Se c'è una provincia che al Sud attira azionisti che arrivano dai Paesi a maggior rischio di riciclaggio e minore trasparenza societaria e finanziaria, ebbene quella è Crotone. Un'attrattività nettamente superiore perfino alle altre province calabresi: nell'ordine, Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria e Vibo Valentia.
Il merito della scoperta lo si deve a Crime&Tech, lo spin off dell'Università Cattolica-Transcrime di Milano che oggi a Crotone, alla presenza del magistrato della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni, presenta lo studio “Monitoraggio dell'economia locale per prevenire l'infiltrazione della criminalità organizzata”, promosso dalla locale Camera di commercio.
I settori dove si concentrano maggiormente le partecipazioni di soci stranieri nella provincia di Crotone sono quelli legati direttamente o indirettamente alle costruzioni e all'energia eolica e i Paesi che svettano in questa classifica sono Svizzera, San Marino (dei quali però la ricerca ricorda che da marzo 2015 non sono più inclusi nell'elenco dei Paesi black list). Tra i Paesi a rischio c'è anche la Germania, a causa dei collegamenti delle cosche crotonesi nello Stato governato dal cancelliere Angela Merkel e a causa del coinvolgimento di società tedesche in indagini della Dda di Catanzaro.
Lo stesso studio rivela un altro aspetto degno di interesse: in Calabria al primo posto per soci-persone giuridiche estere c'è la Gran Bretagna – che, ricorda lo studio universitario coordinato da Ernesto Ugo Savona e Michele Riccardi, comprende anche le isole di Guernsey e Jersey, forse i paradisi fiscali più efficienti in Europa e l'isola di Mann che non è certo da meno – seguita da Svizzera e Lussemburgo.
Il fatto di avere numeri “anomali” di amministratori e soci di Paesi a rischio non è l'unico fattore che, secondo lo studio, può favorire l'infiltrazione nell'economia della provincia di Crotone, asfissiata soprattutto dalla presenza delle cosche Grandi Aracri (che ha pervaso da decenni anche l'economia nella provincia di Reggio Emilia) e Arena.
Tra gli altri indicatori di rischio a livello di governance e assetto proprietario, lo studio evidenzia il livello superiore alla media regionale di amministratori e soci di età inferiore ai 25 o maggiore dei 75 anni (soprattutto nel settore dei giochi e delle scommesse) e il peso, superiore anche alla media nazionale, delle imprese femminili (soprattutto nei settori delle costruzioni e dei trasporti). «Anche le donne così come i giovani – si legge nello studio – sono generalmente meno esposte a precedenti penali e per questo, soprattutto quando selezionate nella carica familiare, mogli, compagne, figlie e sorelle, rappresentano prestanome ideali delle mafie. Se le donne in Italia costituiscono solo il 2% del totale dei condannati per associazione mafiosa, rappresentano quasi il 30% degli intestatari delle imprese confiscate in via definitiva e la percentuale è ancora più alta tra le imprese confiscate alla ‘ndrangheta».
Del resto la ‘ndrangheta non è l'unico elemento che rende complesso il contesto ambientale. Ci sono anche un tasso di utilizzo del contante tra i più alti in Italia, superiore alla media calabrese e italiana, un'intensità dell'evasione e della pericolosità fiscale tra le più elevate in Italia e il peso delle sofferenze bancarie superiore al dato calabrese e nazionale e in continuo aggravamento.
Nel presentare lo studio e i suoi indicatori analitici, il presidente della Camera di commercio di Crotone, Alfio Pugliese, scrive che «alla rete criminale abbiamo contrapposto una rete della legalità e della buona amministrazione che ha realizzato uno strumento di intelligence unico attorno al quale è stato possibile organizzare un'azione congiunta da mettere in campo da oggi in poi».
r.galullo@ilsole24ore.com
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