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Intervista a Dijsselbloem: «Flessibilità per l’Italia ma …

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L’INTERVISTA Al sole 24 ORE

Intervista a Dijsselbloem: «Flessibilità per l’Italia ma avanti con le riforme»

Presidente dell’Eurogruppo. Il ministro delle Finanze olandese Jeroen Dijsselbloem. (Ansa)
Presidente dell’Eurogruppo. Il ministro delle Finanze olandese Jeroen Dijsselbloem. (Ansa)

Flessibilità di bilancio per gestire l’emergenza del terremoto, ma avanti con le riforme strutturali. Così Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, al governo italiano.

«Quante domande sulla flessibilità!». Sorride ed è rilassato, Jeroen Dijsselbloem, nel caldo di Cernobbio. Il presidente dell’Eurogruppo e ministro delle Finanze olandese in questa intervista fa capire che di flessibilità di bilancio, negli ultimi mesi, ne è stata concessa molta: a Portogallo, Spagna, Francia. E ovviamente anche all’Italia. Non vuole mischiare il terremoto («una tragedia immane per la quale possiamo solo esprimere tutta la nostra solidarietà e dolore») con le questioni politiche, ma non ha dubbi sul fatto che all’interno del Patto ci siano «regole che permettano di utilizzare una certa flessibilità in caso di calamità naturali». Oltre non si spinge, mantenendo però un tono sempre molto conciliante.

Apprezza quanto fatto finora dal governo Renzi definendo «ambizioso» il suo programma di riforme e lo invita a continuare su questa strada («la strada giusta») completando quelle istituzionali e rilanciando sulle misure strutturali in grado di far ripartire gli investimenti e di facilitare la vita delle imprese: «In questo senso anche il referendum costituzionale è un passaggio importante», aggiunge. Il rischio maggiore per l’Unione europea, al momento? «L’avanzata del populismo un po’ dappertutto, compreso il mio Paese, anche se alla fine sono convinto che prevarranno le forze moderate».

La preoccupazione maggiore emersa al Forum Ambrosetti The European House è il rischio di un’implosione dell’Eurozona e in generale del progetto europeo. Preoccupazione che si è rafforzata dopo la decisione della Gran Bretagna di uscire dall’Unione. Lei crede in questo rischio?

No, anche se non vi è dubbio che Brexit avrà un impatto negativo, tutto ancora da quantificare, a livello economico. Ciò detto, non credo che il rischio di disgregazione sia concreto. La stessa Eurozona negli anni passati si è dotata di meccanismi di difesa, come l’Esm (Meccanismo europeo di stabilità, ndr) ha modificato e migliorato le regole del Patto, che, come dice lo stesso presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, resta un’àncora di stabilità. In fondo credo che Brexit possa essere un’opportunità per i Paesi Ue se questi lo utilizzeranno come un incentivo, uno sprone, a rafforzare il progetto europeo.

Come possiamo allora rafforzare questo progetto? Le regole di bilancio così come sono state concepite e riformate vanno ancora bene per un’area che si trova ad affrontare molteplici crisi, dall’economia, con una ripresa ancora fragile, alla pressione dei grandi flussi migratori?

Secondo me il problema non è il Patto. Il rilancio dell’economia passa attraverso il rafforzamento della fiducia dei mercati finanziari e degli investitori. L’Unione europea è pur sempre la prima economia mondiale e deve migliorare la capacità di attrarre investimenti, pubblici e privati, al suo interno e da fuori. Ovviamente ci sarà sempre bisogno dell’aiuto dei bilanci pubblici ma ciò non sarà mai sufficiente. Ci vogliono riforme per aprire ulteriormente il mercato dei servizi, dei prodotti, bisogna liberalizzare maggiormente le professioni. Molto, in questi campi, resta ancora da fare.

E l’Italia? Come giudica le riforme del Governo e le nuove richieste di flessibilità legate al recente terremoto?

Non mi piace legare una tragedia immane come quella del terremoto, per la quale posso solo esprimere solo la mia più profonda commozione e solidarietà, con questioni politiche. Sono le stesse regole del Patto a prevedere un certo grado di flessibilità in caso di calamità naturali: la Commissione europea e il Governo italiano dovranno affrontare a parte questo aspetto. Quanto alle riforme, credo che l’Italia sia sulla strada giusta, il programma avviato dal premier Renzi è ambizioso, ma deve andare avanti con le misure strutturali capaci di rafforzare la capacità di investimento e di fare impresa per accrescere la competitività del Paese. In questo senso anche il referendum costituzionale è un passaggio importante. Le politiche di bilancio devono restare comunque solide poiché il debito sovrano dell’Italia resta ancora elevato.

Le politiche di bilancio dovranno anche restare solide per l’Italia, ma di recente sono state risparmiate sanzioni a Spagna e Portogallo e sulla Francia si continua a chiudere un occhio...

In realtà a livello aggregato le cose sono molto migliorate nell’Eurozona. Complessivamente siamo molto al di sotto del 3% nel rapporto deficit/Pil mentre prima dello scoppio della crisi eravamo nettamente al di sopra. Detto questo, e a proposito della recente raccomandazione su Spagna e Portogallo, fatta propria anche dal consiglio Ecofin, a nessuno piace sanzionare un Paese poiché la sanzione rappresenta sempre l’ultima ratio. Lisbona e Madrid non sono state sanzionate, ma la storia purtroppo non finisce lì perché nelle prossime leggi di Stabilità sarà più difficile riportare i conti pubblici sotto controllo. Sarà difficile, ad esempio, per il nuovo governo spagnolo, quando riusciranno a trovare un accordo per formarne uno.

Si parla spesso, anzi sempre e solo, di squilibri “negativi”, come deficit e debito. Ma ci sono Paesi come la Germania e la sua Olanda che mantengono squilibri positivi non necessariemente salutari per l’Eurozona, come i surplus delle partite correnti. Non mi sembra che la Commissione europea applichi lo stesso zelo su questo fronte.

Non credo che siano problemi paragonabili. Mi sembra che in Germania in questo momento sia la domanda interna a sostenere l’economia mentre per quanto riguarda l’Olanda il nostro surplus è anch’esso destinato a ridimensionarsi poiché storicamente siamo sempre stati un grande esportatore di gas, ma le nostre riserve sono in via d’esaurimento, quindi...Tornando al paragone con squilibri come deficit e debito non trovo che i surplus siano particolarmente problematici. E poi come si fa a chiedere a un Paese di esportare di meno, di essere meno competitivo?

L’Europa affronta da anni molteplici crisi. Ogni anno se ne aggiunge una nuova: in questi mesi facciamo i conti con le conseguenze di Brexit, un anno fa eravamo letteralmente travolti dalla crisi dei migranti. Qual è a suo giudizio il maggior rischio in questo momento per la stabilità dell’Eurozona e dell’Unione europea?

Il rischio maggiore è la crescita continua delle forze populiste ed estremiste un po’ dappertutto in Europa, compreso il mio Paese, l’Olanda. Alla fine però credo che prevarranno i partiti più moderati. Anche noi in passato abbiamo assistito a una simile crescita del Partito del popolo di Geert Wilders (attualmente in testa nei sondaggi nazionali con un consenso superiore al 30%, ndr) che si è poi puntualmente ridimensionata al momento del voto. Spero che si ripeta la stessa dinamica.

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