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Mafia Capitale, assolto ex capo Gabinetto Zingaretti

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il processo

Mafia Capitale, assolto ex capo Gabinetto Zingaretti

Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto del governatore del Lazio Nicola zingaretti
Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto del governatore del Lazio Nicola zingaretti

Il Tribunale di Roma ha assolto con formula piena l'ex capo di Gabinetto della Regione Lazio Maurizio Venafro, accusato di turbativa d'asta in uno dei filoni
del processo a Mafia Capitale. I giudici della seconda sezione penale hanno, invece, condannato ad un anno e quattro mesi di reclusione Mario Monge, dirigente della cooperativa Sol.Co. I due sono finiti sotto processo in relazione all’affidamento della gara d'appalto per l’assegnazione del servizio di prenotazione sanitaria “Cup” della Regione Lazio nel 2014. Appalto indetto e poi annullato dalla Regione stessa con i primi arresti di 'Mafia Capitale' del dicembre 2014.

Ex capo gabinetto Zingaretti: da me mai favori
L’inchiesta sul centro unico di prenotazione delle prestazioni sanitarie del Lazio è un rivolo del processo Mafia Capitale. Il filone di inchiesta riguarda l'appalto da circa 60 milioni di euro per il Cup. Venafro (dimessosi subito dopo essere stato raggiunto dall’avviso di garanzia) raccontando in aula a fine giugno la sua verità, aveva respinto le accuse: «Non ho fatto favori a nessuno - aveva esordito l'ex funzionario regionale -. Se l'ex capogruppo di Fi alla Pisana, Luca Gramazio, mi avesse chiesto qualcosa sull'aggiudicazione dell'appalto lo avrei scaraventato fuori dalla finestra». Venafro, che dal suo incarico si è dimesso nel marzo del 2015, ha raccontato che il suo ruolo in Regione gli imponeva incontri
continui ed erano «tantissime le persone che si rivolgevano a me, non certo il solo Gramazio». Subito dopo essere stato indagato, Venafro, il 24 marzo dello
scorso anno, si dimise dal suo ruolo in Regione. Una decisione accompagnata da una lettera in cui spiegava la sua decisione «unilaterale ed irrevocabile» ribadendo la «sua massima fiducia nella magistratura». E oggi proprio il governatore del Lazio ha sottolineato come «Venafro ha affrontato questa vicenda in maniera esemplare, dimettendosi per una questione di opportunità
dopo l’avvio delle indagini nei suoi confronti, convinto della sua innocenza».

Rischio processo per altri 28
La maxinchiesta della Procura di Roma che ha terremotato i palazzi della politica all'ombra del Campidoglio ha chiuso il 1° luglio scorso la sua terza
tranche nella quale sono coinvolte 28 persone che ora rischiano di finire sotto processo. Il filo rosso delle indagini coordinate dai pm di piazzale Clodio riporta sotto la lente vecchie conoscenze della vicenda giudiziaria come Salvatore Buzzi, vero “deus ex machina” delle coop, e Luca Odevaine, ex braccio destro di Veltroni quando era sindaco di Roma e componente del tavolo sulla immigrazione. Ma l’attività degli inquirenti ha acceso un faro anche su nuovi indagati: esponenti politici, amministratori locali e funzionari pubblici.

Tra gli imputati i dem D’Ausilio e Vincenzi
In particolare ad essere stati raggiunti dall’atto di chiusura delle indagini anche l’ex capogruppo del Pd in consiglio comunale a Roma Francesco D'Ausilio e il suo omologo al Consiglio regionale Marco Vincenzi. E così come per la prima clamorosa operazione, nel dicembre del 2014 che portò all’arresto di oltre trenta persone tra cui il presunto capo del clan, Massimo Carminati, e al secondo atto, nel giugno del 2015, che vide finire in carcere altre 44 persone, anche questa terza tranche ha nella corruzione il suo comune denominatore. Secondo la procura favori, mazzette, interessi illeciti: nuovi episodi avvenuti in un lasso di tempo che va dal 2011 al novembre del 2014. Centro nevralgico del malaffare, secondo l'accusa, l'universo Buzzi e le sue cooperative. D'Ausilio e Vincenzi sono accusati di corruzione.

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