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Referendum, 10 parlamentari Pd firmano manifesto per il No

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riforme costituzionali

Referendum, 10 parlamentari Pd firmano manifesto per il No

Che molti esponenti del Pd, anche di primo piano, soprattutto nelle fila delle minoranza, siano contrari al Ddl Boschi e alla riforma del bicameralismo è cosa nota. Di nuovo, oggi, c'è la decisione di una decina di parlamentari dem di ufficializzare il loro no al prossimo Referendum confermativo d'autunno con un documento in cui spiegano la loro opposizione alla riforma costituzionale. L'iniziativa, chiariscono i senatori Paolo Corsini, Nerina Dirindin, Luigi Manconi, Claudio Micheloni, Massimo Mucchetti, Lucrezia Ricchiuti e Walter Tocci e i deputati Luisa Bossa, Angelo Capodicasa e Franco Monaco, non deve essere intesa in un “no” al Governo quanto piuttosto in un contributo per «centrare il confronto referendario sul merito e non su pregiudiziali posizioni di partito o di schieramento». Secondo obiettivo è invece quello di «dare voce a elettori e quadri Pd che non condividono la revisione costituzionale».

I motivi del dissenso in 10 punti
Consapevoli di esprimere una posizione in dissenso da quella ufficiale del Pd, ma convinti che, a norma di statuto, su principi e impianto costituzionale, non si possa richiamare la disciplina di partito, i “dissidenti” riassumono le loro motivazioni in sei punti. Si parte dal deficit di autorevolezza di questo Parlamento viziato dal Porcellum e si passa al metodo di lavoro, tutto incentrato sulla proposta del Governo, su una materia genuinamente parlamentare, «che ha concorso a un varo della riforma a stretta e ondivaga maggioranza». La riforma poi non persegue gli stessi obiettivi dichiarati di semplificazione e di efficienza del sistema istituzionale, e disegna un bicameralismo confuso, proponendo un procedimento legislativo farraginoso. A regime avremo «un Senato nel quale si dà una contraddizione tra la sua composizione e le sue alte competenze (in materia costituzionale e internazionale)», e la riforma «opera una esorbitante ricentralizzazione nel rapporto tra Stato e Regioni». Irrisolto anche «il nodo della elettività dei senatori». Infine, il no alla consultazione è frutto del «sovraccarico politico di cui si è investito il referendum con le sue implicazioni sul profilo del Pd e sul complessivo assetto del sistema politico».

L’ironia di Guerini: «Acuni di loro avevavno votato per il sì»
L’iniziativa dei dieci parlamentari dem non piace al vicesegretario Pd Lorenzo Guerini, che non condivide «la scelta di alcuni miei colleghi del Partito democratico, anche se, come logico, la rispetto». Dopo aver rilevato «che, tra l'altro, alcuni tra loro avevano votato il testo in Aula», esclude ogni ipotesi di provvedimenti del partito nei loro confronti: «Assolutamente no, siamo un partito, non una caserma». Ma il Pd è, «senza se e senza ma, per il sì».

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