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M5S in tensione dopo la sentenza di Napoli sul reintegro degli espulsi

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L’INCOGNITA DI NUOVI RICORSI

M5S in tensione dopo la sentenza di Napoli sul reintegro degli espulsi

E ora, dopo la decisione del tribunale di Napoli che ha sospeso la cacciata di venti militanti, in casa Cinque Stelle l’incognita tornata di maggiore significato politico è la sorte di Federico Pizzarotti. Cosa accadrà al sindaco di Parma, prima breccia nel muro del sistema dei partiti tradizionali e insieme simbolo del dissenso interno, finito in quel limbo dal quale potrebbe (o non) venire la sua espulsione definitiva dalla formazione di Beppe Grillo? Messa nella luce giusta la scelta dei giudici partenopei fornisce però alla reggenza del Movimento un buon argomento per portare a termine un processo di riscrittura del «Non-Statuto» in corso già da mesi. Passaggio fino a qualche giorno fa controverso proprio in virtù della sua presumibile impopolarità per la base diffusa del M5S, anche se cresce la preoccupazione di un’impennata nei ricorsi legali. E chissà che alla fine una soluzione non venga anticipata già per il prossimo autunno, così da togliere vento alle vele della controffensiva partita nel frattempo dal Pd sull’autoritarismo del leader.

Prima di accelerazioni si attende il merito
Ieri l’atteggiamento del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio nel commentare la novità arrivata da Napoli è stato di massima prudenza. Quella del tribunale di Napoli che ha riammesso alcuni attivisti pentastellati espulsi «non è una sentenza, ma un’ordinanza cautelare, quindi non deve preoccuparci. Aspettiamo il merito». Parole interlocutorie, dunque. Ma resta un fatto che il «Non-Statuto», così pensato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio a marcare la differenza con tutto l’universo degli altri partiti, mostra ormai il fianco e ciò al di là di ragioni eminentemente giuridiche. Servono regole più adeguate e mature a una forza che aspira a buon diritto, visto l’ampio consenso popolare di cui gode, alla guida del Paese. Forse non a caso un altro membro del direttorio, Roberto Fico, ha lasciato la porta aperta a possibili cambiamenti nell’architettura di norme del M5S. «Siamo molto sereni. E valuteremo quali modifiche eventualmente fare, tra Statuto e regolamento. Anche perché la legge elettorale cambia, tante norme per associazioni e partiti stanno cambiando. Ed è normale che un Movimento come il nostro, completamente rivoluzionario sia nei suoi principi e finalità, sia nella struttura, crescendo ed evolvendosi, debba adeguare anche i suoi strumenti tecnici e organizzativi».

Partito o non partito?
Nella sostanza, evidenziata nella pronuncia del Tribunale partenopeo è stata la natura di partito del M5S malgrado le differenze caricate di senso, sin dalle origini, nella propaganda dei fondatori. Spiegano i giudici nell’ordinanza di undici pagine che «nonostante il Movimento 5 Stelle nel suo statuto («Non-Statuto») non si definisca “partito politico”, ed anzi escluda di esserlo, di fatto ogni associazione con articolazioni sul territorio che abbia come fine quello di concorrere alla determinazione della politica nazionale si può definire “partito” ai sensi dell’art. 49 della Costituzione». E nella stessa decisione, che stabilisce l’illegittimità del provvedimento di espulsione di venti membri perché non emanato dall’organo preposto (e cioè l’assemblea), si evidenzia «la tutela dell’interesse degli esclusi a non veder pregiudicato il loro diritto a partecipare alla vita politica del Movimento, magari da un posizione antagonista rispetto alla linea del gruppo dirigente».

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