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Referendum, ricorso M5S-Si al Tar sul quesito

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Referendum, ricorso M5S-Si al Tar sul quesito

Non più solo piazze e tv, da ieri la campagna referendaria è approdata sul palcoscenico delle aule di giustizia. Il M5s e Sinistra italiana hanno presentato un ricorso al tar in cui si contesta il quesito che compare sulla scheda elettorale definito «uno spot elettorale» per il sì. Grillini e Si tirano in ballo anche il Quirinale sostenendo che il quesito è stato «predisposto» dagli uffici del Colle su proposta del Governo. Una chiamata in causa che viene seccamente respinta da ambienti del Quirinale, ricordando che «il quesito che comparirà sulla scheda è stato valutato e ammesso dalla Corte di Cassazione» e riproduce il titolo della legge approvato dal Parlamento.

Anche Matteo Renzi risponde a stretto giro: «Nessun genio del male, è il testo della riforma su cui entrambi i fronti hanno già raccolto le firme», attacca il premier che nel frattempo ha incassato il «sì» di Roberto Benigni («la vittoria del No sarebbe peggio della Brexit») ma deve anche fare i conti con il duro editoriale del Financial Times firmato da Tony Barber contro la riforma costituzionale. Un articolo che Grillo ha immediatamente rilanciato contro il governo di «bluffisti» nonostante la precisazione dello stesso quotidiano britannico che ha preso le distanze sottolineando la posizione «personale» di Barber.

Tornando al ricorso al Tar, al di là di chi abbia la responsabilità della scrittura del quesito, viene contestata la mancata indicazione degli articoli costituzionali revisionati e si definisce «improprio» il riferimento ai costi della politica. «Oggi il M5s ha svelato la truffa del Governo sul quesito referendario», tuona il M5s. Anche chi, come Gaetano Quagliariello, leader di Idea schierato per il No, che non è tra i proponenti del ricorso sposa la causa di M5s e Si e attacca la Cassazione, sostenendo che la decisione della Corte sul quesito è avvenuta «in barba alla legge». Ma per il Pd il ricorso al Tar in realtà «rivela che il fronte del No è a corto di argomenti».

L’argomento principale resta in realtà più che la riforma costituzionale, gli effetti di una eventuale vittoria del «No». Stefano Parisi, fondatore di Energie per l’Italia chiamato da Silvio Berlusconi a ricostruire il centrodestra, oltre a criticare la riforma che «non risolve i problemi» torna a ribadire che se il Sì dovesse uscire sconfitto «Renzi dovrebbe dimettersi».

Nel frattempo però crescono dentro Fi i malumori per il mancato sostegno delle reti Mediaset al No e più di qualcuno ieri faceva notare che l’endorsment di Benigni è stato lanciato da una trasmissione di punta del Biscione come le Iene. Il sospetto è che nonostante le dichiarazioni roboanti di Berlusconi contro la riforma costituzionale, sopravviva nell’inner circle del leader azzurro il partito pro-Nazareno bis.

Intanto, i giovani Turchi, la componente del Pd che fa capo al ministro della Giustizia Andrea Orlando e a Matteo Orfini ha ufficialmente presentato l’Italikos, la proposta di riforma elettorale che si richiama al sistema ellenico che riduce l’attuale premio di maggioranza e elimina il ballottaggio prevista dall’Italicum.