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Produttività, le tre mosse del governo: premi detassati,…

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LEGGE DI BILANCIO

Produttività, le tre mosse del governo: premi detassati, industria 4.0 e pacchetto-scuola

L’ampliamento della detassazione dei premi di risultato per rilanciare crescita e salari; il piano Industria 4.0 con l’obiettivo di aumentare gli investimenti di qualità e in innovazione; e il pacchetto scuola-università per migliorare la formazione del capitale umano e accorciare, così, anche, la transizione con il mondo del lavoro (in Italia ancora troppo elevata, in media 13,9 mesi contro gli 8,5 in Europa).

Poggia su tre gambe la strategia del governo, contenuta nella legge di Bilancio, appena sbarcata alla Camera, per provare a invertire rotta sul capitolo produttività, dopo la doccia fredda arrivata ieri dai dati Istat, che, sui fattori relativi al lavoro e al capitale, conferma un’Italia ancora in grande ritardo rispetto ai principali Paesi nostri competitor.

PAESI A CONFRONTO
Produttività del lavoro nei principali Paesi europei. Tassi di variazione medi annui in percentuale. (Fonte: Istat)

Certo, sono prime risposte e gli effetti si vedranno, probabilmente, con il tempo. Sui premi di produttività, da gennaio, aumentano le soglie: le somme tassate con la cedolare secca al 10% salgono dagli attuali 2mila a 3mila euro, che possono arrivare a 4mila euro (fino a dicembre l’asticella è 2.500 euro) in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori. Ad allargarsi è anche la platea dei beneficiari, elevando il limite di reddito dagli attuali 50mila a 80mila euro annui, ricomprendendovi in questo modo pure quadri e una fetta della dirigenza non apicale (ne beneficeranno almeno il 15% dei dirigenti di commercio e servizi).

«L’intervento su una parte variabile del salario, a parità di occupati, stimolerà un recupero di produttività», sottolinea Marco Leonardi, consigliere economico di palazzo Chigi. La soluzione va nella giusta direzione, ma «allo stato attuale è troppo modesta - aggiunge Maurizio Sacconi (Ap). Bisognerebbe tornare almeno ai 6mila euro del 2011».

L’obiettivo del governo è comunque rilanciare la contrattazione decentrata, in attesa che le parti sociali presentino la loro proposta per fissare i i nuovi “campi d’azione” del contratto nazionale e dei contratti di secondo livello (aziendali e territoriali) per spingere dritti su crescita e competitività.

Per ora l’esecutivo accompagna il dialogo tra imprese e sindacati, mettendo mano alla leva fiscale, detassando i premi di risultato, legati, appunto, a incrementi reali di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione. Nella legge di Bilancio si apre anche alla possibilità di convertire il premio agevolato nei benefit ricompresi nel welfare aziendale (che rimangono completamente detassati, e quindi non più soggetti neanche all’imposta sostitutiva del 10%). Qui però si introduce una novità: se il premio viene sostituito con spese sanitarie o con misure di previdenza complementare, queste somme non concorrono a formare l’imponibile su cui poi si beneficia delle deduzioni (il limite di deducibilità, oggi in vigore, è poco più di 5mila euro per i versamenti alla pensione integrativa, circa 3.600 euro per le spese sanitarie). C’è poi anche un’apertura ai piani azionari.

“Si tratta di interventi mirati ma fondamentali per dare una fiammata agli investimenti”

Marco Leonardi, consigliere economico di palazzo Chigi 

Sul fronte della produttività del capitale (l’altro punto di debolezza), la risposta del governo è il piano Industria 4.0, declinato nei suoi capitoli principali: superammortamenti e iperammortamenti, rafforzamento del credito d’imposta per gli investimenti in ricerca, proroga della Nuova Sabatini, nuove misure “finanza per la crescita” per incentivare risparmio privato, venture capital, startup. «Si tratta di interventi mirati - evidenzia Leonardi - ma fondamentali per dare una fiammata agli investimenti».

C’è poi il nodo della formazione del capitale umano, affiancato da un sistema di politiche attive, finora, tutt’altro che performante, visti gli scarsi risultati ottenuti in termini di placement (non solo tra i giovani, ma soprattutto nella fascia d’età over50, colpita duramente dalla crisi). Se per accorciare i tempi di ingresso a lavoro e ridurre il mismatch ancora oggi elevato tra competenze possedute e abilità richieste dalle imprese, il governo sta scommettendo sull’alternanza (in manovra è previsto un robusto sgravio, fino a 3.250 euro l’anno per tre anni, per le aziende che assumono studenti, dopo aver svolto un periodo di formazione “on the job”); sui servizi per il lavoro si è in attesa del decollo della nuova Agenzia nazionale (Anpal) che dovrà spingere forte su riqualificazione e reinserimento dei disoccupati. Qui bisogna accelerare: anche per non rischiare di arrivare impreparati a fine anno quando scadranno alcuni ammortizzatori sociali; e le crisi aziendali, purtroppo, non accenneranno a diminuire.

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