori travolti dal fallimento degli istituti. Ed è ancora don Torta a ribadire, dopo la predica, alla fine della funzione funebre, che «si tratta di persone che hanno una fragilità fisica o psicologica che davanti alla truffa sui sacrifici di una vita si trovano un muro d'oscurità in cui perdono la testa. Davanti a questa realtà i prossimi mesi saranno disastrosi, aspettiamo che si uccidano decine di persone? Dobbiamo fare qualcosa, unirci per avere giustizia». La gente presente ha applaudito per sette minuti consecutivi.

«Ora non resta che elaborare le idee e lo sgomento», dicono fuori dalla chiesa i rappresentanti delle associazioni degli azionisti e dei consumatori, alcuni dei quali, non tutti, radunano circa 200 persone e si avviano a piedi in un corteo silenzioso verso la villa, poco lontana, di Gianni Zonin, ex patron della Popolare di Vicenza, con cartelli con su scritto “Omicidio di stato”, o “Le banche uccidono le persone”. «Ora dobbiamo agire, siamo stanchi di essere presi in giro». Agire e ripartire. Prima di tutto da una sentenza, che fa ben sperare. Quella che ha emesso il giudice di Venezia Anna Maria Marra, della sezione del tribunale specializzata in materia di imprese, che considera nulle le cosiddette “baciate”, ovvero le operazioni con le quali la Popolare di Vicenza erogava finanziamenti ai clienti mentre contestualmente quest'ultimi acquistavano azioni dell'istituto di credito. Il provvedimento inibirebbe alla banca la possibilità di pretendere dal cliente-azionista il rientro delle somme prestate. Il giudice ha accolto il ricorso d'urgenza di sospensiva presentato da un cliente al quale erano stati concessi 9 milioni di euro, sulla base dell'articolo 700 del codice di procedura civile, motivando la decisione con argomentazioni che potrebbero aprire una strada per molti azionisti della Popolare di Vicenza ma anche delle popolari venete.

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