Il referendum «è sul futuro del Paese e non il mio». In gioco sono «i prossimi vent'anni dell'Italia». Matteo Renzi, a Radio Anch'io, raddoppia correggendo la ricostruzione dell'incontro con gli industriali ieri a Torino. Già di primo mattino fonti di Palazzo Chigi avevano precisato che nei colloqui di tutta la giornata non si è mai toccato il futuro personale del premier. Nessuna “rivelazione”, nessuna “confessione” ai suoi parlamentari. «Con buona pace di chi oggi lo scrive su qualche quotidiano, Renzi ha solo evidenziato come questa riforma sia l'unica occasione concreta dopo anni per semplificare il Paese e che un'eventuale bocciatura lascerebbe l'Italia ferma per decenni».
D’Alema vuole rientrare ma è il passato
«Non è un derby tra Renzi ed il resto del mondo ma dell'Italia contro la vecchia guardia». D'Alema «per me è il passato, lui vota no perché spera di essere il futuro». Con un livello del conflitto interno tornato di nuovo ai massimi il premier non nasconde la convinzione che alcuni stiano utilizzando il referendum per rientrare in partita. «Le discussioni tra D'Alema e Lotti le lascio a loro» dice ancora riferendosi al botta e risposta tra i due esponenti dem. «Mi colpisce molto il fatto che mi accusino di non lavorare: in queste ultime ore stiamo presentando in giro per l'Italia il grande progetto Industria 4.0, diamo 900 milioni di soldi al fondo di garanzia, ieri ho visitato i luoghi del sociale. Per D'Alema può non essere lavorare, ma per me incontrare queste persone, anche se mi fa sembrare un boy-scout prestato alla politica, è importante. Perché per me c'è bisogno di parlare di questi temi. Questo è un Paese che ha bisogno di rimettere ordine in tante cose».
Contro il sì caccia all'uomo mediatica
Si è creata una caccia all'uomo mediatica «verso chi non la pensa come alcuni esegeti della Carta costituzionale». Gli attacchi sulla rete a Roberto Benigni e le parole di Fedele Confalonieri sul fatto che molti si vergognano di dire che votano si' perché non “fa fino”. Perciò l’appello del presidente del Consiglio è di vivere i prossimi due mesi «con calma». La decisione è «seria, ma sarebbe importante avere un tono e uno stile più misurato, lo dico per primo a me stesso».
Con il titolo V caos istituzionale
La riforma del titolo V ha creato «caos istituzionale». Parlando del nuovo assetto istituzionale il presidente del Consiglio punta il dito contro uno di quelli che ritiene essere stati limiti dello stesso centrosinistra nel passato. Alla domanda di un ascoltatore che evidenziava come la riforma delle province non abbia prodotto effetti, il premier replica che «le province sono in Costituzione e finché non cambia devono restare». Quindi, chi vuole abolirle, «deve votare sì». «È vero che D'Alema è contro ma questa non è una discussione dentro il Pd, c'è gente di
destra, ma anche di Grillo, che voterà sì. Chi vuole meno costi è chiamato ad un domanda secca. Si può discutere se i risparmi sono 50 o 500 milioni, io ho dedicato una trasmissione a dimostrare, calcolatrice in mano, che sono 500 milioni, ma comunque nessuno mette in discussione che c’è una riduzione
dei costi».
Dalla manovra su quoziente familiare solo un segnale
Il quoziente familiare «al momento di fatto non esiste, ci stiamo lavorando e avrà un segnale nella legge di stabilità ma il tema sarà affrontato con la revisione
dell'Irpef come previsto nel 2018». Renzi nel corso del suo intervento aggiunge anche che «il tema dell'aumento dell'Iva è totalmente scongiurato», come già nelle sue passate manovre. Poi un accenno alle misure sul processo penale ancora senza un punto d’arrivo. «Questo provvedimento ha alcune cose positive e infatti tanti giudici sono a sostegno. Decideremo se mettere la fiducia sulla base della discussione parlamentare. Il presidente Davigo ha chiesto di incontrare me e il ministro, volentieri ascolteremo le motivazioni dell'Anm» nell'ambito della ricerca di una soluzione nei prossimi quindici giorni.
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