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Bonus ammortamenti fino a settembre 2018

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le misure del governo

Bonus ammortamenti fino a settembre 2018

Imagoeconomica
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Nella partita sugli ammortamenti super e iper segna un punto il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. I benefici fiscali dei super-ammortamenti al 140% e degli iper-ammortamenti al 250% sono riconosciuti anche se il bene è consegnato entro il 30 settembre 2018: nelle ultime bozze della manovra, che il Parlamento ancora attende di ricevere (l’arrivo è previsto tra oggi e domani) si allunga insomma la scadenza indicata originariamente dall’Economia, che fissava la consegna al 30 giugno 2018. Resta in ogni caso la condizione che entro la fine del prossimo anno l’ordine sia stato accettato e sia stato pagato un acconto pari ad almeno il 20 per cento.

Come chiesto più volte da Confindustria, oltre al nuovo limite temporale di settembre 2018 l’ultima bozza della legge di bilancio individua con precisione i soggetti tenuti alla perizia giurata sui beni superiori ai 500mila euro. Il riferimento generico a un iscritto all’albo, secondo le imprese, avrebbe lasciato più di un’ombra sull’intera operazione: secondo l’ultima versione della norma, invece, la perizia dovrà essere rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti «nei relativi albi professionali» o da enti di certificazione accreditati. Il pacchetto sviluppo comprende anche le misure per l’attrazione in Italia di “cervelli”, lavoratori e altre professionalità (con l’esenzione fino al 90% del reddito Irpef per i ricercatori), oltre alla norma sui «paperoni» che prevede un regime fiscale di vantaggio per chi risiede da almeno 10 anni all’estero e decide di trasferire la residenza in Italia. La norma, che prevede un’imposta sostitutiva di 100mila euro all’anno, è ovviamente riservata a chi ha alte disponibilità economiche, ed è al momento appesa alle ultime valutazioni politiche, ma va detto che ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è tornato a citare le regole sull’attrattività fra le misure per lo sviluppo.

Gli incentivi fiscali agli investimenti delle imprese non sono l’unico capitolo al centro delle limature dei tecnici. La clausola di salvaguardia che avrebbe aumentato le accise su tabacchi e alcol in caso di gettito da voluntary-bis inferiore a 1,6 miliardi non troverà spazio nel testo finale (si veda anche Il Sole 24 Ore di ieri), ma meccanismi per blindare i saldi dal rischio di delusioni sulle entrate continuano a esserci. Uno, in particolare, riguarda l’asta delle frequenze Tlc, da cui il Governo si aspetta di incassare 2,01 miliardi: se il consuntivo si rivelerà più avaro, Via XX Settembre dovrà tagliare con decreto gli stanziamenti al Mise accantonati per una misura pari al mancato gettito. Lo stesso meccanismo dovrebbe accompagnare la voluntary-bis nel testo finale, ed è questa del resto la strada indicata dallo stesso Francesco Boccia, primo firmatario della riforma e presidente della commissione Bilancio della Camera. «Con le nuove regole - ha ribadito ancora ieri - il ministro che sbaglia le previsioni pagherà con il bilancio del proprio ministero e, comunque, al posto di aumenti delle imposte ci devono essere tagli della spesa». Sul tavolo, però, restano «da smaltire le clausole ereditate dal passato che sono state traslate da un anno all’altro». Un problema, quest’ultimo, tutt’altro che irrilevante, visto che la manovra blocca gli aumenti Iva per 15,1 miliardi messi in calendario dal prossimo 1° gennaio, ma si limita a spostarli in avanti di un anno senza cancellarli. La questione, insomma, si ripresenterà puntuale con la legge di bilancio per il 2018, anno per il quale l’Italia ha già promesso all’Europa un aggiustamento strutturale di altri 8,5 miliardi (lo 0,5% del Pil). Per rispettare il programma, insomma, i lavori sul bilancio del 2018 dovranno partire con un’ipoteca da 23,6 miliardi, una somma vicina al valore complessivo della manovra 2017: il tutto nell’anno delle elezioni, con in programma anche il taglio dell’Irpef.

Tornando ai contenuti del testo in evoluzione, è da segnalare la proroga di sei mesi per la tassazione agevolata (200 euro in sostituzione di registro e ipo-catastali) sulle compravendite di immobili da aste giudiziarie. Si allungano poi da due a cinque anni i termini entro i quali l’acquirente deve trasferire la residenza nell’immobile per non perdere il beneficio.

Nell capitolo Rai, oltre a confermare la riduzione da 100 a 90 euro del canone, la bozza di manovra aggiunge l’esclusione della Tv di Stato dalle varie misure di spending review previste dalla legge per i soggetti inclusi nell’elenco Istat delle pubbliche amministrazioni. Lo scopo è quello di «assicurare la piena ed efficace realizzazione degli obiettivi» di Viale Mazzini, e una ragione analoga motiva una parziale esclusione dai vincoli di finanza pubblica per Anas, che nel 2017-2019 potrà evitare i limiti assunzionali e i tetti di spesa per gli incarichi per le attività tecniche di progettazione, monitoraggio e controlli.

La mossa su Anas serve a sciogliere la macchina degli investimenti pubblici, che sul piano degli enti locali trova in manovra una doppia spinta misurabile intorno agli 1,3 miliardi di euro: all’inclusione piena del «fondo pluriennale vincolato» nei calcoli del pareggio di bilancio, che quest’anno ha aiutato i Comuni per 660 milioni, si aggiunge infatti uno sblocco degli avanzi da 700 milioni, 300 dei quali vincolati all’edilizia scolastica. Non c’è, almeno per il momento, lo stop agli obblighi di gestione associata, su cui però ancora ieri il governo si è impegnato nel corso di un incontro fra il ministro degli Affari regionali Enrico Costa e il presidente Anci Antonio Decaro.

Nelle pieghe dei commi spunta anche un aumento di tasse: dal 1° gennaio 2017 i servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare saranno soggetti all’imposta Iva nella misura del 5 per cento.

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