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Statali: nel nuovo contratto aumento medio di 85 euro, spazio a…

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la trattativa

Statali: nel nuovo contratto aumento medio di 85 euro, spazio a produttività e welfare

Il ministro della Pa Marianna Madia durante un incontro con i sindacati in un'immagine d'archivio. ANSA/ANGELO CARCONI
Il ministro della Pa Marianna Madia durante un incontro con i sindacati in un'immagine d'archivio. ANSA/ANGELO CARCONI

Welfare integrativo e spinta fiscale ai premi di produttività, sulla falsariga di quanto accade nel privato, 85 euro medi a regime concentrando però gli aumenti sulle fasce di retribuzione «che maggiormente hanno sofferto la crisi economica e il blocco della contrattazione», lotta alle forme di «assenteismo anomalo» e rilancio dell’accordo quadro su malattie, congedi e permessi.

È articolata in queste quattro mosse la base di trattativa per l’intesa sul rinnovo dei contratti degli statali, su cui i lavori proseguono dopo il colpo arrivato dalla Corte costituzionale sulla riforma Madia anche per quel che riguarda il nuovo testo unico del pubblico impiego, chiamato a creare le condizioni per la «parte normativa» dei nuovi contratti. A botta calda la ministra per la Pa Marianna Madia ha spiegato che la sentenza costituzionale «complica» la partita dei contratti, perché fra l’altro richiede l’intesa con le regioni anche per il decreto sul pubblico impiego da presentare entro febbraio. Complicare, però, non vuol dire fermare, e l’obiettivo dell’intesa è stato rilanciato ieri dal premier Matteo Renzi nella nuova conferenza stampa di presentazione della manovra dopo il via libera del Senato. «Noi siamo pronti - ha detto il premier, in vista del nuovo incontro fra governo e sindacati in agenda per domattina alle 11 -, e cercheremo di chiudere se ci saranno le condizioni». Per arrivare al traguardo serve ovviamente un compromesso, e sul piano del metodo il modello indicato da Palazzo Chigi è quello dell’accordo appena raggiunto fra imprese e sindacati sul nuovo contratto dei metalmeccanici.

Com’è inevitabile nei giorni che precedono le urne, e che si annunciano in un crescendo di tensioni politiche, tutte le pedine sulla scacchiera guardano ai risvolti referendari oltre che ai nodi tecnici dei diversi temi in gioco. Per Renzi l’accordo politico sui contratti, con lo schema già utilizzato prima della manovra per programmare l’anticipo pensionistico e le altre modifiche previdenziali, potrebbe offrire una spinta in più per il «sì» in un settore, quello dei dipendenti pubblici, che ha avuto più di una frizione con il governo. Resta da capire quanto il clima pre-voto influirà sulle posizioni sindacali, a partire dalle sigle più fredde sul referendum come la Cgil che però sabato ha firmato l’importante intesa sui metalmeccanici. «Quello che chiediamo è di costruire le condizioni per il rinnovo - spiega Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil - e penso che la sentenza della Consulta, intervenendo su un principio costituzionale da rispettare, non interferisca assolutamente sui contratti». «È importante non vanificare il clima di dialogo positivo nel paese tra Governo e parti sociali, chiudendo l’accordo quadro nell’incontro programmato domani», rilancia la leader della Cisl Annamaria Furlan, e anche secondo Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil, «non c’è più tempo. Se gli ostacoli persistessero - ha aggiunto - la presidenza del Consiglio dovrebbe assumersi direttamente la responsabilità di risolvere la vertenza, convocando le parti a Palazzo Chigi e chiudendo il confronto in questa settimana».

Gli ostacoli, nel merito, sono soprattutto due. Gli 85 euro di aumento sono «medi», come proposti dal governo in uno schema a «piramide rovesciata» per aiutare di più i redditi bassi, e non «minimi», e da finanziare comunque con fondi aggiuntivi che l’esecutivo si impegna a trovare per il 2018; si discute, poi, dell’inclusione della scuola nella revisione delle regole, in particolare sui premi di produttività. Su questa richiesta sindacale la difficoltà, ribadita anche oggi nel corso degli incontri fra il governo e le sigle non confederali che superano l’asticella della «rappresentatività», è politico e tecnico: le norme sul personale dell’istruzione sono state scritte nella legge sulla «Buona scuola», che non è derogabile dai contratti ed è esclusa anche dal raggio d’azione della delega Madia, che con il decreto attuativo dovrà rivedere le griglie rigide su produttività e contratti scritte nel 2009. Senza cambiare quelle regole, del resto, sarebbe di fatto impossibile raggiungere gli obiettivi indicati dallo stesso governo sulla possibilità di trasferire nel pubblico impiego meccanismi simili agli strumenti fiscali rilanciati nel privato per favorire premi di produttività e welfare integrativo».

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