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Dossier Così Sala ha risolto a suo favore le due incognite milanesi

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    Dossier | N. 123 articoliElezioni comunali 2016

    Così Sala ha risolto a suo favore le due incognite milanesi

    • –di Sara Monaci

    Il ballottaggio non è stato più un testa a testa serrato fra Giuseppe Sala, del centrosinistra, e Stefano Parisi, del centrodestra. Dopo un’ora dall’inizio degli scrutini il divario fra i due è cresciuto rispetto al primo turno. La vittoria, a mezzanotte, sembrava già in mano all’ex commissario di Expo. Poi, con il 98% dei seggi scrutinati (su 1.248), la distanza fra i due è salita di oltre 3 punti percentuali: Sala al 51,7%; Parisi al 48,3 per cento.

    A Milano nessuno in questi quindici giorni ha davvero dato ascolto ai sondaggi, perché già dopo il primo turno è stato chiaro che qualsiasi previsione di distanza fra i due sarebbe rientrata all’interno dell’errore statistico. Il 5 giugno Sala era in testa solo per lo 0,9%, cioè 4.800 voti. Per tutta la giornata, dietro le quinte, nelle stanze dei partiti, si è parlato di una differenza compresa tra lo 0,5 e l’1%. Il che significa 2.500 voti, fino a un massimo di 5mila, in una città che ha un milione di aventi diritto. Poi però a mezzanotte il risultato è stato abbastanza netto.

    Ad attendere il risultato, nel quartier generale di via Plinio, c’erano vari politici, tra cui il senatore dem Franco Mirabelli, la deputata Pd Barbara Pollastrini, il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini e gli assessori uscenti Cristina Tajani e Pierfrancesco Majorino. Poi sono arrivati il ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina e la deputata Lia Quartapelle.

    Sala è arrivato intorno alle 23. E lui per primo ha subito detto che «la partita è apertissima», alle ore 23 e 30. Poi dopo la mezzanotte la certezza: «Ce l’abbiamo fatta!». Parisi a mezzanotte non ha commentato, ma poco dopo ha chiamato Sala per congratularsi, ammettendo la sconfitta, per poi dire ai giornalisti: «Da qui parte un progetto nuovo. Dobbiamo continuare a lavorare sui contenuti e sul rinnovamento della politica, perché è chiaro che manca la fiducia dei cittadini nella politica».

    Le incognite di ieri erano sostanzialmente due: dove sarebbe andato il voto grillino e quanti astensionisti sarebbero tornati alle urne. Il dato di Milano è un leggero calo di affluenza: -3% rispetto al primo turno, hanno votato cioè il 51,8%, contro il 54,65% del 5 giugno. Percentuale, quest’ultima, già in forte contrazione rispetto al 67% di cinque anni fa, quando vinse Giuliano Pisapia.

    Il confronto fra il 2011 e il 2016 non è solo un fatto tecnico, ma politico: l’astensionismo del 5 giugno 2016 (-13% di elettori rispetto al primo turno del 2011), sulla base degli studi dei flussi elettorali, sarebbe da attribuire al primo turno in gran parte a chi non ha visto in Sala un candidato adatto a rappresentare il centrosinistra, pur avendo votato cinque anni fa Pisapia. Una sorta di voto di protesta di sinistra, per intendersi. Una sinistra che a Milano viene definita “d’opinione”, non militante. I più convinti hanno comunque scelto di votare per la lista “arancione” a sostegno di Sala o per il candidato Basilio Rizzo di Milano in Comune (area riferibile a Sinistra italiana).

    Secondo lo studio di Roberto D’Alimonte, pubblicato il 7 giugno, il 5 giugno la metà degli ex elettori di Pisapia non ha votato per Sala, che invece è riuscito ad avere i consensi di un quinto degli elettori di Letizia Moratti, del centrodestra, e il 40% del centro di Manfredi Palmieri. Qualcuno degli elettori “perduti” del sindaco uscente, che incarnava l’idea della sinistra unita, sarebbe andato anche al M5S (il 10% secondo la ricerca di D’Alimonte). Ben diversa la situazione di Parisi, che invece al primo turno ha riportato alle urne quasi due terzi degli elettori della Moratti, intercettando anche un quarto dei voti del centro e del movimento di Grillo. Non è un caso dunque che Sala abbia tentato durante la campagna per il ballottaggio di riportare al voto la sinistra astenuta, mentre Parisi ha tentato la carta della trasversalità (puntando addirittura agli scontenti di sinistra che amavano Pisapia più di quanto amino Sala).

    Vediamo allora cosa potrebbe essere accaduto durante il ballottaggio. Sala è riuscito a intascare un apparentamento con i radicali di Marco Cappato, che al primo turno hanno preso l’1,8%, e un appoggio dalla sinistra di Basilio Rizzo, che ha preso al primo turno il 3,5 percento. Parisi sembrava invece il più favorito rispetto al movimento di Grillo, pensando di poter sfruttare la verve anti-renziana.

    Considerando però che l’affluenza è calata del 3%, non è escluso che gli elettori del centrosinistra siano tornati al voto, sentendo la “chiamata” alle armi di fronte al rischio di un ritorno del centrodestra, mentre invece il M5S ha seguito l’esempio del candidato milanese Gianluca Corrado, che ha detto di non votare per nessuno dei due. Uno spostamento dell’asse dell’astensionismo, più qualche “aiutino” dalla sinistra, potrebbe aver favorito l’ex commissario. Che si prepara a diventare il nuovo sindaco.

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